Nick Kyrgios

Nick Kyrgios, io sono leggenda

L’unico vero talento in grado di contrastare il virus tennistico che ha cannibalizzato il circuito, ormai da quasi 3 lustri, è un vivace giovane australiano incredibilmente bravo sul campo ed altrettanto capace di cinguettare sui social. Figlio di un ingegnere informatico greco e di una discendente della famiglia reale della Malesia, l’australiano Nick Hilmy Kyrgios è uno dei pochissimi giocatori, in attività e non, che hanno battuto sul campo ognuno dei fab three (Djokovic, Federer e Nadal) in occasione del loro primo confronto. Nadal lo ha battuto sull’erba di Wimbledon nel 2014 a soli 19 anni permettendosi il lusso di effettuare un colpo vincente tra le gambe (tweener) per poi esultare come un adolescente ai campetti dell’oratorio.

Da quel momento il rapporto col fenomeno spagnolo non è mai decollato e le loro partite, spesso molto combattute, hanno regalato anche momenti di grande tensione. Epico è stato lo scontro negli ottavi di finale dell’ATP 500 di Acapulco dello scorso anno in cui Nick ha domato Nadal in 3 ore, salvando 3 match point, dopo che nel primo set aveva annunciato al giudice di sedia che non stava bene e che “provava” a giocare un paio di games. Nadal non la prese bene tanto che, nella conferenza stampa dopo il match, i due non se le mandarono a dire, con lo spagnolo in modalità “toro ferito” che faceva i complimenti insinuando che Nick avrebbe le potenzialità di vincere Slam ed essere il n°1 al mondo, ma che se non lo era “evidentemente c’era un motivo”, accusandolo inoltre di mancare di rispetto ad avversari e pubblico. Nick dal canto suo rispose per le rime: “Io e Rafa siamo diversi. Lui non conosce il mio percorso, non sa niente di me. Io gioco così. Lui gioca a modo suo. È molto lento tra un punto e l’altro, e il regolamento dice che devi adeguarti al ritmo del giocatore che è alla battuta. Rafa controlla il tempo in ogni momento. Ma non voglio commentare lui, né il suo gioco. Io ho il mio, lui il suo”. Nick ha definito Nadal “salty loser” puntando il dito sulla scarsa sportività dello spagnolo.

Nick Kyrgios

Per Roger Federer la sconfitta arrivò dopo un tiratissimo match sulla terra rossa di Madrid nel 2015, al termine del quale Nick gridò al mondo la sua felicità per aver sconfitto quello che è stato fin da bambino il suo indiscusso idolo. Nei successivi incontri i due hanno dato grande spettacolo anche se la vittoria è andata sempre allo svizzero. Agli US Open nel 2018 Nick ha imitato il servizio di Federer durante la partita e lo svizzero, con la consueta diplomazia, dichiarò in conferenza stampa di sentirsi felice nell’essere un esempio per le nuove generazioni. Roger, a differenza dei colleghi, è riuscito a detonare l’esuberanza di Nick, sul campo e fuori, senza risparmiargli qualche critica mascherata da consiglio.”Nick non ha bisogno di migliorare il suo gioco” – ha recentemente dichiarato lo svizzero – “ha un buon dritto ed un discreto rovescio, serve in maniera eccellente ed è dotato di un ottimo gioco al volo. Sappiamo tutti, però, che il suo problema è la testa: per il resto sa di poter battere tutti e lo ha già dimostrato.

Nick sconfigge la prima volta Novak Djokovic sempre ad Acapulco nel 2017, dopo una partita molto equilibrata in cui il serbo ha giocato meglio ma dove Nick ha prevalso per la tenuta mentale con cui ha pazientemente aspettato l’errore (raro) dell’avversario invece di avventarsi in tattiche di colpi vincenti ad alta probabilità di errore. Neanche con Novak è sbocciato l’amore; memorabile è l’intervista nel 2019 in cui Nick ha detto di Djokovic “Mi sembra che abbia un’ossessione, malata, nel cercare di essere apprezzato. Vuole essere come Roger (Federer). Mi sembra che voglia essere amato a tutti i costi: per questo, non riesco a sopportarlo”. Djokovic gli ha risposto con diplomazia senza alimentare polemiche ma è difficile pensare che quelle parole non lo abbiano ferito. In fondo Nick e Nole sono molto più simili di quello che appare oggi. Entrambi infatti adorano scimmiottare i colleghi cogliendo i lati più comici dei comportamenti in campo. Se Nick ha spesso imitato in campo gli atteggiamenti dei colleghi (come dimenticare l’imitazione della preparazione al servizio di Nadal), Djokovic ad inizio carriera amava fare altrettanto, ossia imitare le gesta dei grandi campioni, contemporanei e non, per suscitare l’ilarità del pubblico. Nole ha smesso con le imitazioni nel momento in cui ha cominciato a vincere con continuità, quando probabilmente non aveva più bisogno di polarizzare le attenzioni del pubblico con mezzi diversi dalle vittorie. Nick non è ancora arrivato a quel punto, e difficilmente ci arriverà. Diversamente da Novak, Nick non cerca conferme dall’esterno, semplicemente è senza filtri e fa quello che pensa, giusto o sbagliato che possa apparire. Sicuramente si trova a suo agio nello spettacolo, lo vuole creare ed è abilissimo in questo.

Kyrgios e la sua imitazione di Nadal

Ci basta ricordare il siparietto nel 2019 a Cincinnati in cui Nick chiese il permesso di uscire dal campo per andare alla toilette ed invece, si mise a parlare con le sue due racchette che finirono distrutte contro il pavimento; oppure la sedia che ha lanciato in campo durante un match agli Internazionali d’Italia sempre nel 2019 e che gli è costato la squalifica dal torneo. Tra questi due episodi anche la vittoria a Washington con match point giocato su “consiglio” di una spettatrice. Questi fatti, e molti altri che sarebbe difficile raccontare in un solo articolo, hanno contribuito a creare l’immagine di un giocatore “sopra le righe”, pazzo, più odiato che amato in un circuito dove vige una facciata di correttezza e rispetto, lontana dalla realtà che si cela dietro le quinte.

Nick ha più volte esagerato, come fece ad inizio carriera, a 20 anni, durante un match contro Wawrinka, quando gli comunicò sul campo che la sua fidanzata di allora, Donna Vekic, aveva una liaison con un collega australiano. Kyrgios fu multato dalla ATP e ricevette le critiche di tutto il circuito che già lo considerava una testa calda ed un irrispettoso. Nick rappresenta però, a mio parere, una voce unica fuori dagli schemi, lontano dal mainstream. Come sappiamo non è il giocatore nato sulla strada, probabilmente il guadagno è l’ultimo dei suoi pensieri e lo si vede nelle scelte ardite e controcorrente che fa, l’ultima proprio in questi giorni, in cui dopo aver criticato pesantemente la figuraccia internazionale rappresentata dall’Adria Tour, ha comunicato in un emozionante video la sua assenza allo US OPEN rilasciando la seguente dichiarazione:

Ricordiamo ciò che è veramente importante, cioè la salute e la sicurezza come comunità. Possiamo ricostruire il nostro sport e la nostra economia, ma non riusciremo mai a recuperare le vite perse”, e ancora “i tennisti devono agire nell’interesse di tutti e lavorare insieme. Non possono andare in giro a ballare sui tavoli, o fare soldi in tutta Europa a cercare di guadagnare velocemente organizzando tornei di esibizione. Questo è estremamente egoista [..] Non giocherò gli US Open. Mi fa male il cuore, ma lo farò per la gente, per i miei australiani, per le migliaia di americani che hanno perso la vita, per tutti voi

Nick, in un recente battibecco con Borna Coric, partecipante dell’Adria Tour nonché vittima del Covid, ha fatto notare come tutte le idiozie che lui ha commesso sul campo di gioco, le racchette, le sedie, gli insulti,  siano uno scherzo da bambini rispetto alla gravità dei comportamenti di alcuni suoi colleghi che hanno, molto probabilmente, incrementato il rischio dei contagi, come purtroppo si è verificato nei paesi Balcanici.

Nick non ha solo un servizio impressionante, colpo che a detta sua non allena mai, un diritto esplosivo, una tecnica sopraffine ma ha anche un cervello che funziona molto bene. Il giovane “aussie” si muove sui social almeno altrettanto bene di come si muove in campo. I suoi cinguettii hanno grande risonanza così come le tendenze che crea su IG. Famose sono le sue immagini delle entrate in campo con le cuffie Beats in cui assomiglia più ad un artista hip hop che ad un giocatore. Recentemente Nick ha cominciato a postare video ed immagini dei suoi allenamenti, rigorosamente senza allenatore, vestito con le casacche NBA di alcune squadre (Lakers, Celtics, Bulls) lanciando di fatto un nuovo trend subito raccolto da alcuni famosi next gen, tra cui il russo Khachanov, che si è mostrato con i colori dei Miami Heat, e la nostra giovane promessa Jannik Sinner che si è fatto riprendere con la casacca di Houston. Il talentuoso australiano ha subito rivendicato la sua firma cinguettando un protervo “Wonder who started this trend”, chi osa contraddirlo ?

Nick rappresenta certamente un punto di rottura con un circuito che tende a replicarsi uguale a se stesso, come un Matrix qualunque, in cui la diversità non è accettata. Tutto è cominciato uniformando i materiali, uniformando le superfici per finire con la forgia del pensiero unico, dove bisogna sempre ringraziare gli sponsor, lodare l’avversario, dove tutti sono bravissimi, gentilissimi, affabilissimi. Nick non ci sta, certo non ha bisogno, ma proprio per questo motivo la sua rivoluzione ha un senso più genuino, più vero. Robert Neville, in Io sono leggenda, si è sacrificato per salvare l’umanità, Nick a suo modo si espone ricevendo critiche ed insulti dai colleghi che, protetti da una campana di vetro, si oppongono al cambiamento. Ma lui ama questo sport, a tal punto da abbandonare il basket, altra sua grande passione, e lo ama per quello che è: un rettangolo colorato con una rete in mezzo, delle palline pelose da colpire con una clava moderna bucherellata e leggera. Un gioco, un banale gioco di destrezza e di psicologia che finisce dopo l’ultimo punto. Tutto il resto è noia.

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