Johann Trollmann

Johann Trollmann, l’uomo che prese a pugni il nazismo

Strano che Bob Dylan non abbia scritto una canzone su di lui, strano che, nonostante un film e molti libri dedicatigli, la storia di Johann Trollmann ancora oggi non sia conosciuta ai più. Pensate solo che il Premio Nobel Dario Fo nel 2016 gli dedicò un meraviglioso libro, Razza di zingaro, titolo che meglio non potrebbe riassumere lo sbeffeggiamento implicito solo nel nominare Johann Trollmann.

Razza di zingaro di Dario Fo

Farebbe ridere questa storia, farebbe divertire, se non fosse che il nazismo odiava soprattutto l’ironia, lo sfottò, quindi per Johann Trollman il destino sarà presto scritto: deportazione e morte in un campo di concentramento. Però, la storia di Trollman va raccontata, per capire quanto sia volgare il potere nella sua veste più maniacale, per capire quanto la libertà di un uomo debba essere la sfida più grande, sempre.

john trollmann

Facciamo un passo indietro; andiamo a Wilsche nel 1907, dove nasce Trollmann da una famiglia di origine sinti. Alto, con i riccioli, secco, nervoso; immediatamente il piccolo Trollmann diventerà “Rukeli“, l’albero. Ben gli si confà il soprannome, perché come un albero dovrà rimanere fermo e concentrato per non ascoltare le critiche che gli pioveranno addosso durante i primi anni di carriera per il suo stile troppo “danzato”, troppo leggero e poco virile. Stile, quello di Trollmann, che se non piace ai puristi, conquista invece le giovani ammiratrici della nobile arte della boxe, con cui il boxer sui generis pare si accordi durante gli intervalli tra un round e l’altro per incontri piccanti e piccole scappatelle. Il riccio e l’occhio nero che tanto lo distingueranno in quanto “zingaro” per il momento gli valgono solo come incipit per gli incontri galanti giocati in ben altri ring.

Johann Trollmann

Nel 1933 è il destino a presentare un’occasione strana a Johann: il campione in carica della Federazione Tedesca di pugilato, Erich Seelig, è un ebreo ed ha subito diverse minacce di morte. Per questa ragione deciderà di non combattere per la cintura dei mediomassimi, preferendo l’esilio in Francia. Trollmann si trova così catapultato nella bocca del lupo, alla birreria Bock di Berlino combatte contro Adolf Witt per il titolo della categoria. L’incontro va immediatamente nelle tasche di Trollmann nonostante i giudici, l’arbitro e tutto lo staff della federazione lo cerchi di pilotare verso la ragione ariana. Alla fine a furor di popolo il braccio alzato al cielo è quello dello zingaro, ma per poco. Dopo sei giorni infatti, viene ridiscussa la validità dell’incontro imponendo di ripeterlo. Ma la federazione non si limita a questO: a Trollmann viene imposto anche di non fare quei suoi balletti in mezzo al ring, di usare uno stile maschio, pena il ritiro della licenza di boxer. Trollmann capisce fin troppo bene cosa sta succedendo ma non decide di scappare, anzi provoca.

RUKELI

Completamente cosparso di farina bianca e con i capelli tinti di biondo si presenta sul ring nelle vesti della parodia del perfetto ariano. Si fa prendere a pugni fino al secondo round e poi, si lascia cadere con un sorriso sulle labbra. Qui inizia la fine. Rukeli è costretto ad abbandonare la boxe professionistica e scappare nei boschi in clandestinità. Abbandonerà moglie e figlia, per paura di fare subire loro le persecuzioni razziali, si farà castrare e alla fine sarà deportato nel campo di concentramento di Neuengamme nel 1941. Non uscirà più dalla persecuzione nazista e nel 1943 sarà sotto falso nome trasportato a Wittenberge dove infine troverà la morte.

johann trollmann

Ma certo lo zingaro non può morire come un perseguitato qualunque, ovviamente è il ring a decretare la sua dipartita. Sì, perché a Wittenberge viene riconosciuto da un kapó, ex pugile dilettante, che lo costringe a sfidarlo in un ring improvvisato proprio dentro al campo di concentramento. Inutile dire come finisce: il kapò viene umiliato al secondo round e Trollmann troverà la morte qualche giorno dopo a causa della vendetta dello sconfitto. Qualcuno dice che fu ucciso a badilate, altri con un colpo di pistola. Trollmann cade ancora una volta col sorriso tra le labbra, con lo sfottò stampato sul sorriso, diventando per sempre il simbolo di chi diverso dal potere non potrà mai adattarsi.

Non è a me che non piace il fascismo, sono io che non piaccio a loro” le parole che pronuncia Mastroianni in Una giornata particolare forse le avrebbe potute fare sue Trollmann con quel suo ghigno inconfondibile e sensuale.

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