Euzkadi, una nazionale senza patria
Euzkadi si prepara a scendere in campo contro il Racing Club per la prima partita della tournée.

Euzkadi, storia di una nazionale senza patria

Una sorte avversa ci aveva unito, ma quella sorte avversa alla fine fu una delle cose migliori che mi siano mai capitate. Grazie a essa conobbi membri del nostro popolo che, oltre ad essere artisti di uno sport che insegnarono a molti stranieri, furono esponenti della dignità di un piccolo Paese il cui nome, Euzkadi, fecero conoscere proprio quando infuriava la battaglia per la sua sopravvivenza e quando i nemici bombardavano le case basche e diffondevano nel mondo calunnie il cui eco arrivava fino a noi. Quel gruppo di ragazzi, rappresentanti di una nazione dimenticata dalle carte geografiche e da quegli Stati che si dicevano difensori dei diritti umani, testimoniava negli stadi d’Europa che la pace, per essere reale, non dev’essere codarda.

Manuel De la Sota, dirigente di Euzkadi

Il 16 agosto 1936 Federico García Lorca venne arrestato nei pressi di Granada da un gruppo della CEDA, partito di destra che combatteva al fianco di Francisco Franco ed Emilio Mola. Dopo 3 giorni di prigionia e la sollevazione di richieste di scarcerazione da parte del mondo intellettuale e non solo, il poeta andaluso venne segretamente fucilato e il cadavere gettato in una fosse comune. Ancora oggi il suo corpo non è stato identificato. La sua morte scosse l’opinione pubblica internazionale ed anticipò al mondo il futuro dell’Europa da lì a pochi anni. Pablo Neruda sconvolto per la morte del caro amico scrisse Ode a Federico García Lorca, un addio triste e rassegnato al poeta assassinato.

Se potessi piangere di paura in una casa solitaria,
se potessi cavarmi gli occhi e divorarli,
lo farei per la tua voce d’arancio in lutto
e per la tua poesia che esce come un grido […]

Un mese dopo la Terza Internazionale autorizzò la formazione delle Brigate Internazionali, gruppi di volontari provenienti da tutto il mondo che in massa arrivarono in Spagna per combattere tra le file dei repubblicani. Mai nella storia si era visto una mobilitazione così massiccia di intellettuali, artisti, studenti e semplici ragazzi che volontariamente andavano in guerra non per il proprio Paese, ma per un ideale. E per qualcuno che arrivava in Spagna per combattere, altri partivano perché per quell’ideale servivano sempre più proseliti.

guerracivile-spagnola birgate internazionale
Le Brigate Internazionali in terra spagnola

Roccaforte repubblicana, i Paesi Baschi erano animati (e lo sono tutt’ora) da un forte senso separatista. Nato sulle spinte del Romanticismo durante il XIX secolo, come movimento reazionario che voleva ripristinare i fueros, speciali privilegi concessi dal re alle province basche, come la non obbligatorietà della leva militare ed uno speciale regime di tassazione, ben presto si evolse in un partito nazionalista che sosteneva la purezza della razza basca e la sua superiorità su tutte le altre popolazioni spagnole. Oltre ad una propria lingua ed una bandiera (la ikurriña) i baschi avevano anche una propria nazionale di calcio, la Euzkadi, una fusione delle diverse selezioni basche nata con il nobile scopo di portare la causa repubblicana fuori dai confini spagnoli. Le guerre costano e per vincerle non basta avere uomini validi, ma servono soldi per i beni di prima necessità, per i mezzi logistici e per quelli militari. Fare la guerra non è mai così semplice. Per questo sull’iniziale entusiasmo giovanile allo scoppio della guerra, sottolineato anche dall’elevato numero di sottoscrizioni, fu organizzata una partita di beneficenza tra una selezione del Partito Nazionale Basco (PNV) ed una del Partito Basco della Sinistra Indipendentista (ANV). L’amichevole fu un successo al punto che si decise di creare un’unica selezione con i migliori giocatori baschi per una tournée continentale, finalizzata a sensibilizzare la causa repubblicana. E sebbene molti di quei giocatori pregustavano un felice e veloce ritorno a casa, quella squadra non rivedrà mai più la Spagna. Nonostante tradimenti, tentativi di sabotaggio e gelosie, quel manipolo di uomini iniziò un viaggio che gli avrebbe portati fino in Messico.

Euzkadi
La squadra di Euzkadi, partita da Bilbao il giorno prima, arriva a Parigi.

La prima partita fu giocata il 26 aprile 1937 in Francia, contro il Racing. I baschi si imposero per 3-0, ma non ci fu nemmeno il tempo di festeggiare perché in quello stesso giorno in un piccolo centro della Biscaglia, una provincia basca, volontari della Luftwaffe, supportati dall’Aviazione Legionaria italiana, avevano appena lanciato un quantitativo di bombe incendiare tale da distruggere il 45% della cittadina e causare la morte di centinaia di civili. Tale furono la paura, lo stupore e la rabbia che nel giugno dello stesso anno Pablo Picasso ne rappresentò l’orrore in un’opera di 3m x 7m. La chiamò come il nome della cittadina distrutta, Guernica.

Guernica Picasso

Molti dei giocatori furono turbati, ma decisero, dopo non poche discussioni, di proseguire quel viaggio che dopo quel tragico evento assunse ancora più importanza. Il tour li portò fino in Unione Sovietica dopo essere scappati dalla Polonia, il cui governo nazionalista riteneva Euzkadi una selezione di “comunisti senza Dio”. Un appellativo alquanto bizzarro dato il noto fervore cristiano del popolo basco, rappresentato persino dalla croce bianca dell’Ikurriña. I calciatori baschi furono anche pedinati dai poliziotti polacchi e così colsero al volo l’opportunità di giocare nella nascente Unione Sovietica. Quando arrivarono in terra russa il 15 giugno, la selezione fu accolta con lo stesso calore che si riserva agli eroi di guerra. In loro i bolscevichi vedevano il sacrificio e la lotta reale contro le forze fasciste. Le spese di viaggio e di alloggio furono tutte appannaggio dei sovietici. La selezione fu ospitata all’Hotel Metropol, uno dei più prestigiosi di Mosca e assistette ad una serie di eventi ufficiali del Paese. La nazionale basca rimase in Russia 5 settimane nelle quali affrontò le squadre cittadine di Leningrado, Tbilisi, Minsk e Kiev (qui si scontreranno con Trusevich, Kuzmenko, Timofeev, Goncharenko e Komarov, coloro che il 9 agosto 1942 saranno i protagonisti di quella che è passata alla storia come “La partita della morte“). E mentre lì in quegli stadi l’euforia era sempre accesa e si manteneva viva la speranza di vittoria, in Spagna la speranza, ultima a morire, morì. In quelle stesse settimane Francisco Franco entrava vittorioso nella città di Bilbao, decretando di fatto la vittoria della guerra. Da quel momento i giovani esuli baschi non ebbero più una patria.

Guernica
Il bombardamento di Guernica

La FEF, la federazione spagnola di calcio, istituita dall’incipiente dittatura e sciaguratamente avallata dalla FIFA (che sempre nella sua storia si è distinta per scelte a dir poco discutibili), non riconobbe l’Euzkadi, minacciando tutte le formazioni che intendevano affrontarla di sanzioni e ripercussioni politiche. Fu un periodo non facile. Senza casa, con molti dei loro conoscenti morti o arrestati, senza soldi (con il blocco franchista la nazionale basca non poteva più raccogliere fondi che fino ad allora servirono per finanziare il fronte repubblicano) e bollati come traditori ed estremisti anarchici dalla stampa franchista a quegli uomini non restò che rifugiarsi negli unici due Paesi che gli aprirono le porte: Cuba e Messico. E se nel Paese caraibico l’Euzkadi disputò solo poche partite, in Messico rischiò di vincere il campionato del Distrito Federal, campionato dilettantistico aperto ai club fondati da immigrati. Ed è proprio in Messico nel 1939 a guerra civile ormai finita che l’avventura dell’Euzkadi si concluse. Un finale amaro, costellato da polemiche, soprattutto contro il tecnico della selezione, Pedro Vallana, accusato di aver abbandonato la squadra due mesi prima dello scioglimento, preferendo soldi e fortuna in Uruguay. Pochi faranno ritorno in Patria; la maggior parte rimase in Sud America, alcuni continuarono a giocare, altri cercarono di riciclarsi. Tutti costretti a ricrearsi una vita lontano da casa. Un sacrificio, una dedizione dimenticati per oltre 40 anni. Solo nel 1987 il governo basco omaggiò ufficialmente quella nazionale che come nei miti greci partì per vincere una guerra, la perse, ma trovò la gloria.

Avrebbe rinunziato molto volentieri alla morte dell’eroe e del martire. Non aveva affatto voglia di fare una nuova Termopili o di essere un Orazio su un qualunque ponte o il ragazzo olandese che mise il dito in quella diga. No. Avrebbe preferito vivere un po’ di tempo con Maria. Sì, quello era il modo più semplice di esprimersi. Avrebbe passato volentieri molto tempo con lei.

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