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Quando Bologna era Basket City

E se fossimo capaci di tornare indietro nel tempo? Sarebbe fantastico ricordare i sapori, i colori e gli odori di quelli che furono gli anni novanta, una decade ricca di eventi e di cambiamenti. Erano i tempi di Lady Diana, di Monica Lewinsky e delle Spice Girls, di X Files, Titanic e Mai Dire Gol. Erano i tempi di Basket City. Un’epoca indimenticabile, la calma prima della tempesta piombata sul mondo intero l’undici settembre del 2001 e che ha cambiato per sempre il modo in cui osserviamo tutto ciò che ci circonda. Un’era che, analizzata con il senno di poi, sembra caratterizzata da una relativa spensieratezza dettata, forse, anche dall’assenza dei social, attraverso i quali ogni notizia non viene soltanto divulgata, ma anche discussa ad nauseam, fino a farci avvertire un senso di sfinimento. Ma noi avevamo lo sport, negli anni 90, ed eravamo nel bel mezzo dell’epoca d’oro di Michael Schumacher e la sua Ferrari, di Alberto Tomba e il suo paio di sci, di Baggio e Ronaldo, e cercavamo di rimettere insieme i pezzi del nostro cuore frantumato dopo i Mondiali del 1998. E mentre in America, nel mondo del basket, spopolava un certo Michael Jordan, un ragazzone altro due metri che non smetteva di rompere record e sfondare canestri, in Italia non si parlava di altro che di Basket City. Bologna, in quel periodo, era il centro nevralgico della pallacanestro non solo in Italia, ma in tutta Europa.

Le squadre

Era la stagione 97/98, e le squadre che giocavano a basket a Bologna erano sei. Gli sponsor erano tanti, i match erano trasmessi in diretta sui vari canali nazionali e non e i soldi che giravano erano in quantità esorbitanti. Il derby che teneva tutti con il fiato sospeso era sempre quello: Fortitudo – Virtus. Stiamo parlando di squadre con una storia alle spalle di oltre quarant’anni, che ne avevano passate di tutti i colori, che avevano toccato i punti più alti e raggiunto l’apice del successo sui campi di basket per poi precipitare nel mondo dei campionati regionali. Ma negli anni 90, quando Bologna era Basket City e l’Europa intera ci invidiava due delle squadre più forti della decade che scorreva, tutti, dai bambini agli adulti, tifavano Fortitudo o Virtus. Scegliere era fondamentale. Era come dover scegliere tra Milan e Inter, o Lazio e Roma. Non potevi sostenerle tutte e due, altrimenti il derby non avrebbe avuto senso alcuno. Negli anni 90 le due squadre attraversavano un periodo di grandi successi e soddisfazioni e avevano portato a casa trofei e scudetti, grazie a giocatori Italiani e non, che su quel campo ci lasciavano il cuore con ogni partita.

I protagonisti

Basket City non sarebbe mai esistita se non per i giocatori che elevarono la pallacanestro ad una vera e propria arte: da Carlton Myer, Dan Gay a Saša Danilović, hanno tutti segnato quell’epoca con i loro scatti e i loro indimenticabili canestri. Se negli anni 60 il volto della Fortitudo era Gary Shull, trent’anni dopo uno dei giocatori più amati fu Dan Gay, nato in Florida nel 1961. Cominciò a giocare con il resto dei ragazzi della Fortitudo durante i primi anni 90, e vi rimase fino al 2000. La sua carriera fu costellata di premi, tra cui uno Scudetto e una Coppa Italia. Carlton Myers, invece, un inglese compagno di squadra di Dan Gay per tutta la seconda metà degli anni 90, è anche ricordato per la sua sportiva competizione con un giocatore della Virtus: Danilovic. E che dire dei giocatori italiani? É importante ricordare Gianluca Basile, un bel ragazzo di novanta chili rimasto fedele alla sua squadra fino al 2005, aiutandola a guadagnare non uno, ma ben due scudetti. Degno di nota anche il veterano Giacomo Zatti, che invece riuscì a godere di una particolare popolarità durante la decade precedente rispetto al resto dei ragazzi, avendo giocato nella Fortitudo negli anni 80. Chi aiutava la Virtus a vincere tutti quei trofei, invece? Uno dei giocatori dalla militanza più estesa fu Brunamonti, con il quale la squadra vinse quattro Scudetti e tre Coppe Italia. E se Brunamonti rimase fedele alla Virtus per ben quattordici anni, Emanuel Ginobili giocò con loro per solo un biennio, subito dopo la fine del millennio.

La storia

Gli inizi di Basket City risalgono alla metà degli anni 50, con l’apertura del PalaDozza, un palazzetto sportivo costruito dopo la Seconda Guerra Mondiale con l’intenzione di lasciarsi tutto il marcio alle spalle e lavorare su una possibile crescita economica e sociale. La Fortitudo e la Virtus erano due squadre nate tra gli anni 20 e gli anni 30, e ora avevano la possibilità di scontrarsi e piantare i semi di una futura rivalità. Il primo derby ebbe luogo nel 1966, e la guerra tra le due squadre non tardò a scoppiare: una rissa sul parquet incendiò Basket City e le cose non furono mai più le stesse. Durante le decadi successive, la Virtus divenne un team di risalto non solo a livello nazionale; tifosi provenienti dall’Europa intera erano disposti a sborsare ingenti somme di denaro per veder giocare i ragazzi della V nera. Ma Basket City sbocciò davvero negli anni 90, e la sua golden age fu caratterizzata dalla presenza di grandi campioni e la vittoria di innumerevoli trofei. Ma, come ben sappiamo, nulla può durare per sempre, e i fallimenti e gli insuccessi segnano gli anni 2000, insieme a dei problemi economici e degli scandali finanziari che resero le due squadre un pallido riflesso di quello che erano state fino a qualche anno prima. Ma non tutto è perduto, e dopo 104 partite giocate, una cosa è chiara: tutto quello di cui c’è bisogno per vivere dei momenti preziosi è un derby e la passione dei tifosi, che non sono mancati nemmeno nel 2017, quando si sono presentati in novemila per assistere ad un derby che si è giocato a Casalecchio e che ha fatto riaffiorare vecchi ricordi e rivivere sensazioni che si credevano dimenticate.

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