holly e benji

La Teoria della Relatività spiegata da Holly e Benji

Nel 1925 Bertrad Russell diede alla luce L’ABC della relatività, un’opera divulgativa in cui si proponeva di spiegare in maniera intuitIVa l’appena nata rivoluzionaria Teoria della Relatività di Albert Einstein. Nel farlo, con il sarcasmo che contraddistinguerà sempre la letteratura del filosofo inglese, Russell dichiara nelle prime righe che “tutti sanno che Einstein ha fatto qualcosa di sorprendente ma pochi sanno cosa abbia fatto esattamente“, aggiungendo che fino ad allora oltre a lui solo un’altra persona al mondo aveva capito la Teoria della Relatività. Il problema é che Russell sosteneva di non conoscere la seconda persona oltre a lui ad averla capita.

Bertrand Russel
Bertrand Russel

Ed in effetti, questa riflessione di Russell coglieva un grande fenomeno popolare, cioè la sensazione che tutti sapessero per sommi capi cosa fosse la Teoria dello spazio-tempo einsteniana, ma che in realtà tutti ne avevano una loro versione più o e meno vicina all’originale. Nella cultura popolare furono in molti a dichiararsi relativisti a vario titolo, ma in pochi sarebbero stati capaci di spiegare tecnicamente il perché di tale affermazione. Tra coloro che invece non si sono di sicuro mai posti il problema di spiegare la teoria, pur riuscendoci, é stato Yōichi Takahashi, l’autore del famoso anime e in seguito cartone animato Holly e Benji. Nato, appunto, da un anime dal titolo Capitan Tsubasa, Holly e Benji é stato uno dei cartoni animati di maggiore successo, segnando un’intera generazione con i suoi personaggi e le loro disavventure. Un pezzo di anni Ottanta che ha resistito nell’immaginario degli allora ragazzini e non parliamo solo di Tommaso Paradiso.

Ma perché l’anime Holly e Benji, oggi scevro dall’entusiasmo fanciullesco, ci appare ancora un cartone animato visionario, addirittura capace di spiegare alcuni concetti delle Teoria della Relatività? La risposta è semplice e apre a molte considerazioni. Nella mente di Yōichi Takahashi il racconto sportivo della saga da lui immaginata doveva essere un racconto interiore della vita sportiva, una sorta di recherche di un gruppo di ragazzi che cresce nel mito di diventare calciatori professionisti. Un racconto corale, quello di Holly e Benji, in cui di fianco ai due omonimi protagonisti compaiono caratterizzazioni forti e variegate che vivono il calcio per motivi diversi come l’unica speranza di vita. A Mark Lenders, cattivo e aggressivo con alle spalle una storia di povertà e sacrifici, fa da eco il principesco Julian Ross, elegante e pacato numero 10 con problemi di cuore, che nel mondo reale non gli avrebbero permesso neanche di comprare gli scarpini in negozio. Figure forti, come quelle dei due protagonisti, motivati ad avere successo per sconfiggere delusioni o per dimostrare il proprio valore.

Yōichi Takahashi
Yōichi Takahashi

Al racconto interiore ovviamente ben si presta la teoria einsteniana che vede nel punto di vista soggettivo un’imprenscindibile partenza a qualunque osservazione fisica. Anche se ben lontana dal soggettivismo emotivo di Bergson, Einstein parte proprio dalla singolarità dell’osservazione per cercare di costruire una teoria che fosse “universale” in qualunque sistema di riferimento. Io che vado sull’altalena e tu che corri su un treno dobbiamo avere una teoria che vada bene ad entrambi, da qui il nome sfortunato di Teoria della Relatività.

In Holly e Benji si intuisce bene che il racconto interiore é più importante del contesto stesso, la partita é il contenitore di mille storie e movimenti personali. Flash back e riflessioni dilatano il luogo e lo spazio in cui avvengono le azioni, fino a far scomparire tutto dalla vista del protagonista. Yōichi Takahashi spiegò che la particolare scelta di isolare i protagonisti dell’azione, creando un campo quasi collinare, era dovuta all’esigenza di sottolineare (appunto) la soggettività delle narrazione, escludendo dalla visuale gli altri giocatori che rimanevano in campo mentre si consumavano gli infiniti monologhi. Un’esigenza tecnico-narrativa che, però, si trasformò in un’ottima spiegazione di un principio fondamentale della relatività. Tutte le nostre percezioni sono da inserire in un contesto di soggettività e in un sistema di riferimento in cui avvengono, per questa ragione per cercare l’universalità dovremmo cercare qualcosa di esterno e di non contaminabile. Quindi il tempo dilatato ed infinito delle azioni di Holly e Benji rende bene l’idea di come un fenomeno osservato dall’interno non ha la stessa misurazione di quella registrata da un osservatore esterno, imprescindibile considerazione che nella sua semplicità scardina tutta la fisica deterministica e dell’essere conosciuta fino a Einstein.

Ma se tutto é relativo come possiamo stabilire delle relazioni fra le cose nel mondo che conosciamo? Anche qui Russell con un gioco di parole ci aiuta ad afferrare il concetto:

A un certo tipo di persone superiori piace molto ripetere “tutto è relativo”. Si tratta naturalmente di una sciocchezza, perché se tutto fosse relativo non ci sarebbe più nulla con cui stare in relazione.

Ecco questo è uno dei punti principali della Teoria della Relatività: bisognava trovare qualcosa di costante che potesse regolare gli orologi della stazione di Vienna a quella di Mosca, ma dove trovare una simile costante? In modo abbastanza intuitivo Einstein ribaltò il problema della luce: non più corpuscoli o un’energia che si propaga attraverso “l’etere”, ma una forza che costruisce autonomamente il proprio percorso senza alcun attrito. Ma visto che la luce godrà di questa particolare posizione di velocità costante in qualunque sistema di riferimento, sarà interessante scoprire cosa succederà ai corpi che si avvicineranno alla sua velocità. Einsten ebbe dal primo articolo del 1905 le idee chiare: più ci si avvicina alla velocità della luce più si piega lo spazio-tempo. Aggiungendo che ad una massa maggiore corrisponderà una maggiore energia di piegatura ad ugual velocità, ovvero il ben noto E=mc2.

Ed in Holly e Benji la questione é facile da cogliere, basta guardare i palloni usati per giocare quando vengono calciati dai giocatori. La palla si incurva e diventa un’ellisse, spiegando esattamente cosa succede ad un corpo lanciato in prossimità della velocità della luce: il corpo si inarca e assume forme diverse da quelle del corpo in stato di quiete. 

Pieghe nello spazio-tempo

Ma qual é il sistema di riferimento oltre le soggettività in Holly e Benji? Ovviamente lo stadio, in senso metaforico ,ma anche narrativo. Sappiamo poco della vita dei ragazzi fuori dal campo, quello che conosciamo ci deriva dai flashback o dalle pochissime scene che ritraggono i protagonisti nella vita privata. Tutto in Holly e Benji succede allo stadio, tutto inizia e finisce lì. Le vite dei protagonisti ruotano intorno a quelle infinite partite, alle loro ossessioni, alle loro disperazioni. Quello di Holly e Benji é un sistema chiuso in cui tutto accade e scompare sul campo. L’universo espanso e in comunicazione che Einstein ha tentano di immaginare, ai ragazzi di Holly e Benji risulta estraneo, loro iniziano e finiscono le loro avventure solo dentro ad uno stadio incredibilmente gremito.

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