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Athletes Unlimited: uno sguardo al futuro dello sport femminile di squadra

Lanciare una nuova lega sportiva nel 2020 non è stata, a posteriori, la migliore delle scelte. Provare a chiedere a Vincent McMahon e alla sua rediviva XFL, inizialmente accolta con grande entusiasmo e poi “vittima” del Covid-19 dopo sole quattro giornate di gioco e da poco rilevata per un ulteriore ri-rilancio dall’attore ed ex-wrestler professionista Dwayne “The Rock” Johnson. Al contrario, il progetto della Athletes Unlimited e del suo breve, ma intenso campionato di softball non solo ha generato un discreto interesse di pubblico –ovviamente solo televisivo– ma è apparso fin da subito solido e innovativo.

Athletes Unlimited rappresenta un nuovo modo di concepire lo sport professionale di squadra, declinato al femminile. L’idea è stata ufficialmente lanciata ad inizio anno, appena prima dell’esplosione della pandemia attualmente in corso, e, alquanto curiosamente, già prevedeva uno dei concetti che ha dominato lo svolgimento della pratica sportiva professionale di questo ultimo periodo: la “bolla”, un’unica sede delle manifestazioni agonistiche organizzate.

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Ma gli aspetti interessanti della Athletes Unlimited non si fermano solo a questo isolamento forzato. Infatti, per 6 settimane a partire da fine agosto, 56 atlete (di cui ben 19 appartenenti ai roster delle 6 nazionali qualificatesi per le Olimpiadi di Tokyo), divise in 4 squadre, si sono sfidate nello stadio di Rosemont (cittadina ubicata nell’area metropolitana di Chicago) per decretare la migliore giocatrice di Fastipitch Softball del pianeta. L’obiettivo finale non è stato quello di incoronare la vincitrice di un campionato in una specifica formazione, bensì di riconoscere i dovuti onori alla più abile tra le atlete presenti.

L’idea sportiva di base è stata quella di generare interesse sulle singole atlete piuttosto che sulle squadre partecipanti

Ogni squadra ha giocato tre partite alla settimana e, sempre ogni sette giorni, le atlete sono state re-draftate per consentire un rimescolamento dei valori in campo ed offrire al pubblico nuovi scenari di gioco. Le migliori quattro atlete della classifica parziale al termine della prima settimana di gioco sono state nominate “capitane” e, in quanto tali, hanno poi direttamente scelto le loro nuove compagne, creando un quartetto di nuovi team; e così via, per altre tre volte.

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Alla fine del campionato la classifica di riferimento non è stata quella classica alla quale, almeno per gli sport di squadra, siamo tutti abituati ma, bensì, un ranking individuale che ha messo in fila la giocatrice più abile e performante fino a quella meno capace di ottenere punteggi rilevanti. L’idea sportiva di base è stata quella di generare interesse sulle singole atlete piuttosto che sulle squadre partecipanti che, come abbiamo visto, risultano essere un mero showcase e poco più.

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Il valore aggiunto della AU, però, risiede altrove. Non ce ne vogliano l’eccelsa Cat Osterman, una delle lanciatrici più forti del pianeta, o la nostra Erika Piancastelli, la quale ha ottenuto un eccellente quarto posto assoluto ed il riconoscimento quale migliore fuoricampista della competizione, ma a parere di chi scrive, il dato saliente della Athletes Unlimited è rappresentato dalla impostazione organizzativa e manageriale in senso stretto. Il Softball professionale ha sempre vissuto negli Stati Uniti seri problemi di sostenibilità economica, nonostante il grande successo di pubblico a livello di college – non a caso molte grandi atlete a stelle-e-strisce hanno a più riprese svernato qui nel Belpaese, giocando nella nostrana Italian Softball League.

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Il concetto proposto dalla Athletes Unlimited prevede un pacchetto salariale minimo di 10.000 dollari per le sei settimane di impegno atletico collegato ad un sistema di incentivi, basati sulle prestazioni individuali e di squadra, che può portare il compenso a 35.000 dollari circa. Non solo, le “pioniere” che hanno preso parte a questa prima stagione riceveranno parte degli eventuali profitti generati dalle stagioni di gioco che si svolgeranno per i prossimi 20 anni, e lo stesso “piano ventennale” verrà garantito alle atlete che verranno messe sotto contratto per la stagione 2021. È chiaro che, a livello di puro investimento economico, ancora non si può sapere nulla dell’eventuale profittabilità di questa intrapresa così dilatata nel tempo, ma l’obiettivo è quello di rendere le atlete partecipi alla governance dell’Athletes Unlimited.

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La “creatura” ideata e finanziata da Jon Patricof (ex Presidente dei New York City F.C. della MLS e Presidente, tra le altre cose, della società che gestisce ed organizza il Tribeca Film Festival) e da Jonathan Soros (CEO della JS Capital Management, fondo di investimento di enorme successo e figlio del ben più noto George) ha eliminato, per la prima volta nella storia dello sport professionistico americano, la “franchigia”, responsabilizzando finanziariamente ed economicamente le atlete, dando loro una visibilità ed una preminenza che va oltre il successo della lega stessa. L’esatto opposto della NCAA, cioè l’organizzazione – formalmente non-profit – che sovraintende allo sport universitario americano e, di fatto, sfrutta le prestazioni gratuite dei suoi atleti-studenti garantendo nel contempo salari a sei e sette cifre ad allenatori e dirigenti.

La AU ha eliminato, per la prima volta nella storia dello sport professionistico americano, la “franchigia”, responsabilizzando finanziariamente ed economicamente le atlete

La AU non vede gli atleti come “pedine” intercambiabili a propria completa disposizione e, soprattutto, non chiede riconoscimenti dall’alto (come, ad esempio, la ben nota richiesta di parità di ingaggio rispetto agli atleti maschi presentata dalle calciatrici americane, domanda che, nonostante sia animata da nobili intenti, si scontra, però, con il principio di sostenibilità economica), ma cerca di proporre un prodotto innovativo, diverso e all’avanguardia.

Sheilla-Castro
Sheilla Castro

La Athletes Unilimited, però, non ha intenzione di fermarsi qui: stante il successo ed il riconoscimento ottenuto da questa prima stagione agonistica, è stata confermata l’intenzione iniziale di non fermarsi al gioco del batti-e-corri. Per il 2021 il line-up dell’offerta sportiva verrà arricchito dall’arrivo della pallavolo (è di qualche giorno fa la notizia della firma del contratto della fortissima brasiliana Sheilla Castro), mentre è già allo studio la sostenibilità di altre leghe targate UA per coprire il basket, l’hockey su ghiaccio, il lacrosse, il calcio e la pallavolo maschile.

Risalto alle atlete, sostenibilità economico-finanziaria e innovazione del concetto di competizione agonistica rappresentano le punte di diamante di questo progetto

Risalto alle atlete, sostenibilità economico-finanziaria e innovazione del concetto di competizione agonistica rappresentano le punte di diamante di questo progetto così particolare che, purtroppo, ha avuto davvero poco risalto qui nel Vecchio Continente. Lo sport femminile, così in crescita negli ultimi anni, sta tracciando una via da tenere decisamente sott’occhio. La Athletes Unlimited rappresenta un’idea coraggiosa che potrebbe avere tracciato il futuro degli sport professionali di squadra sia maschili che femminili che, a tutt’oggi, vengono ritenuti “minori”.

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