valentino rossi

Valentino Rossi, quale futuro?

Nove titoli mondiali, 42 anni, una passione smisurata per le corse, per la velocità, per il paddock, l’asfalto e quell’odore di benzina misto a pneumatici bruciacchiati. Valentino Rossi non molla, è ancora lì, ogni weekend di gara a provare a battere se stesso, gli altri e a convincere il pubblico, il tifo e gli addetti stampa che non è lì soltanto per perdere tempo, salutare gli avversari di una vita o guardare tutti dal retro della griglia di partenza; è lì perché sente di poter dire ancora qualcosa e la sua parola conta più di tutte. È la sua vita, la sua carriera, la sua voglia di mettersi ancora con il ginocchio per terra e a 300 orari dietro un cupolino.

L’ultima parola deve essere la sua, ma un pensiero, sul suo futuro, Rossi lo sta facendo. E, per la verità, lo aveva iniziato a fare più di dieci anni fa quando tra una cosa e l’altra è nata l’Academy, la VR46 e tutta quell’organizzazione lavorativa dietro al suo nome, dietro alla sua leggenda. Tavullia è nata, cresciuta e si è sviluppata sotto la sua stella. Un’intera città portata sulle spalle e diventata famosa nel mondo. I risultati sportivi hanno dato il via a quella che è senza ombra di dubbio una delle aziende – con protagonista un atleta italiano – più efficienti e redditizie nel mondo. Nel 2020, secondo TrueNumbers, la società Valentino Rossi ha avuto un ricavo di circa 30 milioni di dollari tra tutte le sue attività. Al centro di questo successo la VR46 Racing Apparel.

Nel mondo del marketing sono davvero pochissime le attività che funzionano più dei sentimenti e delle emozioni che vengono veicolate dallo sport, dalla vittoria, dal successo ottenuto venendo dal basso e avendo fatto tutto da solo. Certo, Valentino è figlio d’arte: nel senso che anche Graziano Rossi era un pilota del Motomondiale, ma all’attivo “il Grazia” ha solo tre vittorie, una pole position e un terzo posto finale nel 1979 nel campionato delle 250. Infinitamente meno di ciò che è riuscito a costruire Valentino.

Dorna, l’azienda che gestisce e organizza il Motomondiale, ha sempre saputo che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con l’addio di Valentino Rossi. I malpensanti dicono che sia questo il motivo dell’astensione da un giudizio nel 2015. Altri dicono che Dorna sta spingendo Valentino a continuare per convincere i tifosi che Rossi può anche non essere tra i protagonisti del campionato, ma è possibile comunque seguirlo, divertirsi e tifare qualche altro pilota. Se nel 2016, dopo la batosta del cosiddetto “biscotto spagnolo”, Rossi si fosse ritirato Dorna avrebbe perso il 30% di share secondo alcune ricostruzioni. Oggi, cinque anni dopo, la situazione non è più quella. Rossi rimane al centro della circo mediatico della MotoGP, ma non è più indispensabile, vuoi per l’avvento di nuovi campioni, vuoi per la mancanza di risultati.

valentino rossi

L’intelligenza di Valentino sta anche in queste cose: riconoscere di dover trovare un’alternativa. Prima l’Academy, e la conseguente capacità di scovare il talento di giovani piloti diventati, alcuni, campioni del mondo come Franco Morbidelli e Pecco Bagnaia, oggi stabilmente nelle prime posizioni della MotoGP, poi la VR46, il mondo dell’abbigliamento, del lifestyle, i team ufficiali in Moto3 e in Moto2 e infine il team di Valentino Rossi in MotoGP grazie all’accordo commerciale con Tanal Entertainment.

Il futuro di Rossi sarà sempre e indissolubilmente legato al mondo dei motori, sia a due che a quattro ruote – lo dimostra la partecipazione al Rally di Monza e la 12 Ore del Golfo – ma è evidente come da puro pilota abile nel gestire e coordinare un team di lavoro, Valentino sia diventato un manager, un imprenditore di alto spessore. Dai problemi fiscali all’addio di Londra e al ritorno effettivo a Tavullia, è da lì, dal suo centro del mondo che Rossi ha voluto e ha potuto ripartire diventando una fucina di idee, di progetti, di talento.

Rossi sarà sempre una parte importante del Motomondiale come lo conosciamo oggi, ma a poco a poco l’idea di uscire dal tracciato, restando “solo” nel paddock, dovrà farsi largo sia nella sua mente che nella testa e nel cuore dei tifosi che, ancora, non credono che siano già passati 25 anni. Sicuramente la componente di insoddisfazione personale esiste. Un campione che ha conquistato tutti, che è entrato nelle case degli italiani e poi anche di tutti gli appassionati a livello internazionale, uno che ha messo invidia a Brad Pitt, che ha esultato insieme a Maradona, che si batte il cinque con Lewis Hamilton e altri grandi campionissimi del mondo dello sport, e non solo, non può essere limitato dai cordoli del circuito, è sicuramente qualcosa di più. E il fatto di non riuscire più ad essere quello di prima lo ferisce pur sapendo che non potrà mai tornare davvero quel campione che ha stregato il mondo.

La prossima stagione una cosa è certa: Rossi avrà il suo team in MotoGP e molto probabilmente la moto sarà la Ducati e non la Yamaha. Quella rossa che lo aveva messo in difficoltà dopo i titoli con la casa di Iwata, quella rossa che lo aveva messo in imbarazzo, che lo aveva relegato lontano dal podio prima del tempo. Borgo Panigale e Tavullia non sono mai stati vicini, mai intesi per davvero. Il ritorno in Giappone, sempre lato Yamaha, ha dato un’altra energia a Valentino che si è giocato il titolo nel 2015 ed è stato protagonista anche nel 2016, ma qui non si tratta più di essere competitivi, si tratta di marketing, di commercio, di made in Italy. E quale migliore accordo se non con Ducati? L’azienda che lo scorso anno ha vinto il titolo costruttori sta dimostrando miglioramenti costanti, una moto velocissima e perfetta anche per chi è un componente della VR46 (Bagnaia e Marini).

La domanda a chiudere questa considerazione è: correrà Rossi il prossimo anno? E con chi? Già perché sarebbe molto strano vedere Valentino continuare con la Yamaha Petronas mentre il team di sua proprietà gli corre a fianco, magari standogli davanti, o magari dietro, ma comunque suonerebbe davvero strano e potrebbe, tra l’altro, rappresentare un unicum incredibile. Rossi pilota e Rossi imprenditore nella stessa griglia. Complicato.

Più semplice, se davvero continuerà a correre, vederlo proprio sulla Ducati del suo team. Qualcuno sussurra: “E se smettesse?“. Potrebbe succedere, ma sono convinto che sarebbe la consacrazione di un’intera carriera poter dire addio al motociclismo solo quando gli autodromi torneranno ad essere pieni. Già me lo vedo: passerella internazionale, ultimo giro con la carena all’insù e tutti i tifosi, appassionati e addetti ai lavori che arrossiscono, piangono, si inchinano e applaudono un campione senza fine, capace di tutto e anche di rilanciare l’Italia nel mondo delle due ruote.

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