Várzea
foto: Simon Di Principe

Várzea, il lato punk del Brasile

Várzea è un termine brasiliano che indica qualcosa di improvvisato o che non funziona nel modo corretto. Tipico dello stato di San Paolo, è un chiaro riferimento al tipo di campo irregolare di argilla in cui agli albori, nella fine del XIX secolo, venivano disputate le partite di calcio. Oggi il termine ha assunto un significato più ampio, indicando i tornei amatoriali che arricchiscono le giornate nelle favelas brasiliane. L’immaginario dei ragazzini che giocano sulle spiagge di Rio con un pallone di stoffa è una realtà superata, ora per scoprire il calcio, quello vero, e incontrare i futuri campioni di domani bisogna entrare nel cuore della città. Come il Marlow di Conrad, sprofondare nei meandri di luoghi nascosti e pericolosi alla ricerca dell’essenza del calcio, del nostro Kurtz.

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foto: Simon Di Principe
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foto: Simon Di Principe

Il fotografo Simon Di Principe tra l’ottobre del 2016 e l’aprile del 2017 ha viaggiato tra San Paolo, Belo Horizonte e Manaus per immortalare Várzea, tornei amatoriali totalmente disorganizzati, legati a comunità punk delle favelas. Il suo libro, Várzea, entra nell’ambiente frenetico della sottocultura calcistica brasiliana, regalando ritratti intimi e personali. Ogni volto una storia, come quella di Piva, leader della squadra punk degli Autônomos che nel 2009 giocò contro gli Easton Cowboys e Cowgirls di Bristol, una squadra di calcio anarchica che una volta aveva Banksy come portiere. Il fatto che queste due squadre ai lati opposti dell’Atlantico si siano incontrate è una testimonianza dei valori comunitari del calcio dilettantistico. 

Per le tante persone che la interpretano e la guardano, Várzea è uno stile di vita. È il calcio, bere, mangiare, ballare, socializzare – è un modo per sfuggire alla loro vita quotidiana e essere felici tra amici. È un senso di comunità e porta felicità e gioia. Il calcio è solo un catalizzatore per riunire le persone

Ma il senso lisergico del calcio è vivo e pulsante in tutti gli angoli del Paese; anche lontano dalle favelas il calcio è religione e senso di appartenenza. La pelada, la partitella che si gioca ovunque con poche regole e organizzata al momento, chi c’è c’è, è il senso del calcio brasiliano. Giocare è l’unica cosa che conta, non importa il posto, se si è tanti e pochi, se è presto o tardi. È improvvisazione, come tutto in Brasile, e forse è per questo che lì il calcio è un’arte. Se doveste passeggiare a sera inoltrata nel quartiere Gloria di Rio de Janerio, molto probabilmente vi imbattereste in una delle partitelle più famose della città, la Pelada dos garçons. È la partitella dei camerieri che, finiti i turni – massacranti – nei ristoranti, corrono subito a giocare fino all’alba nei campetti della zona. Non importa età, sesso o prestigio. Si gioca per il solo gusto di giocare. Chico Buarque, musicista e scrittore, a 74 anni tre volte alla settimana gioca con la sua squadra amatoriale Politheama.

Chico Buarque
Chico Buarque

Il Brasile è un Paese di contrasti, visti anche in occasione dei Mondiali 2016 dove alla grandiosità dell’evento di inaugurazione si contrappose la reale condizione di gran parte della popolazione brasiliana. Várzea nasce da questi contrasti e propone un calcio che valorizza e unisce, contrapponendosi al calcio professionistico dove le società, in mano a cricche di dirigenti corrotti, sono sempre sull’orlo del fallimento, dove gli stadi sono vuoti ed è difficile andare a vedere una partita senza rischiare di finire in una rissa. 

Un proverbio brasiliano recita: La cultura è l’unica ricchezza che i tiranni non possono confiscare. Quel che è certo è che, nonostante tutto, in Brasile il calcio è ancora qualcosa di libero con un unico padrone, il popolo carioca.

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