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Luis Sepúlveda, breve storia dell’uomo che insegnò ai portieri la solitudine

Se dovessimo raccontare la scomparsa di Luis Sepúlveda, dovremmo raccontarla come una fuga verso l’alto, come una storia di passione e di vita. Potremmo usare una tante metafore della vita a cui lo scrittore cileno ci aveva abituato. Stile appiccicaticcio e lento, politico e sensuale come nel romanzo che lo fece conoscer al grande pubblico, L’uomo che leggeva romanzi d’amore. La desolazione della concretezza della vita e la passione, sessuale o politica, che arrivano a spostare verso l’alto lo sguardo di chi sa ancora a volare. Volare come quella gabbianella rimasta orfana a cui un gatto insegna quel gesto di libertà imprescindibile per Sepúlveda. Così nella storia ormai celebre, diventata anche un cartone animato, Luis Sepúlveda metteva in mano a bambini ed adulti una splendida metafora di vita. La solidarietà, la pazienza, ma anche la rinascita dopo una sconfitta, sapersi rialzare. E lo scrittore cileno di rinascita se ne intendeva, lo aveva fatto tante volte anche dopo le situazioni più terribili. Come quando giovane da socialista decise di proteggere Salvator Allende insieme alla guardia denominata “Gruppo Amici Del Presidente”. Un pugno di ragazzi che armati di soli fucili tennero in scacco le forze golpiste per ore. Ma a quel gesto eroico seguirono fucilazioni, mutilazioni e corpi ammassati in fosse comuni, destino a cui lo scrittore cileno sfuggì per astuzia, fingendosi morto. Ma da quella violenza, da quell’orrore, Sepulveda non si fece mai scalfire; il suo scrivere era un inno alla vita e alla passione. Passione per la poesia, per il cibo, per l’amore. Quell’amore che può andare e tornare a distanza di anni, come accaduto con la sua prima moglie Carmen Yáñez. Un amore stanco dopo aver visto negli occhi la morte, probabilmente quei due destini attorcigliati ad una storia così brutta non potevano darsi rinascita. Fu così che i due si sposarono con un altro uomo e un’altra donna, per poi rincontrarsi dopo molti anni e riscoprirsi vicini, innamorati, e quindi finalmente volare verso nuove nozze.

Ed é proprio l’ultimo viaggio, dopo aver girato il mondo cercando la pace e la libertà, che ci dona un uomo con ancora tanta gioia nel cuore, tanta passione. L’ultima casa che Sepúlveda acquista con la moglie é nelle Asturie, nella Spagna da cui il nonno era fuggito settanta anni prima per una condanna a morte in quanto anarchico. Le Asturie ci regalano un ultimo ritratto di Luis Sepulveda finalmente libero di godere le sue passioni, in una terra che é un ricongiunzione astrale con il suo passato famigliare e politico. Diventerà tifoso dello Sporting Gijon, la squadra locale, e non solo per ragioni geografiche. Ancora una volta c’è qualcosa di più. “È la squadra dei minatori, della resistenza anti-franchista”  – disse alla Gazzetta Sportiva lo scrittore cileno – “Ha mantenuto il colore rosso sulla maglia anche durante la dittatura franchista“.

Passione per la lotta, per gli uomini di fatica che lo porteranno ad incontrare un grande amico italiano Marco Giampaolo, allenatore di Sampodoria e Milan, con cui lo scrittore amava trattenersi a scambiare opinioni di calcio. Sepúlveda non ha mai scritto nei suoi libri di sport, almeno non in maniera specifica, ma la sua passione verso il calcio ha avuto diverse volte modo di esprimersi, soprattutto come racconto di uomini, meglio se soli. Ed é proprio alla solitudine nello sport che Sepúlveda dedicherà un pensiero bellissimo durante una trasmissione Rai dedicata alla figura letteraria del calcio di rigore. Chiamato a commentare in quanto proveniente dal Sudamerica, ovvero il continente che ha inventato il racconto amoroso del calcio, Sepúlveda portò alla luce il portiere come una figura riflessiva, silenziosa, ma anche come un ottimo incipit per un romanzo. “Ci sono molte situazioni letterarie nel calcio: forse la più letteraria è quella della solitudine di chi aspetta il tiro o di chi sta per calciare il rigore. Ma ce n’è un’altra che mi ha sempre affascinato: quando la squadra sta giocando nel campo avversario e il portiere rimane solo. Questo mi ha sempre fatto riflettere. Cosa starà pensando? Si rilassa? È tranquillo? E cosa succede quando tutti vengono verso di lui? C’è un meccanismo mentale molto curioso, che si può intravedere nei movimenti. Per esempio i portieri vanno sempre verso i pali, li accarezzano, si toccano i guanti per sentire la sensibilità delle mani. È una situazione che credo sia molto letteraria. Se dovessi scrivere un saggio sul calcio mi occuperei proprio della solitudine del portiere”.

giampaolo sepulveda
Giampaolo legge Sepúlveda

La solitudine del portiere deve essere quella che Luis Sepúlveda avrà sperimentato nei suoi due ultimi mesi di vita all’ospedale di Oviedo. Una lotta durata due mesi che il mondo ha seguito con il fiato sospeso. Questa volta sembra che lo scrittore ci abbia abbandonato, ma nel farlo, siamo sicuri, avrà mosso alcuni passi di danza come uno dei protagonisti dei suoi libri. Addio Luis.

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