animali e sport

Gli animali e lo sport

Ne L’isola degli idealisti Scerbanenco disegna la figura di un inguaribile sostenitore delle possibilità della conoscenza, facendolo lanciare in una sfida donchisciottesca: insegnare al proprio mastino a contare fino a dieci. La sfida è psicologica, pedagogica e anche, ovviamente, antropologica. L’uomo ha sempre cercato gli animali nella propria vita, dai miti alla vita pratica, dalla catena alimentare fino allo sport.

Giorgio Scerbanenco
Giorgio Scerbanenco

Nello sport gli animali sono stati usati almeno in tre modi differenti: come mascotte (simbolo mi forza o astuzia), come protagonisti (vedi il polo o l’ippica), oppure ahimè come vittime sacrificali del divertimento umano. Nel primo caso presto detto, abbondano aquile, orsi, asini, biscioni, serpenti, lupi, zebre, corvi, tori, capre, squali, elefanti, babbuini, gatti, tacchini, barracuda, delfini e persino topi a fare da mascotte nei gagliardetti dei team. Le motivazioni sono le più svariate, dall’ispirare simpatia all’incutere timore. Il punto centrale di ogni buona mascotte è connotare la squadra, caratterizzando attraverso l’animale una specificità spirituale o fisica.

Nello sport gli animali sono stati usati almeno in tre modi differenti: come mascotte, come protagonisti oppure come vittime sacrificali del divertimento umano

Poi, abbiamo gli animali che ci permettono di praticare degli sport, tra questi indiscutibilmente un posto d’onore lo occupa l’ippica. Col suo rapporto uomo-fantino le varie discipline ippiche hanno creato nella storia un rapporto uomo-cavallo privilegiato rispetto a qualunque altra attività che preveda l’utilizzo di animali. Discorso che diventa più complesso ovviamente quando parliamo di corse di ancora di più vecchia conoscenza italiana, i palii. Nelle gare di velocità e di resistenza in un contesto pieno di tensioni, il rapporto uomo fantino spesso cambia e diventa talvolta brutale e di puro incitamento. Qui andiamo a cadere nella terza categoria, cioè quella in cui gli animali vengono usati per spettacolarizzare uno sport. Non metterei la corrida tra gli sport, per la sua brutalità e per l’effettiva inferiorità dell’animale rispetto all’uomo, ma a farlo fu Hemingway dicendo che solo tre sport meritavano tale definizione: l’automobilismo, l’alpinismo e, appunto, il combattimento fra tori.

Con buona pace del grande avventuriero, non era la corrida la sua unica pecca animalista ma anche l’amore per la caccia grossa. Oggi gli sport in cui gli animali partecipano solo come vittime sacrificali sono quasi scomparsi. Esempio straordinario ne è il Pigeon shooting, lo sparo al piccione. Pratica quanto mai brutale, vinceva chi ammazzava più picconi al volo. Sparare ai piccioni era lo svago dell’upper class inglese, incredibilmente in voga sino a diventare sport olimpico nel 1900 ai giochi di Parigi. Messo al bando quasi ovunque oggi (nel Regno Unito nel 1921), ne rimangono scampoli legali in alcuni stati americani dove viene difficile pensare ci sia una serena e spensierata vita notturna.

La pesca fa specie a parte perché già da molti anni i praticanti di questo sport si sono interrogati su come coniugare divertimento ed etica, fino ad abbracciare una filosofia oggi molto nota detta No-kill o Catch and Release. Ti pesco certo, ma non ti uccido, ti ributto in acqua. Permangono molte perplessità fra gli animalisti su questa pratica ampiamente diffusa, ma sembra, ad oggi, un compromesso adeguato fra sport e diritti dei branchiati.
Anche al recente mondiale in Russia dello scorso anno si è parlato di diritti degli animali, grazie alla bella pensata di Rustam Dudov, manager del Mashuk club, di far dare il calcio di inizio all’orsa Tima. Performance andata in scena qualche settimana prima dell’apertura dei mondiali con il risultato di ottenere l’alzata di scudi di praticamente qualunque associazione animalista, fino a far tornare la Federazione Russa sui propri passi. Quanti problemi questi occidentali, avrà pensato Rustam Dudov.

E mentre in California l’esperimento di far giocare a basket una lontra diventa un modo di curare l’artrite della povera bestiola, le vicende più belle riguardanti mondo animale e sport questa volta ci arrivano dal calcio sudamericano.

La prima storia arriva da Mayo in Paraguay, dove la locale squadra ha adottato Tesapara, un cucciolo randagio che si aggirava nei pressi del loro ritiro e da allora è diventato compagno inseparabile del Mister Saguier e fedele protettore di ogni allenamento. Curiosità la cucciola è stata soprannominata Pup (cucciolo) Guardiola, che pare però l’abbia presa a ridere.
Ha i colori del Colo Colo invece, una bellissima storia di calcio e difesa degli animali. La squadra cilena infatti, ha dato vita ad una straordinaria campagna di sensibilizzazione per i cani a rischio abbattimento nei canili insieme all’Union de Amigos de los Animales. Ogni settimana i calciatori del Colo Colo entrano in campo con un cagnetto, sperando che la “popolarità” possa dare una famiglia a questi animaletti che altrimenti rischierebbero una sorta davvero odiosa.

Forse gli animali non impareranno mai a contare come vorrebbe il protagonista del libro di Scerbanenco, ma forse noi possiamo anche attraverso lo sport imparare a farli contare di più nelle nostre abitudini quotidiane.

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