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Gigi Riva e Il sogno di Achille. La genesi di una leggenda.

C’è un dipinto del 1929 ad ispirare la ricostruzione della leggenda di Gigi Riva fatta magistralmente da Carlo Vulpio. Un quadro semplice sia per linee che per colori, immediato però nel consegnarci un’immagine evocativa: quella dell’eroe che si concede un momento di riposo prima di riprendere ad essere leggenda. Il quadro é Il sogno di Achille, lo dipinse Alberto Savinio de Chirico fratello del più famoso Giorgio, anch’egli pittore oltre che saggista, compositore e drammaturgo.

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“Il sogno di Achille”, Alberto Savinio (1929)

Questa é l’immagine che dà il titolo al libro di Carlo Vulpio e che guida nella ricostruzione dai caratteri mitici, della carriera incredibile e stellare di Gigi Riva. Sono tante le componenti che si prestano al paragone azzardato, ma non certo fuori luogo, tra la formazione del mito e la biografia del calciatore diventato leggenda nell’esotica Cagliari degli anni sessanta. Ci sono i dolori iniziali, una certa recalcitranza nei confronti del potere prestabilito, un’insofferenza a tutto ciò che non é azione, vittoria. Ma soprattutto c’è un tema in cui il paragone di Vulpio regge su fondamenta sicure: quello del destino. L’eroe non può fuggire dal proprio destino; può nascondersi, perdersi, occultarsi al tempo e alla storia, ma prima o poi l’incontro col destino arriva inesorabile. Questo é quello che é accaduto al protagonista di questo romanzo dedicato a Gigi Riva. Romanzo, é corretto chiamarlo così Il sogno di Achille, perché la modalità in cui la narrazione cade tra le pagine del libro è quella del romanzo di formazione in cui si intuisce un finale ma prima di poterlo assaporare bisognerà attraversare tutto il percorso del nostro protagonista. Torniamo al tema del destino quindi, perché è centrale per capire l’opera, oltre che per capire come per compiere un’impresa sportiva ci voglia un po’ di vocazione oltre che di mestiere, come avrebbe detto De André.  A colpire sono proprio i primi capitoli de Il sogno di Achille, quelli dove si raccontano i primi anni di vita di Gigi Riva. Non c’è compassione o eccesso di commozione, c’è il racconto di un’infanzia che non è distante da molte altre di quel periodo, quello che emerge però é la passione, il talento, lo spirito di abnegazione del protagonista verso il proprio destino. Anche quando non lo si conosce ancora, non lo si immagina ancora.

Il sogno di Achille, Carlo Vulpio

Vulpio racconta degli anni in cui Luigi Riva, figlio di Ugo e Edis Riva, sogna lo sport, la sfida agonistica, ma non esattamente il calcio. Il primo amore di Gigi Riva sarà quello per la leggenda di Fausto Coppi, pennellato egregiamente nel libro come mito ribelle e spregiudicato, sempre un po’ infelice nonostante le vittorie, come se la fortuna non bisognasse provocarla troppo, proprio quell’atteggiamento dimesso che si respira anche nella famiglia Riva. E Coppi che inizia a far appassionare allo sport Riva, ma sarà il calcio a rubargli il cuore e l’anima, ma a caro prezzo. Travolto dai lutti e dalla fame, il bambino e ragazzo Riva accosta al gioco del calcio sempre un altro lavoro, trovandosi nella posizione di mantenere o almeno aiutare la famiglia. Ma è proprio in famiglia che nasce un rapporto importante anche negli anni del successo calcistico, quello con la sorella Fausta che rimane accanto al fratello in ogni occasione e trasferimento, consigliandolo e sostenendolo a tutti gli incroci col destino.

Ma oltre al tema dell’annunciazione del destino dell’eroe, non poteva mancare nella ricostruzione della carriera di Gigi Riva la componente più caratteristica della sua vita calcistica: la Sardegna, Cagliari. È ovvio che anche in questo caso la corrispondenza con il mito è molto chiara, il viaggio come sinonimo di metamorfosi e ricerca del proprio destino. Possibilmente una terra lontana, meglio se un’isola inizialmente non amata. Ovvero esattamente quello che per Gigi Riva é stata la Sardegna. Vulpio racconta bene la trattativa che portò Riva da Legnano a Cagliari e soprattutto ci fa cogliere chiaramente l’ignoranza che si aveva all’epoca di una terra che mentre appariva lontana, “terrona”arcaica, sfornava Presidenti della Repubblica e premi Nobel. Gigi Riva non amò immediatamente quella terra,  ma una volta capita, non riuscì più ad abbandonarla.

L’incontro col proprio destino dopo la formazione da eroe non può avvenire che per caso. Infatti solo per un gioco intricato del destino un giocatore dotatissimo del Legnano ormai ventenne, esclusivamente sinistro e già escluso da Milan e Inter poteva andare a scrivere la storia in un terrà di cui non conosceva neanche l’esistenza. Ma questo é quello che avvenne, Gigi Riva portandosi sulle spalle la famiglia che gli era rimasta vicina, partì per la Sardegna senza immaginare che avrebbe scritto la storia del calcio italiano. Il sogno di Achille contiene le imprese di Gigi Riva nel Cagliari dell’unico scudetto sardo e in nazionale, ma quello che colpisce del libro è la verità che emerge su un percorso di dedizione e talento a cui tutto il resto del mondo deve piegarsi. La formazione dell’eroe passa attraverso la prova e Gigi Riva di sicuro ne ha superate di importanti, ma si assesta soltanto nell’incontro con il proprio destino e il riconoscimento con una terra che è una pace anelata. Ovvero quello che “rombo di tuono” ha trovato nella sua Cagliari.

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