gianmarco pozzecco
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Gianmarco Pozzecco

Gianmarco Pozzecco è uno dei pochi personaggi cestistici il cui nome ha valicato le mura degli addetti ai lavori del basket e, che da splendido giocatore, sta diventando uno dei migliori allenatori professionistici. Il Pozzecco giocatore ha massimizzato quello che per gli altri nel mondo della pallacanestro è un handicap: l’altezza. In campo aveva guadagnato il rispetto dei suoi più muscolosi ed alti compagni ed avversari, con giocate considerate impossibili o vietate. Durante la partita aveva una visione di gioco straordinaria che univa ad una velocità di esecuzione impressionante; passaggi filtranti, assist impossibili erano la norma per Gianmarco che, soprattutto nei suoi anni a Varese ed alla Fortitudo Bologna, ha deliziato i parquet di tutti i campi con giocate sopraffine e colpi magistrali, riuscendo a vincere per ben sette anni di fila la speciale classifica di migliore assist-man del campionato di A1. Per via della leggerezza con cui giocava e delle sue accelerazioni, è stato soprannominato, ai tempi di Varese, la Mosca Atomica ed in squadra aveva come compagni personaggi del calibro di Meneghin, De Pol, e Galanda con cui ha condiviso, e fatto condividere, esperienze indimenticabili.

Gianmarco Pozzecco è stato un giocatore sanguigno, passionale ed istintivo e questo ha comportato non pochi strascichi nella sua carriera. Questa sua indole lo ha portato a manifestazioni molto al di sopra delle righe, sia dentro che fuori dal campo. Memorabile la scappatella notturna effettuata prendendo in prestito il pulmino della nazionale durante il ritiro a Bormio in vista degli Europei 2003, per poter scappare dalla noia del ritiro stesso, cosa che gli è però costata l’esclusione dal torneo continentale. Per definire meglio la personalità del Poz potremmo fare un paragone con il più conosciuto mondo del calcio; Gianmarco Pozzecco è stato da giocatore per il basket ciò che Antonio Cassano è stato per il calcio: due geni, due giocatori toccati dalla grazia che avrebbero potuto raccogliere molto di più se il loro comportamento fosse stato più in linea con i canoni dello sport e non si fossero lasciati trascinare dalla foga, non solo agonistica. La loro insolenza, la loro presunzione e la loro (presunta) svogliatezza negli allenamenti era seconda solo alla loro magia di gioco. L’unica filosofia che seguiva da giocatore era che con la palla a spicchi in mano ci si doveva divertire e si doveva far divertire il pubblico, soprattutto se si era bravi… e lui bravo lo era parecchio. Capace di esaltarsi in situazioni molto difficili ed estreme o di piazzare il colpo del KO come la tripla del break che ha consentito a Varese di laurearsi per la decima volta Campione d’Italia, Pozzecco voleva giocare, sempre, ed ogni minuto. Essere in panchina per lui era un minuto perso, un minuto che non poteva dedicare alla squadra, perché tutta la sua genialità e, perché no, tutta la sua sregolatezza, era sempre solo ed esclusivamente al servizio della sua squadra.

Dopo quasi quattro anni dall’addio al basket giocato, Gianmarco Pozzecco inizia la sua avventura come coach in A2 con una squadra siciliana: l’Orlandina di Capo d’Orlando. Diventa allenatore nel 2012, trova una squadra all’ultimo posto e, nonostante tutto, riesce a trasmettere quella sua grinta che consente alla compagine sicula di posizionarsi all’undicesimo posto. Per due anni allena in Sicilia per poi passare alla squadra con cui ha conquistato la stella: Varese. Il rapporto non è dei migliori (si dimette nei primi mesi dell’anno successivo) e passa quindi a Cedevita Zagabria come secondo del suo ex compagno di squadra Veljko Mršić per due stagioni. Dopo una breve passata in A2 con la Fortitudo Bologna dove è coach per soli tre mesi rescindendo il contratto a giugno 2018, Pozzecco allena la Dinamo Sassari di nuovo in A1 con cui conquista, contro i tedeschi del S.Oliver Würzburg, il primo trofeo da allenatore: la FIBA Europe Cup. Fin qui la storia di Pozzecco allenatore, ma come successe quando era giocatore, il Poz si è dimostrato sanguigno e imprevedibile. Sin da subito Pozzecco è apparso come un vero e proprio showman soprattutto, durante le conferenze stampa, con siparietti, battute anche nei momenti di maggiore delusione e di reale rabbia. La trasformazione del Poz nella sua veste di allenatore è figlia proprio delle sue idee e lo ha dimostrato nella gestione dei giocatori a Sassari con la creazione di un rapporto speciale, che va oltre quello del normale allenatore – giocatore. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, con la squadra sarda che non solo ha vinto la sua prima competizione europea, ma è in lotta con Venezia per l’assegnazione dello scudetto della stagione 2018/2019. Pozzecco è riuscito a plasmare la squadra a sua immagine e somiglianza: sbarazzina, un po’ folle (in alcuni casi esageratamente folle) ma con tenacia e grinta da vendere, mai doma. La grande capacità del Poz è quella di riuscire a trasmettere a tutti i giocatori quello che lui ha imparato e sentito in tanti anni di variopinta carriera, un insegnamento del primo anno di Varese, dove è riuscito a perdere una Coppa Italia solo perché ha avuto la paura di vincere. I giocatori lo seguono perché sentono che il coach è uno di loro.

Per tutta la sua carriera Pozzecco, al netto dei suoi atteggiamenti stravaganti, è sempre stato un vero uomo di sport che, sia come giocatore che come allenatore, ha sempre cercato di sconfiggere il proprio avversario sempre con estremo rispetto e lealtà. Questa sua condotta l’ha sempre attuata e l’ha sempre pretesa dagli altri perché come ripete in continuazione «so quanto è fastidioso perdere». Ecco il vero Gianmarco Pozzecco: un uomo talentuoso, follemente innamorato di questo sport che dà tutto se stesso per poter portare a casa una vittoria e che si inchina sempre all’avversario per il valore dimostrato sul campo sia che abbia vinto, sia che abbia perso.  Un folle gentleman di altri tempi sempre con il sorriso e la battuta pronta che dona se stesso per la sua squadra e per questo splendido sport.

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