Paolo Sorrentino

Il Calcio nel cinema di Sorrentino

Paolo Sorrentino è passato in pochi anni da giovane regista innovativo a criticato interpretate della nuova regia internazionale, passando attraverso un Oscar, una serie televisiva di grandissimo successo e un’attenzione internazionale sempre crescente. Un successo frutto del mix naturale di tradizione italiana (vera o presunta), estetismo classico, buoni contenuti e una chiave di lettura della realtà colta e visionaria. In molti si sono soffermati proprio sul suo estetismo, inteso come la sua caratteristica principale, ma a ben vedere c’è un aspetto che dovremmo affrontare seriamente parlando dei film del regista napoletano, ovvero la magia. Il magico in Sorrentino entra in campo (capirete che qui non è involontaria l’espressione), un aspetto mistico della realtà nei suoi film sempre in concomitanza di momenti e situazioni molto precise. Il magico, come il surreale per i sudamericani, entra nella realtà in modo inaspettato e la cambia, la stravolge. A quel punto tutto è confuso, tutto è ricordo e sensazione. Magico e sport per gli amanti di letteratura sudamericana non sono certo una novità, ma scoprire come queste categorie dell’animo entrino nella vita e nell’arte di Paolo Sorrentino è davvero affascinante.

maradona sorrentino
Omaggio di Sorrentino a Maradona

Da dove arriva questa attenzione per il magico e come incontra il mondo dello sport, lo ha racontato diverse volte Sorrentino stesso. Raccontando la sua passione per Diego Armando Maradona, Sorrentino diceva che l’asso argentino gli aveva salvato la vita, ma per lungo tempo non ha spiegato cosa volesse dire questa affermazione bizzarra, forse era solo un’iperbole. Qualche anno fa però, ecco svelato il mistero.

Quando ero ragazzo chiedevo sempre a papà di andare in trasferta a vedere il Napoli, ma lui mi diceva che ero troppo piccolo, ma quel giorno acconsentì. Empoli-Napoli. Così non andai a fare il solito week-end nella casetta a Roccaraso dove poi avvenne la tragedia per una stufa. Quando tornai dalla partita fui avvertito che mamma e papà avevano avuto un incidente: se non fossi andato a vedere la partita oggi non sarei qui a raccontarlo. La mia salvezza la devo al destino. E a Diego Armando Maradona.

Entrambi i genitori morirono a causa di una stufa che nella notte aveva avuto un rilascio di monossido di carbonio. Maradona gli aveva salvato la vita, Paolo Sorrentino se ne ricorderà sempre e questo magico rapporto col calcio sarà raccontato nel suo primo, abbastanza autobiografico, film, L’uomo in più.

“L’uomo in più”- Nella vita non esiste il pareggio

Ne L’uomo in più compaiono infatti, i temi che devono aver ossessionato il giovane Sorrentino: il calcio, il magico, la morte. La prima sequenza del film del resto sarebbe già abbastanza esplicativa di per sé, un sub durante la pesca in acque profonde ingaggia la lotta per la vita con un polpo gigante. Migliaia di citazioni si potrebbero aprire, migliaia di rimandi, ma è il seguito del film a spiegare e chiarire tutto. Senza volervi raccontare il film, ma soffermandomi sugli aspetti che ci interessano, vi segnalo i protagonisti della vicenda. Due fratelli, Antonio calciatore e Tony cantante pop; il primo timido, riservato e un pò sfigato, l’altro brillante, arrogante e spaccone. Antonio ha un sogno nel cassetto a cui sacrificherà tutta la vita: mettere in campo la sua nuova tattica, definita “L’uomo in più”, per l’appunto. Detta così parrebbe una formula magica, valore linguistico ambiguo che Sorrentino di sicuro voleva sottolineare, ma in realtà è una tattica ideata dall’allenatore del Cittadella Ezio Glerean. Si tratta di una rilettura del calcio a zona dell’Ajax degli anni settanta, ma con la scelta di avere delle punte mobili. Tattica immortalata dalla formula 3:3:4. Questa tecnica che fu interiorizzata, perfezionata e sostanzialmente reinventata da Ezio Glerean è valsa al tecnico italiano una fama internazionale e una buona dose di successi nei campionati minori italiani.

Ma la raffinata cultura calcistica di Paolo Sorrentino non entra solo in questo particolare. Tutti i personaggi del film hanno legami con personaggi realmente esistiti tra cui Il Molosso, personaggio tratteggiato sui caratteri del “Petisso” ovvero Bruno Pesaola, allenatore del Napoli e della Fiorentina Campione d’Italia. Ma di sicuro il personaggio più affasciante del film, ma anche il più malinconico e perdente, è il già citato Antonio Pisapia, ispirato con grande similitudine al mitico ricordo del capitano della Roma degli anni ‘70-‘80, Agostino Di Bartolomei, morto suicida nel 1994 a seguito (pare) di grossi indebitamenti e una serie di porte chiuse nel mondo del calcio.
Il calcio che regala sogni, ma il calcio che toglie anche la vita.

Ne L’uomo in più il finale è melodrammatico, con l’altro fratello Pisapia che risolve la dura situazione del fratello attraverso un omicidio clamoroso e spavaldo, come nelle corde del personaggio. Nella vita si sa, a volte le vite degli sportivi si spengono ben lontano da lustrini e clamori in solitudine.

Il calcio e lo sport ritorneranno nelle regie di Sorrentino (vedi il cortometraggio La partita lenta, progetto sociale con focus su una squadra di rugby) sempre sotto forma di magico e non detto. Si coglie il motivo di alcune scelte conoscendo la biografia del regista napoletano, ma si ammira il modo magistrale con cui, tutto il dolore e lo stupore per la vita sono diventati curiosità estetica e creatività poetica.

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