Ammutinamento di Hesperia

L’ Ammutinamento di Hesperia, come il Barcellona diventò grande

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior. Il verso di Via del campo di De André è una delle frasi più celebri della storia della musica leggera italiana. Brano uscito nel 1967, in Catalogna vide la sua reale applicazione poco più di 20 anni più tardi. Il Barcellona infatti, non stava passando un gran bel periodo, tutt’altro. Correva la stagione 1987-88 e il presidente del club era Josep Lluis Núñez.

Un presidente non proprio amato dalla propria squadra, anzi. Non tanto per i risultati di classifica (nonostante il 6° posto finale in Liga sarebbe diventato il peggior risultato dal 1941-42), quanto più per questioni umane e professionali. In particolare, la storia del club catalano ha visto nel 28 aprile 1988 una sliding door che ha dell’incredibile. Alle ore 19:00, all’hotel Hesperia sulla Carrer dels Vergos, a 5 minuti in macchina dal Camp Nou, si tenne una riunione tra la squadra e il numero uno dei catalani, dove vennero portati alla luce problemi, impressioni e spaccature tra le parti. Il motivo era presto detto: il Ministero del Tesoro spagnolo stava indagando su ogni contratto blaugrana, ritenendo il pagamento di alcune tasse perché ogni membro della squadra avrebbe dovuto avere accordi di gioco e accordi sui diritti d’immagine separati. Quando i dirigenti del club insistettero sul fatto che i giocatori avrebbero dovuto compensare la differenza con il fisco, la squadra si riunì con il presidente Núñez.

La professionalità e l’onestà della squadra non possono essere messe in dubbio da nessuno; abbiamo perso tutta la fiducia nel presidente; ci sentiamo totalmente traditi professionalmente e umiliati umanamente dal presidente; il presidente non ha alcun rispetto per i fan; ha sempre cercato di comprarci e separarci; come questo club storico, con valori che hanno sempre rappresentato l’idiosincrasia del calcio catalano, si disumanizza in questo modo; in conclusione, anche se una petizione per le dimissioni del presidente è un diritto dei membri del club, la squadra suggerisce queste dimissioni

Il Barcellona era una squadra composta da Andoni Zubizarreta, Urruti, Covelo, Julio Alberto, Moratalla, Migueli, Miranda, Cristobal, Salva, Alexanko (il capitano), Manolo, Angel Pedraza, Sergi Lopez, Victor, Roberto, Urbano Ortega, Bernd Schuster, Calderé, Nayim, Gary Lineker, Carrasco, Clos, Amarilla, Linde e Lopez Lopez. L’allenatore era Luis Aragones, subentrato alla 5a giornata a Terry Venables. Seduti al tavolo di una sala conferenze, il capitano Alexanko, dalle spalle larghe e privo di timori, si rivolse al numero uno del Barça senza mezzi termini. I motivi erano 7, elencati in altrettanti punti:

La professionalità e l’onestà della squadra non possono essere messe in dubbio da nessuno; abbiamo perso tutta la fiducia nel presidente; ci sentiamo totalmente traditi professionalmente e umiliati umanamente dal presidente; il presidente non ha alcun rispetto per i fan; ha sempre cercato di comprarci e separarci; come questo club storico, con valori che hanno sempre rappresentato l’idiosincrasia del calcio catalano, si disumanizza in questo modo; in conclusione, anche se una petizione per le dimissioni del presidente è un diritto dei membri del club, la squadra suggerisce queste dimissioni.

Dritto e inequivocabile. L’ultimo punto fu di un incommensurabile peso e di una profonda entità politica. Núñez infatti, era da sempre disapprovato dai settori nazionalisti per i suoi sforzi nel rimuovere il Barça dall’influenza delle istituzioni. Questa dichiarazione fu firmata da tutta la squadra, sebbene Gary Lineker (in Ungheria con la nazionale inglese), Lopez Lopez (infortunato) e Bernd Schuster non fossero presenti alla riunione. Il centrocampista tedesco, un paio d’ore dopo, si dissociò da questa protesta: aveva già risolto la questione in precedenza ed in privato con il presidente. Núñez si difese, dicendo che il suo unico peccato fosse stato quello di pensare troppo ai giocatori e decise di sottoporre il problema all’arbitrato dell’Institute of Accounts Censors. Arbitrato che alla fine avrebbe dimostrato che i giocatori avevano ragione.

Tuttavia il danno era già fatto. La spaccatura, insanabile. Il mandato presidenziale di Núñez era in dirittura di arrivo, ma quest’ultimo non solo non aveva intenzione di dimettersi, ma voleva ricandidarsi ed entro l’inizio della stagione successiva l’intera rosa lasciò la squadra, tra giocatori a cui vennero rescissi i contratti da subito a quelli che invece, si vennero epurati a fine campionato. Anche Luis Aragones venne esonerato. Una rivoluzione vera e propria nei quali a cambiare sono stati tutti i componenti della rosa blaugrana. Tutti tranne uno, il portiere Andoni Zubizarreta. Il presidente catalano per rimanere al vertice del club aveva bisogno di una figura che riportasse serenità e stabilità all’ambiente. Un nome il cui d’impatto facesse effetto. Un nome come quello di Johan Cruyff (voluto fortemente dagli oppositori di Núñez stesso) che nel frattempo si era liberato – non senza polemiche – dalla panchina dell’Ajax.

Johan Cruyff sapeva chi fosse Núñez e aveva ben chiaro il fatto che l’interesse per lui non fosse dovuto a questioni di idee di gioco o di progetto, ma fosse solo e soltanto una mossa atta a tener salda la posizione del presidente del club. Il tecnico olandese, già giocatore blaugrana negli anni Settanta, giocò su questo e fece leva sulla necessità di Núñez di avere un uomo come lui alla guida della squadra per strappare una promessa che agli occhi dell’ex allenatore dell’Ajax era di vitale importanza: all’interno dello spogliatoio il presidente non avrebbe mai dovuto mettere piede. Una promessa per niente esaltante per Núñez, uomo che aveva sempre avuto il desiderio di avere tutto sotto il proprio controllo, ma che accettò.


Così, il 5 maggio 1988 nacque l’era di Johan Cruyff a Barcellona che invertì il trend, riportando il tutto esaurito al Camp Nou e cambiando modo di giocare al Barcellona, dapprima squadra dedita alla fase difensiva e poi trasformata nel Dream Team che ha fatto sognare una generazione e che ha illuminato la mente di molti dei suoi allievi, Pep Guardiola su tutti. Nel 1988-89 vinse la Coppa delle Coppe, nel 1989-90 la Coppa del Re, nel 1990-91 la Liga, nel 1991-92 la Liga, la Coppa dei Campioni, la Supercoppa di Spagna e la Supercoppa Uefa, nel 1992-93 la Liga e nel 1993-94 la Liga e la Supercoppa di Spagna, dando vita al ciclo (fino ad allora) più vincente di sempre nella storia del club che trovò la propria dimensione non solo in Spagna, ma anche in Europa. Dal letame dell’ammutinamento di Hesperia ai fiori della gestione di Johan Cruyff. Tutto, fuorché banale.

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