La leggenda di Tittyshev

I’m forever blowing bubbles,
Pretty bubbles in the air,
They fly so high, nearly reach the sky,
Then like my dreams they fade and die.
Fortune’s always hiding,
I’ve looked everywhere,
I’m forever blowing bubbles,
Pretty bubbles in the air.
United! United! United!

Cosa significa tifare? Cosa vuol dire seguire giorno dopo giorno una squadra e vivere per essa? Per molti sarebbe un’esistenza sprecata, ma solo alcuni, pochi sono in grado di dedicare la propria vita a qualcosa di più grande e legarla a dei colori. Unici e speciali. Per sempre.

Steve Davies è un ragazzo come tanti, non molto diverso da quelli che bazzicano il “Boleyn”. Sfrontato, arrogante, spesso ubriaco e con un solo pensiero nella testa, il West Ham. Una scelta insolita da parte sua. Cresciuto nella città operaia di Rushden, avrebbe dovuto tifare per il Rushden Town o il Northampton o il Coventry City. Perché mai poi? Il tifo è questione di istinto: guardi una squadra per la prima volta, scatta la scintilla e sei fregato per sempre. È come una donna che ami e sai che comunque vada non potrai mai smettere di volerle bene. Per Steve l’amore a prima vista avviene a 9 anni nel 1975, finale di FA Cup tra gli Hammers e il Fulham. Il West Ham vince 2 a 0 in una delle finali più entusiasmanti nella storia del torneo. Da quel momento che il West Ham giochi all’Upton Park o fuori casa, Steve Davies c’è. Il suo idolo è Trevor Brooking, 528 partite giocate e 88 goal con la maglia degli Hammers. La sua camera è tappezzata da poster di Brooking e altre leggende del West Ham. Porta con orgoglio la maglia bordeaux e azzurra per andare a scuola. Unico nella sua classe a tifare West Ham. Giunto il momento, si trasferisce nel Newham per essere ancora più vicino alla squadra del cuore. Qui conosce molti fan del West Ham, tra cui Chank con cui condividerà tutte le sue scorribande negli stadi inglese.

steve davies
Steve Davies

A sentire Chank, Steve durante le partite diventa un’altra persona. È scatenato: urla, inveisce contro arbitri e giocatori. Un esagitato. Però, è anche un spasso assistere alle sue performance. Come quando durante una partita dell’Inghilterra a Wembley senza nessun apparente motivo invade il campo. Un pazzo. Viene bloccato dagli steward tra lo sconcerto generale.

Nell’estate del 1994 Chank chiama Steve per invitarlo ad andare ad Oxford a vedere il West Ham insieme a Big Bazz, un loro compagno di scorribande. Non è la partita del secolo, si tratta di un’amichevole pre season con una squadra di terza categoria, ma in fondo non ha niente di meglio da fare. E poi, non è il match il divertimento. Si beve, si canta, si scherza. Per loro alla fine ogni partita è una festa. Fino ad un certo punto… Birra e calcio, un binomio potente. Le piccole tribune dello stadio sono tutte occupate dai tifosi di casa. Non tutti i giorni possono assistere ad una partita in cui la loro squadra affronta una del calibro del West Ham. Steve, Chank e Big Bazz preferiscono assistere la partita in piedi, vicino alle transenne che dividono il campo dagli spalti. La partita non è un granchè, non che valga molto, ma Steve inizia subito il suo show. Il suo bersaglio è Lee Chapman, attaccante degli Hammers. Non gli è mai piaciuto Chapman così inizia a riempirlo di insulti. All’inizio del secondo tempo, come per volere divino, il povero Lee si infortuna e allora balza nella mente geniale di Harry Redknapp, l’allenatore del West Ham, un’idea malsana.

Si avvicina a Davies e gli chiede:« Credi di saper far meglio di Chapman?».
Steve con la sua solita strafottenza gli risponde: Certo!
Vuoi giocare? – chiede l’allenatore
Perché no? – risponde Davies.

Redknapp afferra Davies e lo trascina negli spogliatoi. Avviene tutto così velocemente da essere agli occhi di Steve surreale. Chank e gli altri che avevano assistito al dialogo pensano che sia tutto uno scherzo, ma devono ricredersi. Al 9° minuto del secondo tempo Steve Davies fa il suo esordio con la maglia del West Ham. Esordisce giocando con la squadra dei suoi sogni. Mai, nemmeno nelle sue fantasie più remote, ha pensato che potesse accadere. E invece, eccolo prendere il posto di Lee Chapman. Le reazioni dei presenti sono diverse, tra lo stupore e il divertito. I tifosi accanto a Chank e Big Bazz chiedono se non è il loro amico e loro increduli rispondono di si, quello è proprio il loro amico pazzo. I giocatori lo guardano incuriosito; l’arbitro, un precisetti che in casa conserva quaderni e quaderni con il dettaglio di tutte le partite che ha arbitrato, si colpevolizza perché non conosce quell’attaccante; Brian Cox, vice-presidente dell’Oxford City, razionalizza la cosa spiegando, con un po’ di fatica, a sé e gli altri che è impossibile che sia un tifoso. Non è appropriato, nessuno gioca con i tifosi, specialmente una squadra come il West Ham. Alle fine però, c’è solo una domanda che ronza nella testa di tutti i presenti: chi è quel giocatore? La risposta arriva pochi secondi dopo l’ingresso di Steve, quando lo speaker dello stadio chiede ad Harry chi mai sia il nuovo entrato.

Come? Non hai visto i Mondiali? – gli fa Redknapp, mostrando anche un certo risentimento – è Tittyshev, della Bulgaria. La cosa buffa è che lo speaker gli risponde:« Oh certo! Tittyshev. Grande acquisto Harry!». Così gli spettatori si tranquillizzano quando sentono dal megafono uscire le seguenti parole:« Con il numero 3 per il West Ham United il grande attaccante bulgaro, TITTYSHEV!».

Con l’entusiasmo di un bambino Steve, appesantito dalle birre e dalle sigarette, corre per tutto il campo senza una logica. Tutto quello che pensa, smaltito l’iniziale entusiasmo, è di non fare la figura dell’idiota. Il gioco è molto veloce per le sue gambe. Non riesce a stare dietro al pallone, a seguire i compagni. Quando Alvin Martin gli passa la palla, lui la stoppa e la ripassa nuovamente. Gli basta questo per sentirsi realizzato. Ha raggiunto lo zenith del godimento. Ma è al 71° minuto che la storia diventa leggenda. Steve Davies è marcato da due difensori nell’area di rigore dell’Oxford. Ha il fiatone, la vista quasi annebbiata dalla stanchezza, ma con le ultime forze che gli sono rimaste si scaraventa su una palla che da sinistra arriva con un cross teso. Lascia sul posto i suoi due marcatori. Ha come unico rivale solo il portiere. Non pensa a nulla, i suoi movimenti sono dettati dall’istinto più che dalla ragione. Allunga la gamba che bacia il pallone e lo spedisce in rete. Steve corre quasi piangendo. Non può essere vero, ha segnato per il West Ham, il West Ham cazzo! Corre come un disperato verso i suoi amici che urlano e ridono e gridano il suo nome. Lo abbracciano come si abbracciano i soldati vittoriosi dalla guerra. Sono gli unici a festeggiare sotto lo sguardo incredulo di tutti i presenti. Ubriachi di felicità, non si sono resi conto che il guardalinee ha alzato la bandierina. È fuorigioco. Il goal viene annullato. Inutile dire che Steve non la prende benissimo, ma niente e nessuno può rovinargli quel momento. Per lui il goal è regolare e tanto basta. Il giorno dopo si sveglia con un bambino pronto a scartare il suo regalo di compleanno. Sa che quando entrerà al Boleyn verrà acclamato come un eroe. Lì dentro tutti hanno sempre sognato e continuano a sperare di avere la sua stessa opportunità. Il suo facile entusiasmo però, viene subito smorzato. Nessuno sa che il giorno prima ha giocato tra le fila del West Ham. Tutti gli danno del bugiardo e come biasimarli. Non c’è nessuna prova che dimostri che quello che racconta è realmente accaduto. Steve è deluso. Ritorna a casa sconfitto. Qualche giorno dopo però, gli arriva una telefonata. E poi un’altra e un’altra ancora. Tutte gli dicono di vedere il giornale. Ritorna a toccare il cielo con un dito. Sui quotidiani locali e nazionali ci sono delle foto, tre.

Sono la testimonianza che Steve ha giocato per il West Ham. Al Boleyn dovranno rimangiarsi tutto. Ha realizzato il suo sogno: un bambino che è diventato tifoso, il tifoso che è diventato giocatore.

Pochi possono capire quanto sia surreale, fuori dal comune aver provato quella sensazione. Unica nel suo genere, è come essere re, come scalare il K2, essere lì sull’Olimpo a festeggiare con gli dèi. Tittyshev ha esordito e si è ritirato lo stesso giorno, ma Steve Davies e noi tutti come lui siamo delle bolle, pronte a scoppiare, e con i nostri sogni non smetteremo mai di sperare di diventare i nostri eroi.

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