Giovinette, le calciatrici che sfidarono il Duce

Giovinette, le calciatrici che sfidarono il Duce e commuovono Beppe Sala

I libri servono a ricordare, ricordare serve a capire da dove veniamo. Se sappiamo da dove veniamo, avremo più possibilità di cambiare il futuro. Almeno questo ci hanno insegnato a scuola e forse in alcuni casi si dimostra una speranza ben riposta. Sicuramente lo é nel caso del libro di Federica Seneghini, Giovinette, Le calciatrici che sfidarono il Duce, che andando a ripescare una vecchia storia tutta milanese ha riacceso la voglia di memoria di una città e delle sue istituzioni.

Giovinette, le calciatrici che sfidarono il Duce

Alla pubblicazione del libro, ottimo testo a cui sarebbe bastata anche solo l’originalità del tema ma che gode anche il vantaggio di essere scritto moto bene, é seguito un dibattito attento e commosso che ha toccato anche il sindaco Beppe Sala che si é impegnato a dedicare una via al gruppo di donne che (anche) attraverso il calcio si opposero al Fascismo. É facile intuire come questa storia raccolta e rielaborata dalla Seneghini sia un modo semplice e chiaro di far capire anche ai più giovani cosa abbia voluto dire vivere il Fascismo nella sua esplicazione quotidiana. Comprendere cosa sia il fascismo vuol dire confrontarsi con un regime che non imponeva “solo” una visione politica, ma che entrava in ogni scelta del quotidiano, scelte morali o ludiche che fossero.

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Ma alle Giovinette va riconosciuto un grande merito oltre all’appena citato pregio di raccontarci il fascismo quotidiano, cioè quello di inserirsi in un dibattito molto interessante sul rapporto tra sport e condizione della donna, una aporia del pensiero di regime che finalmente in questi anni molte scrittrici stanno cogliendo. Per cogliere il senso di questo dibattito dobbiamo addentrarci tra le pagine del libro. Giovinette si apre con un bello scorcio su una domenica a Milano nel 1932, tra le strade che stanno attorno a Porta Venezia e i suoi giardini. Un gruppo di amiche con la passione dello sport, leggendo un articolo della Domenica del Corriere, si sentono incoraggiate a raccogliere la sfida di una loro, la Zanetti, ovvero provare a giocare a calcio in barba ad ogni regola e convenzione sociale che voleva le donne coi gonnellini ad odorare le rose. Le ragazze timidamente iniziano a provare il gioco del calcio, all’inizio con i gonnelloni e con una atteggiamento “modesto” perché quello era l’atteggiamento da tenere per un gruppo di donne che praticava sport. Come ovvio le ragazze in men che non si dica nei loro incontri sul campo perderanno ogni modestia e ogni atteggiamento “femminile” per far spazio al sacro fuoco dell’agonismo calcistico.

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Se cresce l’impegno per il gruppo delle donne calciatrici, cresce anche la voglia di assomigliare sempre di più alle squadre maschili, cioè avere delle magliette da professioniste, avere uno sponsor e un pubblico ad applaudire le loro imprese. Tutte cose che alla spicciolata o un po’ per caso arriveranno anche grazie all’attenzione che ripone da subito nel calcio femminile Carlo Brighenti, addetto stampa del divino Tazio Nuvolari e grande visionario dello sport in tutte le sue coniugazioni. Piano piano il fenomeno cresce, le ragazze raccolgono l’attenzione di pubblico e giornali, ma dietro questa popolarità si cela una battaglia interna al regime. 

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Se infatti al CONI si considera lo sport femminile come un’esaltazione della razza italiana, per quanto riguarda il calcio il problema è che non lo si considera uno sport adatto alla figura femminile e alla sua armoniosità. In questo punto il libro si fa molto interessante perché coglie la sfumatura ideologica che ha attraversato il Fascismo nel suo radicalizzarsi come scelta totalizzante prima che totalitaria. Si coglie infatti, molto bene nel libro come se all’inizio tutto questo viene tollerato dai gerarchi fascisti, sarà con Starace, direttore del CONI e cretino obbediente, che il calcio sarà vessato come sport che contraddice e danneggia la figura della donna nella sua funzione più importante: fare figli, sfornare italiani.

In Giovinette si coglie quali furono le ripercussioni delle contraddizioni di un regime che pretendeva di controllare gusti e scelte di un’intera nazione. É curioso scoprire ad esempio, come il ruolo del portiere era considerato un ruolo non adatto alla condizione femminile perciò per continuare a praticare il calcio le ragazze furono costrette a comprendere nella propria formazione dei bambini nel ruolo dell’ultimo difensore. La questione del portiere é emblematica di tutta la situazione: secondo il Fascismo le pallonate al corpo femminile avrebbero potuto danneggiare gli organi riproduttivi considerati sacri dal regime.

l forte impatto dello sport sulla formazione del carattere e della propria libertà individuale é sicuramente la caratteristica più preziosa di Giovinette

Giovinette é un romanzo affascinante, arricchito nelle ultime pagine dalle biografie delle donne protagoniste del racconto,Rosetta Boccalini in Gilardi, Grazia Barcellona, Losanna Strigaro, insieme agli altri personaggi, mostrando come quella scelta di opporsi al Fascismo attraverso il calcio si trasformò nel tempo in una vera e propria battaglia politica. Il forte impatto dello sport sulla formazione del carattere e della propria libertà individuale é sicuramente la caratteristica più preziosa di Giovinette, un romanzo importante per scoprire la storia di chi ha combattuto anche per le cose più semplici e scontate per noi, come il potersi godere una bella partita di calcio femminile.

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