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La Super League è una catastrofe

Le perplessità sono tante e giustificate, soprattutto di fronte a qualcosa che avrebbe potuto stravolgere nel bene e nel male uno status quo a cui da tempo eravamo assuefatti. Ma, superando per un momento l’istintiva reazione del “sì”, (qui trovate le considerazione positive) concentriamoci sul perché la Super League avrebbe rappresentato una catastrofe per tutto il movimento calcistico.

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Partiamo dalle basi: il calcio è lo sport più amato, popolare e praticato del mondo per un solo motivo, è di tutti. Il calcio è del popolo, per il popolo. In Sudamerica il “fùtbol” è il simbolo della rinascita, è il gioco che ti permette di abbandonare la strada della droga, della illegalità. Nel regno della corona – come ci ha mostrato la serie Netflix The English Game – il calcio è nato come sport borghese, nobile, ed è diventato in poco tempo lo sport di rivendicazione sociale, di lotta di classe, del popolo che lotta contro i padroni. Chi ama il calcio ama Maradona, Riquelme, Roberto Baggio, Francesco Totti, Cristiano Ronaldo, Pelè. Giocatori nati per giocare che con il pallone tra i piedi si sono messi alle spalle pressioni, problemi, ferite giocando a calcio. Senza pensare a soldi, carriera, contratti, leghe. No, pensando solo a quella magica sfera che rotola in un campo.

La Super League, se dovesse diventare realtà – da giornalista non posso che esserne comunque affascinato – sarebbe un incubo per lo sport, per la sportività, per la meritocrazia. Dicono che già oggi non c’è meritocrazia. Controbatto, dicendo che ce ne dovrebbe essere di più certo; la UEFA dovrebbe dare davvero a tutti i club le stesse opportunità. Perché, ad esempio, chi vince il campionato bulgaro non ha le stesse chance di vincere la Champions League del Real Madrid, del Manchester City o del PSG? Provate a portare questo atteggiamento nella realtà: siete in una famiglia che ha quattro figli. I vostri genitori forniscono a tre figli la possibilità di andare all’università, ma a te no. Oppure danno la paghetta settimanale agli altri tre, e a te no. O ancora, insegnano ogni giorno qualcosa di nuovo, a voi no. Dopo anni così, i vostri fratelli saranno più formati, più preparati e probabilmente più benestanti di te. È lo stesso atteggiamento che già adotta la UEFA, ma con una differenza che i sogni, le favole, continuano a esserci – in una certa parte del mondo più di altre – mentre con la Super League sarebbe tutto annullato.

Non ci sarebbe più il sogno Atalanta che lo scorso anno ha sfiorato la semifinale e quest’anno ha giocato in Champions contro la regina di questa manifestazione europea, il Real Madrid. Senza la meritocrazia non ci sarebbe stata la vittoria del Leicester City di Ranieri nel 2015, non ci sarebbe stata la vittoria del Montpellier nel 2012 e nemmeno la vittoria del Porto di José Mourinho in Champions contro un’altra outsider, il Monaco. Non avremmo scoperto giocatori fantastici come Vardy, Mahrez, Deco e Olivier Giroud.

Senza la meritocrazia non ci sarebbe stata la vittoria del Leicester City di Ranieri nel 2015, non ci sarebbe stata la vittoria del Montpellier nel 2012 e nemmeno la vittoria del Porto di José Mourinho in Champions.

Senza parlare del fatto che se la FIFA davvero dovesse vietare le competizioni per Nazionali ai giocatori coinvolti nella “Lega Suprema” ci ritroveremo Europei, Mondiali, Copa America svuotate di talenti, di fenomeni, di uomini che credono nel calcio. Perché come diceva il Pibe de Oro: “La pelota no se mancha”. Il calcio non si sporca.

Con la Super League non ci sarebbe soltanto la morte del calcio europeo come lo conoscevamo, ma ci sarebbe una perdita di interesse clamorosa nei campionati nazionali. Fatica, sudore, energie investite per anni che finirebbero in fumo. Pensate al Sassuolo, una decina di anni fa tra i dilettanti e oggi tra le migliori otto in Italia, già passata per l’Europa League. E soprattutto verrebbe mandato un messaggio forte e irrimediabilmente negativo alle nuove e future generazioni: il calcio non è di tutti, ma è di pochi. Verrebbe messo al centro di tutto solo un gioco di soldi, per ricchi, tra ricchi che si sfidano per guadagnare ancora di più.

Per continuare a citare Diego Armando Maradona, che incarna – sul campo – l’essenza del calcio: Se stessi con un vestito bianco a un matrimonio e arrivasse un pallone infangato, lo stopperei di petto senza pensarci. Quel sogno che tutti noi bambini avevamo di giocare per la nostra nazionale e calciare il rigore decisivo per la vittoria o segnare all’ultimo minuto e alzare la coppa dalle grandi orecchie, svanirebbe. La Super League sarebbe una catastrofe, ciò non significa che le cose così come sono vadano bene, ma di certo non è il modo di cambiarle.

Una delle ragioni per cui il calcio è lo sport più popolare al mondo è perché il debole può battere il forte.

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