Jannik-Sinner

Niente giochi, solo tennis

Sono posti strani, i posti di confine. Non è così? Ce ne sono di grandiosi: pensate a Trieste che brilla nel sole, mentre il vento spazza il mare che bagna le sue piazze immense. Con le sue strade, che parlano italiano e dialetto e chissà cos’altro, mentre Joyce si affretta passando sotto il Tempio ortodosso della Trinità. Ce ne sono però anche di miseri, come quel ponte sopra l’Evros, che sembra unire Turchia e Grecia ma in realtà le divide e segna il limite di un antico rancore fra oriente e occidente. Molti altri confini invece sembrano meno importanti all’apparenza: normali zone di passaggio uguali da decenni che si studiano a scuola solo come i limiti di una nazione. Per noi italiani i confini hanno solo due facce: il mare o la montagna e Sinner è nato tra i monti. Nell’Alto Adige con i suoi pregiudizi, i suoi balli e la sua cucina da pastori. Con le valli e i paesi, tutti uguali per chi non li vive, vicino alle piste dove d’inverno chi viene dalla città può andare a sciare. Questo è il posto da dove viene Sinner. Coi suoi genitori, che gestiscono un rifugio tra le montagne più belle del mondo e gli hanno insegnato a rispettare tutti e a lavorare duro.

Jannik-Sinner

Certo giocare a tennis lassù è come giocare in paradiso, ma se lassù ci sei nato la storia cambia e magari non ci pensi nemmeno che quasi la totalità dei tuoi tifosi non parla tedesco, cosa che per chi vive là invece è normale (fa sorridere poi pensare che sarebbe bastata una vallata di differenza e ora staremmo a ragionare dell’erede di Thiem). Non è facile per molta gente di confine lasciare quei luoghi, che ispirano orgoglio e appartenenza, ma in questi tempi il futuro viaggia veloce e le scelte vanno fatte in fretta. Addio allo sci allora e a tredici anni si fa rotta verso il mare, in Liguria, dove ad aspettare c’è Piatti. Bordighera c’entra poco con San Candido. La gente ragiona in maniera diversa, vive sul mare, conosce i suoi ritmi e regola il tempo fissando le onde; non si trova a suo agio con le altezze e i pascoli verdi. Ma al mondo non ci sono molti posti migliori dove trovarsi per chi ha talento per il tennis. E quindi al lavoro, con disciplina e attenzione, mentre la sera il maestro si apre una birra e ti racconta come colpiva la palla Djokovic alla tua età o quanto rigore ci metteva la Sharapova nei suoi allenamenti. Già perché i racconti nutrono i sogni e le ambizioni. Se li sai ascoltare possono sostenerti e illuminare un pezzo del cammino. Una parte piuttosto rilevante delle migliori racchette del mondo ha avuto a che fare, chi più intensamente, chi per lo spazio di un tentativo, con quei campi e quel club e ora la loro esperienza è a disposizione: un tesoro immenso.
Passano le sere e insieme passano gli anni – pochi in realtà: la caccia al nuovo talento è spietata, specie in Italia per lungo digiuno – e arriva il momento della consacrazione. Il ragazzo di montagna, nutrito dal dolce salmastro dell’aria di mare è pronto a diventare uomo.

Non sei né giovane né vecchio. È come se dormissi dopo il pranzo sognando un po’ dell’una e un po’ dell’altra età“. Così dice il Duca a Claudio in Misura per Misura e Sinner è in questa condizione ora. Da dove si trova vede bene sia la strada che ha fatto sia il cammino che avrà da percorrere. Questo è il suo nuovo confine. Vittorie ne ha già avute e anche un po’ di gloria, ma questo cambiamento è più lungo, di solito, di quanto vorremmo. Non si passa dalle Alpi al centrale di Londra senza pagare al tempo un prezzo adeguato. Perché è il tempo la cosa più importante, soprattutto oggi che nessuno se ne prende più. Molti dei giudizi dei tifosi, specie quelli che si danno nell’etere, sono rapidi e taglienti ma mancano di grazia e di profondità. Sono la sintesi arida e infastidita che si dà tra una riunione il venerdì alle diciotto e l’ennesima scenata del capo per chissà quale documento incompleto o malfatto. La maggior parte dei professionisti conosce molte più sconfitte che vittorie e quasi ogni settimana esce battuto da un torneo; molti di loro un trofeo non lo alzeranno mai. Forse bisognerebbe ricordarselo più spesso prima di saltare addosso alla tastiera per esprimersi, di solito, a grugniti. Certo i numeri di Jannik, anche quelli della classifica, sono lusinghieri, ma prima di riscrivere la storia del tennis c’è ancora molto da perdere (e da vincere!) e Piatti lo sa. E lo sa bene anche lui o almeno così sembra dalle sue dichiarazioni, da quello sguardo sfuggente di chi risponde alle domande più per cortesia che per entusiasmo. Sinner bada al sodo, senza troppi ricami fuori e dentro al campo. Gente pratica, questi italiani di confine.

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