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Gary Oldman contro i giocatori-attori

Gary Oldman ha lanciato la sua personale invettiva contro gli attori che recitano al cinema. Ce ne sono tanti di esempi e pare che questi abbiano creato all’attore americano un certo scompenso, visto il divertentissimo video in cui lancia improperi sui “poveri” giocatori del NBA che tentano di cimentarsi con la settima arte. Michael Jordan, Kareem Abdul-Jabbar, Shaquille O’Neal, solo per fare qualche nome, sono tra i tanti che, con più o meno successo, hanno tentato la strada del cinema parallelamente o in chiusura della carriera da cestiti.

Gary Oldman non perdona l’NBA ma va meglio al Football americano Insomma, l’argomento é diventato tristemente tabù dopo la triste vicenda di O. J Simpson, che peraltro interpretava ruoli comici in film per famiglie. Un disastro insomma.

Ma Gary Oldman pone un problema sensato, perché scegliere uno sportivo per una pellicola? Qual é la razio di una scelta simile? L’attore pone subito una questione, la popolarità. Sarebbe la “riconoscibilità” degli sportivi a portarli sul grande schermo. Riconoscibilità che però va intesa in almeno due modi. Infatti se da un lato c’è un aspetto meramente economico, faccio recitare uno sportivo molto famoso in questo modo compro della visibilità, dall’altro si pongono almeno due altre questioni. Inserendo uno sportivo di successo caratterizzo il film, lo connoto. Prendiamo il caso di Shaquille O’Neal, probabilmente l’esempio più eclatante e la vittima perfetta del monologo di Oldman con le sue ben 14 pellicole all’attivo. Pensare di scegliere Shaquille O’Neal solo per visibilità sarebbe suicida visti i suoi cache; la risposta sta altrove. Il campione americano grazie alla sua famigliarità con il pubblico riesce immediatamente a creare l’effetto famiglia; chi va al cinema sente di conoscere il protagonista sul grande schermo ci si immedesima, lo sente vicino. Questa sensazione di vicinanza se ci pensate é avvenuta sempre con gli attori più esposti pubblicamente. L’impegno politico di George Cloney, per tradizione famigliare a causa di un padre vittima del maccartismo o la trasgressione fuori dalla pellicola di James Dean hanno dato ai loro personaggi una profondità e una credibilità che arriva dalla vita reale, da un’immedesimazione totale fra uomo e personaggio. Processo che favorisce ovviamente la catarsi del pubblico che vive sulla propria pelle la vicenda narrata sullo schermo. Ecco perciò spiegato quale grande effetto realtà possa dare inserire un giocatore di fama conclamata in una pellicola. Ogni tanto ci dimentichiamo a causa della virtualità di molte delle nostre scelte quotidiane che quando la vita reale entra in un film, in una canzone, in un libro (pensate a quanto sia avvincente Open di André Agassi) l’effetto verità, è quindi immedesimazione, diventa  potente oltre misura.

Certo che un attore come Gary Oldman ha ragione nel lamentarsi di avere una professionalità rispetto ad un giocatore di basket nell’affrontare il lavoro del cinema, ma la domanda corretta da farsi sarebbe: siamo sicuri che studiare recitazione sia sempre meglio di una “faccia presa in prestito” per dirla con Paolo Conte? Martin Scorsese ci metterebbe un’ora a rispondere facendo mille distinguo. Lui che (guardare The Irishman per credere) ha usato tra i suoi personaggi sia la bravura di attori formati all’Actors Studio sia l’aderenza alla realtà di volti come quello di Joe Pesci, notato quasi per caso mentre lavorava come barbiere nel New Jersey. Per quanto riguarda gli sportivi che cercano affermazione nel cinema invece, la faccenda si complica e si sposta su più livelli. Da un lato allungare i guadagni vista la brevità della carriera sportiva, dall’altro il desiderio di rimanere immortali grazie alla magia del cinema. Quest’ultimo aspetto é lampante se pensate alla carriera di Pelé e alla sua rovesciata in Fuga per la Vittoria. La rovesciata nel film é preparata, ma é l’immagine con cui in molti ricordano la grande abilità dell’asso brasiliano che pure in campo aveva fatto anche di meglio. Un’ultima riflessione che dovremmo fare rispetto alla qualità della partecipazione di sportivi alle pellicole cinematografiche é sui risultati. Ha ragione Oldman nel dire che molti non sanno neanche parlare (inglese nel suo caso) e non sanno interpretare? Sui giocatori di basket faccio fatica ad esprimermi, sui calciatori qualcosa mi sento di dirla. Premesso che in Europa siamo più tolleranti sugli scambi di ruolo al cinema anche se fa un po’ ridere dirlo rispetto ad una Nazione che ha avuto un Presidente ex-attore, ma tant’è. Tra le tante partecipazioni più o meno ironiche a varie pellicole che si potrebbero segnalare, farei una riflessione su due casi eclatanti più uno che merita un discorso a parte.

I due casi paralleli sono quelli di David Beckham, mito del metrosexual fortemente voluto dal cinema, e di Vinnie Jones iconico calciatore degli anni ‘90 riciclatosi perfettamente sul grande schermo. Se per il primo nonostante la bellezza e la grande aurea il cinema si é rivelato un campo minato, complice una voce decisamente fuori luogo rispetto al volto, per Vinnie Jones le cose sono andate decisamente in modo diverso. La cattiveria sul campo del centrocampista gallese, ha costruito un personaggio entusiasmante grazie alla complicità di una bravura attoriale davvero inaspettata. Vinnie Jones ha all’attivo una sterminata filmografia, fra cui spiccano film generazionali come Lock and Stock, fonte di acclamazione sia per lui che per l’allora regista alla prima opera Guy Ritchie.

Caso a parte quello di Eric Cantona, uomo e giocatore già sui generis, che si é visto catapultato nel mondo del cinema nel ruolo di se stesso in una pellicola dolce e drammatica come Il mio amico Eric. Difficile criticare Cantona che fa Cantona a prescindere, ma se vedrete il film vi risulterà facile commuovervi per l’interpretazione di perfetta King Erick. Gary Oldman ha ragione o no quindi? La questione rimane aperta ma questo punto sorge spontaneo chiedersi come sarebbe un film in cui Gary Oldman interpreta un giocatore di basket a fine carriera. Questo sì sarebbe un bel capovolgimento di fronti.

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