gino bartali

Gino Bartali, il giusto

Ci sono campioni dello sport che superano il confine tra fama e leggenda. Uno di questi è Gino Bartali. L’atleta, nato a Ponte A Ema, è il classico campione della vita, oltre che fenomeno nello sport. Per comprendere ancora di più l’importanza che Bartali ha avuto nella società, occorre fare una panoramica sulle sue imprese non solo sportive.

Bartali non è sempre stato un vincente, ma come molti ha dovuto superare una difficile gavetta prima di cominciare ad imporsi nel mondo del ciclismo professionistico. Solo nel 1936, dopo circa 6 anni di anonimato, Gino Bartali riesce ad ottenere la consacrazione. In quell’anno infatti, si aggiudica il Giro d’Italia, portando la squadra ciclistica Legnano alla vittoria. Da allora, ha inizio un ciclo di vittorie senza precedenti. Nel 1937 si aggiudica di nuovo il Giro d’Italia e trionfa anche al Tour de France. Ma è nel 1938 che oltre al Bartali sportivo, viene fuori anche l’uomo. Durante l’anno delle leggi razziali, Bartali viene costretto dal regime fascista a saltare il Giro d’Italia per gareggiare al Tour De France. L’obiettivo è dimostrare la supremazia italica in terra straniera. Bartali non delude le aspettative, aggiudicandosi due tappe di quella storica edizione. Tuttavia, durante le due cerimonie di premiazione, sfidando Mussolini, rifiuta di esultare con il saluto romano È l’inizio di uno scontro tra Bartali ed il governo dell’epoca che segnerà tristemente molte fasi della sua carriera.

Nel 1940, dopo aver dominato in Italia ed in Europa Gino Bartali partecipa al Giro d’Italia in un clima surreale: pochissimi stranieri. Il mondo è in guerra. Tuttavia, quell’edizione del Giro riserva delle belle e inaspettate sorprese. Si fa notare un gregario, un giovane promettente, molto attento alla dieta e tecnico, un gran calcolatore. Il suo nome è Fausto Coppi. 5 anni più giovane di Bartali, è visto da tutti come un ragazzo di belle speranze nel mondo del ciclismo anche se, al cospetto del campione, è poco più di un novellino. In quell’edizione del Giro d’Italia tutto sembra andare come da copione con Bartali indirizzato alla vittoria. Improvvisamente però, durante la seconda tappa, Bartali cade e il suo team decide di puntare tutto su Coppi. Il giovane non delude, dominando la competizione ciclistica, affiancato anche dallo stesso Bartali che lo aiuta e lo sostiene. Emblematico quanto accade sulle Alpi. Coppi si ferma in preda ai crampi, Bartali lo supera e gli urla: “Coppi sei un acquaiolo! Ricordatelo! Solo un acquaiolo!“. Una provocazione, una sfida, un incoraggiamento al giovane. Per Bartali essere un acquaiolo significa gettare la spugna, essere un debole. Risultato? Fausto Coppi riesce a trionfare per la prima volta nella sua carriera. Quell’episodio e quell’edizione rappresentano l’inizio di una sfida che da lì a poco entrerà nell’immaginario e nel cuore degli italiani.

Per difendere e proteggere gli ebrei che vengono perseguitati in Italia, Gino Bartali decide di collaborare con la DELASEM, un’organizzazione clandestina che si occupa di fornire agli ebrei documenti e foto contraffatti per riuscire ad emigrare dall’Italia. Percorre quotidianamente in bici viaggi dalla Stazione di Terontola – Cortona fino alla città di Assisi. Nel telaio della bicicletta sono nascosti documenti importanti e più volte rischia la vita e la carriera. Quando la polizia, però, capisce che è un corriere dei partigiani, Bartali fugge a Città di Castello. Lì rimane nascosto per circa 6 mesi fino a quando le accuse cadono e riesce a riprende la sua carriera ciclistica. Ma il suo impegno non si ferma e durante la guerra continua ad aiutare ebrei e oppositori del PNF. Si stima che abbia salvato la vita a circa 800 ebrei italiani .

È vero, sport e politica raramente dovrebbero incrociarsi, ma Gino Bartali rappresenta un esempio da imitare sotto ogni punto di vista. Si spera che anche le future generazioni di atleti possano prenderlo come modello, mettendo da parte l’agonismo e concentrandosi sull’etica e sulla morale umana.

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