Mugello, lo spirito del motociclismo torna al suo tempio

È stato un anno strano, quello appena passato. Confinati nelle quattro mura casalinghe, stremati dall’assenza di relazioni, dalla mancanza di andare agli eventi, e più che mai quelli sportivi. Lo sport, però, è andato avanti, in un modo o nell’altro. Il calcio ha ripreso, lo ha fatto il basket, la Formula 1 e anche la MotoGP. Il circus delle due ruote però lo ha fatto con una ferita enorme: ripartire senza una tappa essenziale del calendario, il Mugello. Ai più, potrebbe non dire molto, ma agli appassionati questo autodromo fa brillare gli occhi, venire il magone e battere il cuore. Il Mugello è la casa dell’Italia nel Motomondiale, è un circuito tecnico, complesso, velocissimo. E poi, tutto intorno all’asfalto, sulle colline toscane, i tifosi colorano quella piccola parentesi di energia in mezzo alla natura. Lo scorso anno no, quest’anno nemmeno ma quanto meno si corre. Non ci sarà il tifo, ma la gara sì. E ci può bastare. Certo che, quei colori mancano, quel rumore manca, quell’energia manca.

Dovessi spiegare il Mugello a qualcuno che non sa cosa sia direi questo:

I fumogeni colorano il cielo, le bandiere sventolano a coprire i volti degli spettatori, le urla si mescolano ai rombi di motore che sgasano l’anima dei cavalli fuori dalla Bucine, il curvone finale che immette sul lungo rettilineo. Lì, in quel momento, il cuore si ferma, per un istante. Le palpebre rimangono spalancate. In gola senti come un fastidio. Non riesci a respirare, né a deglutire. Rimani lì, immobile. Osservi teso l’ultima volata, testa a testa. È come se il tempio della velocità giocasse a tirare una moneta e lasciasse decidere al destino, al fato, al karma. Non ci sono dèi qui dentro, ma solo uomini veri che adagiano la loro vita sull’asfalto sorretti solo da due ruote per assaporare un attimo di gloria. Anche se quell’attimo, al Mugello, dura in eterno. Vincere lì, in quei saliscendi toscani, significa salvare una stagione, svoltare un campionato, decidere le sorti di una carriera o il rinnovo di un contratto che altrimenti non sarebbe arrivato.

Che vibrazioni che regala il Mugello. Il Mugello è la casa di tutti, di tutti coloro che amano le corse e le moto. Il calore delle persone, l’aria festosa e soleggiata, le vibrazioni positive che senti quando attraversi la pista e osservi le colline di fronte a te. Quel verde rilassante è un ossimoro rispetto al fuoco presente dentro l’estremità dei cordoli. I piloti non stanno più nella pelle. L’ansia, lo stress, i nervi sono tesi. Qualcuno non dorme nemmeno. L’elettricità del Mugello è imparagonabile. Correre qui è come farlo nell’Olimpo del Motociclismo.

Nei prati che si affacciano sulla pista, le persone tendeggiano fino a notte fonda, stanno lì, bevono, urlano, si divertono, giocano, qualcuno trova l’amore, finiscono di grigliare che ormai è l’ora della colazione. Una delle leggende che aleggiano su Valentino Rossi è che lui, da giovanissimo, stava lì, nel prato, insieme ai suoi tifosi. Non dormiva. Rientrava nel paddock, warm up e vittoria in tasca. Senza riposare mai, solo per stare vicino al proprio pubblico. Ovviamente nessuno lo ha mai dimostrato, anzi. Ma il Mugello è anche questo. Sacro e profano.

Mamma mia il Mugello. È tornato. Certo, manca il pubblico, l’anima, l’energia, il battito della pista più affascinante del mondo, ma quest’anno ci accontentiamo di vedere quei fenomeni, che si fanno chiamare uomini o meglio piloti, dare l’anima per stare davanti a tutti prima che la Bucine li lanci nell’Olimpo.

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