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La Jordanizzazione dello sport

La notizia non è più vecchia di qualche manciata di ore fa: il brand Jordan sarà lo sponsor ufficiale di tutte le divise Statement Jerseys, ossia le canotte utilizzate nelle partite importanti, di prestigio o tra squadre rivali delle 30 franchigie della NBA. Non è solo un cambio di marchio sulle maglie della lega più influente della pallacanestro, ma è il perfetto epilogo dell’era “jordaniana” del basket.

Michael Jordan è stato, senza ombra di dubbio, il cestista, forse l’atleta, più carismatico, mediatico, estremo, cannibale degli anni Novanta. Ha cambiato un mondo, una cultura, ha portato tanto dentro la Lega e dentro il modo di fruire il gioco, tra cui la collaborazione con Nike che è diventata la più redditizia, ambo i lati, della storia dello sport. Nel 1984 la collaborazione tra Nike e il talento (perché all’epoca non era ancora il fenomeno che poi sarà) dei Chicago Bulls dà vita alle Air Jordan. Quel modello di scarpe sono figlie della stretta di mano tra Michael e i vertici di Nike. Era cruciale per Jordan avere il via libera sulla creazione di un modello che possedesse il suo nome. Non ci fu scelta migliore. Da quel momento in poi le Air Jordan, trascinate dal continuo successo in campo dell’incontenibile talento di Michael, diventano un cult per qualsiasi appassionato di basket, e non solo. Un vero e proprio gioiello da indossare, sia per andare in lunetta al parco, sia per uscire con gli amici.

Qualche anno dopo, più o meno dal 1987, il simbolo Jumpman non avrebbe contraddistinto solo un paio di scarpe, ma un’intera linea, fino ad arrivare ad avere un vero e proprio total look: dalla testa ai piedi. Oggi, a 33 anni di distanza da quell’exploit del marchio, costola di Nike, l’intera Lega NBA sarà sponsorizzata dal cestista più influente della storia del gioco. Jordan, che di per sé non decide nulla o quasi all’interno di quella azienda, si ritrova a vestire ogni franchigia. Come a ribadire la sua potenza, la sua fame, la sua veemenza, il suo cannibalismo, la sua eterna competitività. È come se Jordan fosse Pac-Man e le 30 franchigie dell’NBA i fantasmini che cercano di scappare: non importa quanto tempo passa, ma prima o poi vi prendo. E così è stato.

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La collezione Jordan Brand per il Paris Saint German

C’è chi ci vede questo e chi invece vede una strategia di marketing ben precisa, ben architettata, dopo il grande successo di un altro grande prodotto, uscito recentemente, di cui si è parlato tantissimo e che ha avuto al centro sua Maestà Michael Jordan, sto parlando ovviamente di The Last Dance. Nike avrebbe deciso di intensificare le attività con il marchio Jumpman. Già dallo scorso anno, infatti, Jordan si è fatto largo, con una penetrazione sotto canestro delle sue, in un altro grande sport dove Nike è presentissima, il calcio. La partnership con il Paris Saint-Germain, la squadra più blasonata e vincente degli ultimi anni in Francia, e Jordan è stata un unicum che presto prenderà il largo con altre sponsorizzazioni. Nike ha capito, anche grazie alla mediaticità straordinaria che ha avuto The Last Dance, che Jordan non è solo un brand di un ex cestista fenomenale, ma un modo di vivere, un modo di affrontare la vita, le difficoltà, i pericoli, di affrontare lo sport, le sfide, la competizione e quello della “conquista” dell’NBA è solo il primo passo di una lunga strada verso una possibile Jordanizzazione dello sport in cui Nike è già fortemente padrona.

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