israele scozia

Cosa sta succedendo in Israele?

Situazione davvero calda nello Stato d’Israele, in rissa costante tra politica e società, soprattutto, riguardo alla gestione del Covid-19. Il lockdown praticamente non è mai cessato, complice una riapertura delle scuole sfortunata che ha portato a centinaia di contagiati fra gli insegnanti delle scuole materne ed elementari. E in un territorio gravato da tensioni continue sui confini, questa chiusura totale non poteva che portare ad un acceso dibattito pubblico. Vittima, ma anche carnefice della pubblica discussione, questa volta é un ex calciatore, un mito del calcio israeliano come Eyal Berkovic, personaggio pressoché intoccabile per l’opinione pubblica.

Eyal Berkovic
Eyal Berkovic

Eyal Berkovic, che ha rappresentato per il calcio israeliano una vetta non ancora eguagliata, ha militato nel Maccabi Haifa con cui ha vinto due campionati israeliani di fila prima di sbarcare nell’arena della Premiere League. Negli stadi inglesi il centrocampista israeliano si é guadagnato un grande rispetto ed un ottimo curriculum, giocando da prima nel Southampton (in una stagione di grazia della squadra), nel West Ham e nel Blackburn, prima di approdare al grande Manchester City, dove si mise in mostra nella stagione della vittoria del campionato del 2001-2002. Un palmares invidiabile ed un carattere incontenibile sempre pronto alla rissa, é stato definito dal grande scrittore Etgar Keret come “uno in grado di far perdere le staffe ai 22 giocatori in campo“, compagni inclusi. Ecco, diciamo che la definizione di Etgar Keret ancora oggi calza a pennello nonostante l’ex calciatore abbia raggiunto la soglia dei 48 anni.

Intervenuto ad un programma televisivo insieme alla Ministra dei trasporti, Miri Regev, Berkovic ha mostrato tutto il proprio disappunto per il partito di destra israeliano, Likud. Parere che non é passato inosservato (visti anche i toni) alla Ministra, che ha subito chiesto a Eyal Berkovic di scusarsi in diretta per le affermazioni che avrebbero offeso migliaia di elettori – il Likud è ancora il primo partito in Israele, guidato dall’inossidabile Benyamin Netanyahu. Ma proprio come quando solcava con grande carisma i campi di calcio, Eyal Berkovic ha rincarato la dose, invece di mitigare la propria posizione, aggiungendo accuse ben più gravi e apostrofando Netanyahu con il titolo di “Bibi“, nomignolo non certo affettuoso. Le reazioni del Likud non si sono fatte attendere, sino ad arrivare alla minaccia più pesante per la star del calcio israeliano: “Se continui così non allenerai mai la nazionale“.

Miri Regev
Miri Regev, Ministro dei Trasporti israeliano

Minacce sconcertati visti i pessimi risultati nelle ultime sfide della squadra israeliana, che dopo la brutta sconfitta ai calci di rigore con la Scozia dovrà saltare anche l’Europeo. Partita brutta quella con la Scozia, segnata dell’errore decisivo di Zahavi che piangerà sconsolato negli spogliatoi fino alla chiamata consolatoria proprio di Netanyahu. L’incontro del resto era stato segnata nei giorni precedenti da un episodio di anti-sionismo: i tifosi del Celtic avevano scritto sui muri del Firhill Park “il sangue palestinese segue Israele“. Un episodio che rimanda alla pressione internazionale a cui la squadra dì Israele é costantemente sottoposta. Pressione che forse potrebbe essere mediata proprio dalla guida di Eyal Berkovic, che oltre al carisma donerebbe una faccia diversa della nazionale. 

israele celtic
Sui muri della struttura gli ultras del Celtic hanno scritto “Sangue palestinese”. La motivazione arriva dall’account Twitter, North Curve Celtic, che afferma: “il sangue palestinese scorre ovunque vada Israele”.

Del resto, il rapporto tra politica e calcio è molto sentito in Israele, lo stesso Etgar Keret criticò la struttura fortemente militare dello Stato, accusando che il regime di guerra permanente stava sfavorendo la crescita in campo sportivo alla nazione.

La nostra naia è troppo lunga e non fa crescere i calciatori – disse nel 2017 a Repubblica– a peggiorare la rappresentativa della nazionale c’è l’aggravante che i migliori calciatori sono arabi e quindi non arruolabili.

Una situazione assurda quella del calcio israeliano che si trova nell’imbarazzante situazione di aprirsi al mondo, pur rimanendo legato a vecchi schematismi ideologici. Fotografia lampante della situazione è quello che é accaduto poche settimane fa quando uno sceicco dell’identità ancora sconosciuta di Abu Dhabi ha aperto una trattativa per l’acquisto del Beitar, squadra famosa per il suo tifo anti-arabo, che ultimamente, però, si è lanciata in una rete internazionale di relazioni inaugurando una sede a Miami.

Appare evidente che la doppia anima del paese del Re David sia di fronte ad una crisi identitaria, complice lo tsunami del Covid che ha riportato in discussione temi sopiti nella storia israeliana, come il tentativo di essere uno Stato in perenne progresso, ma anche una terra ancorata a visioni e ideologie vecchie come il mondo.

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