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Simon Guglielmi, non solo rider

Cosa connota e permette di identificare un rider come tale? Circoscrivendo il discorso all’ambito ciclistico, niente più che una bicicletta. Per essere un rider non vi è bisogno di alcun attestato, licenza o riconoscimento ufficiale né tantomeno di nobili intenti o ragioni fondanti: un rider può pedalare per lavoro, per effettuare delle consegne o anche, più semplicemente, per passare una giornata all’aria aperta. La definizione di rider, dunque, non presuppone scopi o missioni particolari e nemmeno chissà quali andature o contesti agonistici; Gli unici elementi imprescindibili sono una bicicletta e un paio di gambe. Tutti dunque, se animati dalla giusta voglia di faticare e far mulinare gli arti inferiori, possono essere o diventare rider.

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Partendo da questa considerazione basilare, non si può però tacere come, nel corso degli anni, per evitare fraintendimenti la generica parola rider sia stata soppiantata in vari ambiti da termini diversi e sempre più specifici: biker, stradista, amatore, cicloturista, granfondista…Queste e altre accezioni restano tutte facce della stessa medaglia, tutte sfumature della stessa parola che oggi, specialmente in città, designa quasi esclusivamente chi si occupa di effettuare consegne in bicicletta.

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La differenziazione lessicale, però, grazie ad alcuni singolari casi, è stata messa in crisi durante la prima fase del lockdown qualche mese fa quando, ad un certo punto, gli unici che potevano muoversi in sella a una bicicletta erano questi sfreccianti smistatori di beni. Il contributo della loro flotta, di fronte a una mole di lavoro in costante crescita, è stato sempre più richiesto e apprezzato, diventando a tratti indispensabile per molte famiglie sia nei grandi contesti urbani che presso realtà cittadine più piccole. È qui che in molti – gente comune, cassaintegrati, volenterosi –  sentendo le necessità del momento si sono attrezzati e improvvisati galoppini a pedali, recapitando ogni genere di pacchi e, di fatto, rendendo improprio l’utilizzo del termine rider per come comunemente lo si intende al giorno d’oggi.

In particolare, gli episodi che più hanno stravolto la nostra univoca e definita concezione di rider sono quelli che hanno visto come protagonisti i corridori professionisti, gente che di norma userebbe la bicicletta come mezzo di lavoro in gare e competizioni sportive riconosciute. Anche loro, costretti a subire gli effetti della pandemia sul proprio calendario di gare, quando le restrizioni lo hanno permesso in taluni casi hanno inforcato le proprie specialissime per dedicarsi alle consegne unendosi a chi, chilometri su chilometri e ordine dopo ordine, con questa mansione vive da tempo.

In Italia, il fenomeno ha avuto alcuni tra i suoi principali esponenti in Umberto Marengo e Davide Martinelli che, distribuendo rispettivamente generi alimentari a Collegno e medicinali a Lodetto, si sono giustamente guadagnati plausi e onori tanto cronaca nostrana quanto degli abitanti del luogo.

Questo fenomeno, tuttavia, ha avuto esemplari interpreti anche all’estero dove, passando notevolmente sottotraccia, altri atleti sono riusciti a distinguersi per disponibilità e dedizione. Se quindi, ad esempio, volessimo volger l’occhio appena oltre il confine, in Francia noteremmo che uno che più di altri si è messo in luce con compiti da ciclista-fattorino è stato il portacolori della Groupama-FDJ, Simon Guglielmi.

Ragazzo di 23 anni dal vissuto relativamente noto al grande pubblico delle due ruote, il ciclista transalpino non si è tirato indietro quando si è trattato di dare una mano e fornire un importante servizio alla comunità del Bugey savoyard, il cantone dell’arrondissement di Chambery dove risiede.

simon guglielmi
Simon Guglielmi

Simon, infatti, vive a Verthemex, un paesino alle pendici del Mont du Chat, in una zona dove non ci vuole molto per incontrare salite e pendenze in doppia cifra. L’amore per la bici e la due ruote, da piccolo, è scattato piuttosto in fretta, il tempo di capire che le emozioni, la sensazione di libertà e le risate con gli amici erano molte di più in sella che in palestra sul tatami del judo, sport a cui i genitori l’avevano inizialmente avviato. Perfezionista e meticoloso tanto a scuola come in ogni aspetto della vita, Simon ha visto poi divampare la propria passione per il mondo del ciclismo grazie a La Motte-Servolex Club, il gruppo sportivo dove dagli 11 ai 19 anni, tra mountain bike, ciclocross, strada e altre attività, la sua carriera ha preso il volo.

Gli episodi che più hanno stravolto la nostra univoca e definita concezione di rider sono quelli che hanno visto come protagonisti i corridori professionisti

Lì, anno dopo anno, Guglielmi è cresciuto e ha conosciuto alti (il titolo nazionale juniores) e bassi (gli infortuni) continuando a sognare le grandi montagne, quelle a pochi chilometri da casa, ma soprattutto i grandi passi alpini e le asperità rese celebri dal Tour de France. Inebriato dalle storie e dagli scenari legati a queste salite, Simon ha nutrito dentro di sé il desiderio di affermarsi come scalatore ed è guidato da questa aspirazione che nel 2016 è salito di categoria passando fra i dilettanti con la maglia del CR4C Roanne.

Qui, il brutale scontro con la realtà dei fatti gli ha fatto comprendere di non essere al livello dei migliori grimpeur ma, semmai, di poter dire la sua ed esser competitivo lungo erte più brevi ed esplosive. Investendo allora tempo ed energie su di sé, il ragazzo, fine conoscitore dei frutti e dell’etica del duro lavoro, ha reindirizzato la propria carriera sulla nuova strada senza tuttavia mai abbandonare l’usanza, ogni volta che ha potuto, di misurarsi con le cime mitiche del ciclismo.

Quello di cimentarsi con le grandi salite non è stato, però, l’unico sfizio che Simon negli anni spesso è riuscito a togliersi: il giovane, infatti, in inverno si è più volte testato volentieri nel cross country con gli sci ai piedi (se non avesse scelto il ciclismo, Simon avrebbe puntato a diventare un biatleta come uno dei suoi idoli, Martin Fourcade), una predilezione superata forse solo da quella per i dolci (preferenze per gelati e crepes) e le croziflette della madre, leccornie davanti alle quali in diverse circostanze ha fatto fatica a resistere.

Lontano dalla tavola e, soprattutto, quando ha visto la strada inerpicarsi sotto le sue ruote, Guglielmi invece è sempre stato ineccepibile e determinato, caratteristiche che gli hanno permesso più volte di dare il meglio di sé e mettersi in mostra con successo.

simon guglielmi

È così che nel 2018, grazie al successo a squadre nella Coppa di Francia, finisce per attirare su di sé le attenzioni della Groupama-FDJ, pronta a offrirgli un posto nella propria formazione continental per l’anno seguente. Con il vivaio della compagine professionistica francese Simon, tuttavia, non trascorre che una sola stagione: la sua vivacità in salita, unita a risultati di primo piano (su tutti i due giorni con la prestigiosa maglia gialla al Tour de l’Avenir) e a prestazioni incoraggianti in corse dai finali arcigni, gli fruttano infatti il passaggio tra i professionisti alla fine del 2019.

Il sogno di percorrere le salite della leggenda spalla a spalla con i più grandi interpreti della disciplina è ormai a un passo, dovrebbe essere una questione solo di qualche mese. Invece, accade l’impensabile: la pandemia blocca ogni attività e il ciclismo (come tutto lo sport) è costretto a rimandare o annullare le proprie competizioni, sconsigliando a dirigenti, atleti e squadre di fare progetti a lungo termine.

La pandemia blocca ogni attività e il ciclismo (come tutto lo sport) è costretto a rimandare o annullare le proprie competizioni, sconsigliando a dirigenti, atleti e squadre di fare progetti a lungo termine.

Simon, alla stregua dei suoi colleghi, dopo un assaggio della realtà professionistica in febbraio, è obbligato all’isolamento in casa e a stranianti ore sui rulli. Quelle vette e quelle sinuose strade poco distanti da casa può solamente ammirarle dalla finestra o, con uno sforzo d’immaginazione, figurarsele davanti a sé durante le pedalate al chiuso della propria abitazione.

Al di fuori intanto, la gente soffre, la paura cresce, gli spostamenti sono limitati e la fatica, mentale e non, del momento si fa sentire per molti. Simon, però, con la fatica è abituato a conviverci e si chiede se le sue doti di resistenza e pedalatore non possano servire a dare una mano in qualche modo. La risposta, mentre la primavera incalza veloce, gli arriva allora da Aymeric Ducruet, proprietario della panetteria Le pain de Mayou di Saint-Jean-de-Chevelu (una delle poche presenti nel cantone in cui vive) che gli propone di consegnare pane e altri prodotti da forno ai nuclei familiari più isolati e impossibilitati a muoversi.

Saint-Jean-de-Chevelu Simon Guglielmi (1)

Guglielmi, in fin dei conti, è un rider, uno che corre e si sposta in bicicletta per lavoro, abituato a sostenere il peso del proprio corpo. Perché quindi non zavorrare con qualche centinaio di grammi in più il suo mezzo e lanciarsi in questa missione? Il ciclista savoiardo accetta con entusiasmo e, convinto anche dalla possibilità di tornare ad allenarsi all’aperto e macinare di nuovo chilometri nelle gambe, riempiendo tre volte a settimana una capiente borsa sottosella si trasforma in livreur de pain.

La risposta, mentre la primavera incalza veloce, gli arriva allora da Aymeric Ducruet, proprietario della panetteria Le pain de Mayou di Saint-Jean-de-Chevelu che gli propone di consegnare pane e altri prodotti da forno ai nuclei familiari più isolati e impossibilitati a muoversi.

Rifornendo di baguette e filoni le case e le famiglie isolate del circondario, Simon svolge un preziosissimo lavoro per la collettività, che gli consente di rinsaldare e cementare il legame con la gente del posto ma, allo stesso tempo, si mette alla prova su asfalto dopo mesi di clausura immagazzinando così quelle distanze che gli consentiranno poi di essere, qualche mese dopo, un tassello fondamentale per i successi della sua squadra al Giro d’Italia.

Alla Corsa Rosa in ottobre infatti, Guglielmi viene inserito nel treno di Arnaud Demare dove si integra senza problemi e contribuisce così a tutti e quattro i successi conquistati dallo sprinter transalpino sulle strade del Bel Paese. Proprio come le consegne per le lande del Bugey savoyard, Simon sperimenta un’incredibile soddisfazione nel condurre il capitano al successo,”“raramente ha provato emozioni così forti“. Non porta pane, brioches o altri lievitati ma sudore, energia, watt e sacrificio. Il risultato, in entrambe le circostanze, è il medesimo: i destinatari della sua opera gioiscono e ricambiano con sorrisi affettuosi e sentiti ringraziamenti.

Arnaud Demare
Arnaud Demare

La ricompensa più grande, però, Simon la ottiene nell’ultima tappa in linea del Giro con arrivo a Sestriere. Quel giorno, le montagne che lui e il gruppo devono affrontare sono impegnative ma non hanno il fascino di quelle che originariamente si sarebbero dovute percorrere: il tracciato della frazione, infatti, è stato rivisto e ridisegnato con modifiche sostanziali ma a Simon questo poco importa.

Le tre scalate al Sestriere non sono Agnello o Izoard, ma restano geograficamente contigue a casa e alla sua terra, un motivo questo sufficiente per chiedere ai suoi tecnici di andare in avanscoperta e rendere più reali i contorni di un suo vecchio desiderio: “trovarsi in fuga in una tappa di un grande giro sulle strade della sua regione“. Simon ci riesce e a fargli sentire ancor di più l’atmosfera di casa ci pensano i familiari e gli amici accorsi a sostenerlo che incendiano letteralmente la doppia ascesa conclusiva.

Rifornendo di baguette e filoni le case e le famiglie isolate del circondario, Simon svolge un preziosissimo lavoro per la collettività, ma, allo stesso tempo, si mette alla prova su asfalto dopo mesi di clausura immagazzinando così quelle distanze che gli consentiranno poi di essere, qualche mese dopo, un tassello fondamentale per i successi della sua squadra al Giro d’Italia.

Il loro calore, infatti, non si manifesta soltanto con gigantesche e visibilissime scritte sull’asfalto dedicate a Le Gug (il soprannome di Guglielmi), ma anche con urla e soprattutto fumogeni che prendono ogni volta fuoco al passaggio del loro beniamino, trasformando i placidi tornanti della salita finale in una torcida savoiarda. Simon non trattiene le lacrime: dopo un Giro speso a lavorare per il proprio capitano e una stagione d’esordio piena di ostacoli e punti interrogativi, quegli accorati incitamenti rappresentano il momento più bello e il riconoscimento più sentito del proprio 2020 in bicicletta, un’annata dove spesso sono stati altri a beneficiare dei chilometri e degli sforzi da lui prodotti.

simon guglielmi

Simon in ogni caso, che fosse in salita o in discesa, in pianura controvento o in vallate riparate, al freddo o al caldo, con la sporta piena di pane attaccata alla bici o un carico di borracce sulla schiena, indipendentemente dal tipo e dall’importanza del ruolo assegnatogli ha sempre svolto fino in fondo i compiti di cui è stato incaricato.

Questo perché dopotutto, prima ancora di essere un professionista, un agonista, un gregario o addirittura un fattorino reinventato, Guglielmi è (ed è sempre stato) un rider e, come tale, vive e si caratterizza non per cosa fa ma per il gesto, unico, naturale e universale, che ciclicamente è chiamato a compiere: pedalare.

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