Billy Kee

Billy Kee, se il calcio diventa un incubo

Il sogno di diventare calciatori ha albergato nei cuori di tutti i ragazzini almeno fino alle scuole medie. Chi di noi, o dei ragazzini che oggi frequentano la scuola primaria, non ha sognato almeno per un po’ di diventare un calciatore professionista? Se negli ottanta ad un generico piacere di giocare a calcio si associava la popolarità ed un’aurea da mito greco posseduta da alcuni giocatori, oggi la professione del pallone viene collegata da figli (più ingenuamente) e genitori ad un status sociale ed economico invidiabile e imparagonabile a qualunque altra professione medio-alta. Per questo anche le scuole calcio per bambini sono diventate delle piccole aziende con l’intento di formare gioielli da rivendere sul mercato dopato della plus-valenza calcistica. Esempio ne sono i fatti di cronaca sempre più frequenti in cui genitori con la voglia di “svoltare” affidano i destini dei propri figli a procuratori più o meno quotati. Rapporti che spesso si risolvono in un’aula di tribunale o fra le stanze di qualche procura. Per capire la gravità del problema basterebbe fare un giro su internet, vi meravigliereste per la quantità di siti di approfondimento dedicati al tema dell’abbandono calcistico fra i giovanissimi. Ai motivi di frustrazione personali per un talento che forse non c’è mai stato, si aggiungono motivi famigliari meramente economici, ma in qualche caso anche delle interessanti scelte di allontanarsi da un mondo dove non tutto quello che luccica é oro.

Professionisti, giocatori di prima scelta, decidono di abbandonare il campo da gioco stanchi di un mondo diventato sempre più logorante. I motivi sono molteplici: stress, ansia, ma qualche volta anche noia per un mondo al limite della follia per quantità di impegni e tensioni.

Ma se il calcio rimane comunque uno sport tra i più praticati al mondo, non sono solo gli amatori ad allontanarsene magari traditi da qualche speranza. Professioni, giocatori di prima scelta, decidono di abbandonare il campo da gioco stanchi di un mondo diventato sempre più logorante. I motivi sono molteplici: stress, ansia, ma qualche volta anche noia per un mondo al limite della follia per quantità di impegni e tensioni. Il tema dell’abbandono al mondo del calcio é del resto tornato alla ribalta qualche giorno fa con la notizia arrivata dalla Premier League dell’addio ai campi di gioco di Billy Kee. Un abbandono che piove all’improvviso quello dell’attaccante inglese? No, no di certo, anche se la modalità con cui é piovuto l’annuncio sulle cronache ha spiazzato e confuso. Di Billy Kee si inizia a sentir a parlare nel 2016 quando il giovane ragazzotto pallido classe 1990 cresciuto nelle fila del Leicester dice per la prima volta addio al calcio. Lo spettro é pesantissimo, quello di una depressione feroce che sta divorando il ragazzo Depressione, bulimia e ansia stanno ammazzando il ragazzo giovanissimo. Termine non casuale “ammazzando” perché il “topolino”, come lo chiamerà gaberianamente lui stesso, continua a lavoragli nella testa, distruggendo ogni certezza e ogni serenità, inducendo Billy Kee sino ad avere istinti suicidi. Tentativi mai confermati ufficialmente per fortuna protetti da un rispetto della privacy della stampa internazionale. Billy Kee torna a casa e da una mano al padre, titolare di un’impresa edile.

Ma l’amore per il calcio, per il prendere a calci un pallone non si placa e così Billy Kee decide di tornare sui campi rettangolari a distanza di quattro anni, ci riprova e lo fa con ottimi risultati. Viene assorbito nell’organico del Accrington Stanley in terza divisione e qui comincia una nuova vita, apparentemente. Durerà poco. Alla fine di Gennaio il male di calcio di Billy Kee però ritorna a farsi vivo e questa volta è più forte. Racconterà il calciatore nord-irlandese di aver passato notti insonni a sperare che il campo di gioco non fosse praticabile il giorno dopo, che la partita fosse rimandata. Poi non succedeva e allora bulimia e ansia, depressione ed insonnia. Ma se lo stress da gioco era alto, vicinissime invece erano le vie d’uscita, i rimedi. Una birra, un kebab, una chiacchierata con gli amici, insomma una vita fatta di cose normali e semplici. Una vita fatta di amore per gli amici e la famiglia. Anche il cibo rientra nel disagio ovviamente. I continui sacrifici e la dieta perenne hanno ucciso la convivialità e combattuto contro un corpo che invece tende ad ingrassare e ad allagarsi. Così Billy il ragazzotto inglese torna al sogno, quello di mettere mattoni uno in fila all’altro, dalle 6 di mattina alla sera. Unico obiettivo finire il muro e poi dedicarsi agli affetti.
Sembra assurdo, fa ridere, ma la verità di Billy Kee é quella di un calciatore che sogna di fare il muratore. Dalle parole di Billy Kee sembra difficile che un giorno potrà nascere del rimorso da questa scelta, perché l’ex calciatore ormai, a soli 29 anni, racconta di amare ancora il calcio, di voler ancora giocarci, solo non ama tutta l’ansia e la violenza che gli gira.

Anche il cibo rientra nel disagio ovviamente. I continui sacrifici e la dieta perenne hanno ucciso la convivialità e combattuto contro un corpo che invece tende ad ingrassare e ad allagarsi.

Per quanto controversa ed originale possa apparire del resto la vicenda di Billy Kee non è un caso isolato. In giro per il mondo i casi si sono moltiplicati soprattutto a causa degli allungamenti delle carriere e della crescita della mole di impegni di club e nazionali. Se pensiamo infatti alla “longevità” di alcuni mostri sacri del calcio di oggi ci accorgiamo che non è solo la prestanza fisica ad averli sostenuti, anzi. La cosa che appare evidente é che giocatori come Totti, miglior esempio in questo, siano riusciti a prolungare la carriera rimanendo a livelli altissimi (pensate all’ultima controversa stagione di Totti a Roma con Spalletti) grazie ad una grande tranquillità mentale proveniente da fonti esterne al calcio. Pensate ad esempio al grande apporto psico-fisico che ha avuto la città di Roma per Francesco Totti, aggiunto al calore della propria famiglia e alla vita da sempre nella stessa città appunto. Tutte componenti fondamentali nella costruzione di una personalità sportiva longeva e redditizia.

Altre storie
john steinbeck furore
John Steinbeck e l’immigrazione clandestina nel calcio