Transnistria, Tiraspol
Tiraspol, Transnistria

Lo sceriffo e la coppa dalle grandi orecchie: FC Sheriff Tiraspol

Una volta arrivati all’aeroporto internazionale di Chisinau, due sono le possibilità per i viaggiatori diretti a Tiraspol: taxi o maršrutka. Che sia l’una o l’altra soluzione bisognerà mandare giù un’ora di buche prima di trovarsi inghiottiti da sterminati campi di girasole. È il segnale che prelude l’arrivo in prossimità della granitsa, la frontiera transnistriana, con il suo arco color rosso e verde e il coat of arms che parla di fasci di grano, uva, falce e martello. Non si passa senza il visto che si ottiene mostrandosi pronti a fornire delle semplici indicazioni da viaggio in lingua russa. Il passo successivo è abituarsi allo spaesamento e al carro armato dei corpi di pace russi fermo in prossimità della rotatoria che porta a Bender, l’unica città della Transnistria a precedere il fiume Dnestr, la patria di Nicolai Lilin e della sua Educazione Siberiana. È l’inizio di un viaggio tra casermoni stalinisti, mercati al coperto, case del soviet e tante statue di Lenin e Suvurov a inquadrare una terra fiera e ostinatamente orientata all’epoca dell’URSS.

Transnistria, Tiraspol
Veduta del parlamento di Tiraspol, Transnistria

Ci sono Bender e la sua fortezza, la capitale Tiraspol, Dubassari e la sua gigantesca diga, l’orgogliosa Ribnitsa, la sonnolenta Grigoriopol e il Prometeo di Dnestrovsk a pochi passi dal l’Ucraina. Isole urbane e post-industriali connesse da una campagna buona per l’autoconsumo e costellata di villaggi tutti casette in legno e fango. Ci sono passaporti e documenti, pensioni e sussidi, le ambasciate di Abcasia e Ossezia del sud, e perfino una moneta – quel rublo della Transnistria che non ha alcun valore nel mondo. Questa è la Transnistria che si affaccia al calcio che conta.

È da poco uscito il calendario della fase a gruppi della Uefa Champions League 2021/22 e i tifosi interisti sono in attesa di conoscere l’avversario meno conosciuto e da molti raccontato come il più “esotico” dell’intera manifestazione: i moldavi dello Sheriff Tiraspol FC. A dir il vero, l’unica connotazione moldava che si potrebbe attribuire allo “Sceriffo” è il suo appartenere de jure al sistema calcistico della Federația Moldovenească de Fotbal (FMF) e alla locale Divizia Națională – un modesto campionato che da anni attraversa un inesorabile declino frutto di fallimenti, ridimensionamenti di storici club di matrice sovietica, demolizioni di stadi, scandali e corruzione a tutti i livelli – che ha visto trionfare il club giallonero per ben 19 volte negli ultimi 24 anni, diventando il club più vincente della Moldova e ora il primo club moldavo ad accedere alla fase a gironi della Coppa dalle grandi orecchie. Per il resto, lo Sheriff è figlio, rappresentante ed espressione della PMR Pridnestrovie, lo stato de facto conosciuto come Transnistria (la terra al di là del fiume Dnestr).

sheriff Tiraspol

Negli ultimi giorni le testate giornalistiche e blog sportivi di tutto il mondo hanno raccontato il miracoloso percorso della “squadra del Paese che non esiste“, partita dal primo turno preliminare e poi capace di eliminare in sequenza gli albanesi del Teuta Durazzo, gli armeni dell’Alashkert, la Stella Rossa di Belgrado e per ultimo, la Dinamo di Zagabria. Il tutto, senza mai perdere una partita e con un bottino complessivo di 14 reti segnate a fronte delle sole due subite. Questo storico risultato, da molti attribuito all’allenatore Yuri Vernidub e all’Amministratore Delegato Vazha Tarkhnishvili, è stato salutato in Moldova come il nuovo Rinascimento di un calcio che, tra club e nazionale maggiore, rispecchia in tutto e per tutto la complessa situazione vissuta dal Paese più povero d’Europa.

Tuttavia, l’exploit del club della stella non ha nulla del miracoloso e non può essere neppure utilizzato come cartina tornasole dello sviluppo del calcio moldavo. Lo Sheriff è la Transnistria e per comprenderlo è necessario conoscere a fondo l’evoluzione di quello che per molti è a tutt’oggi il “buco nero nel cuore d’Europa“. Chiusa tra il fiume Dnestr e la frontiera orientale che divide la Repubblica di Moldova dall’Ucraina, la Transnistria è una sottile striscia di terra russofona e filorussa che ha unilateralmente dichiarato la propria indipendenza dalla Moldova a seguito dei fatti del 1991.

Lo Sheriff è figlio, rappresentante ed espressione della PMR Pridnestrovie, lo stato de facto conosciuto come Transnistria (la terra al di là del fiume Dnestr).

Per contrastare il veloce processo di disgregazione dell’URSS, l’allora Segretario Generale del Partito Comunista dell’URSS Michail Gorbačëv autorizzò alcune riforme volte offrire maggiori aperture e concessioni alle periferie sovietiche. Alla Repubblica Socialista Sovietica di Moldova (RSSM) fu concesso di utilizzare i caratteri latini in sostituzione del cirillico e ciò ravvicinò notevolmente la comunità moldava di lingua e cultura rumena a Bucarest, da sempre interessata a recuperare un territorio che in passato fu suo. Nel momento in cui la RSSM dichiarò l’indipendenza da Mosca, la comunità russofona – con il timore di vedersi pregiudicata da un futuro assetto politico – reagì dichiarando la propria indipendenza dalla Moldova, chiedendo aiuto a Mosca e al Quattordicesimo battaglione dell’Armata Rossa di stanza nella regione. Ne scaturì un duro conflitto armato che si concluse con un cessate il fuoco nel 1992 che non ha risolto la disputa politico-territoriale in corso tra le due comunità. Da quel momento in poi la Russia, pur non riconoscendo ufficialmente la Transnistria come stato sovrano, ha mantenuto la propria presenza militare nell’area (sono circa 1500/2000 i soldati russi rimasti operativi nel territorio) e ha offerto sostegno politico e finanziario alla neonata entità territoriale.

Da Mosca giungono sussidi e bonus (da 15 a 100 dollari al mese per l’intera cittadinanza) che integrano le risorse, come l’erogazione di un quantitativo di gas gratuito pro capite introdotte dal locale governo che si trova ad amministrare una popolazione sempre più vecchia e composta dalle comunità russe, ucraine e moldave. Dal 1991 al 2011 la Transnistria ha avuto un solo padrone, quel Igor Smirnov che ha governato il Paese troncando le relazioni politiche ed economiche con Chisinau e cercando di favorire l’unione del territorio con la Russia. Un ventennio che è passato alla storia per il grande ermetismo del territorio e per le fatiche da parte di Mosca nel ritirare le proprie truppe e nel gestire lo smaltimento delle 40 mila tonnellate di armi presenti nella regione. Tale situazione – unita alla presenza dei vicini porti ucraini sul Mar Nero di Chornomorsk e Odessa – ha prodotto inizialmente un sistema economico caratterizzato da enormi giri di affari e liquidità provenienti da ogni tipo di mercato capace di travalicare le frontiere della PMR.  Grossi interessi e introiti che hanno radicalmente cambiato il mercato interno transnistriano fondato sulle industrie del tessile, le acciaierie, l’elettricità, l’agricoltura e la produzione vinicola.

È in questo contesto che prende piede la holding privata Sheriff, fondata da due ex membri del KGB Viktor Gushan e Ilya Kazmaly, una compagnia che nel giro di pochi anni è riuscita a creare un impero in grado di controllare buona parte del mercato interno transnistriano e a influenzare direttamente e indirettamente quello moldavo. Parlare di Sheriff in Transnistria significa parlare di supermercati, telefonia e servizi per il cittadino, servizi finanziari, canali televisivi, editori, concessionarie di automobili, società di costruzioni, alberghi e persino fabbriche di birra.

Parlare di Sheriff in Transnistria significa parlare di supermercati, telefonia e servizi per il cittadino, servizi finanziari, canali televisivi, editori, concessionarie di automobili, società di costruzioni, alberghi e persino fabbriche di birra.

La compagnia Sheriff non solo è stata capace di rastrellare il mercato arrivando a dominare i settori nevralgici della distribuzione, dei combustibili, delle telecomunicazioni e delle costruzioni; essa ha rimodellato la vita del paese ed esercitato un forte controllo sulle élites politiche ed economiche locali, al punto di essere l’ago della bilancia nelle elezioni politiche e presidenziali. Ne sa qualcosa il successore di Smirnov, l’ex presidente Sevchuk che è ha pagato la rimozione di alcuni dazi sui prodotti moldavi con la sconfitta alle ultime presidenziali del 2016 vinte da Krasnoselskij, politico direttamente sostenuto dalla compagnia Sheriff. Ben lontano dallo storico Tiligul Tiraspol, club che rappresentò la città durante l’epoca sovietica e per nulla simile alle scuole di formazione dei giovani atleti sovietici come quella di Sucleia e la N4 di Tiraspol – capaci di lanciare talenti del calibro di Igor Dobrovolskij –  lo Sheriff Tiraspol FC è l’ultimo dei mercati e il fiore all’occhiello della holding Sheriff.

Nato nel 1997, lo Sheriff Tiraspol ha saputo in poco tempo approfittare delle incredibili disponibilità economiche per spezzare il dominio dello Zimbru Chisinau e dar vita a una vera e propria rivoluzione calcistica. Il primo passo è stato la creazione della cittadella sportiva di proprietà, sita in prossimità del villaggio di Ternovka (dove gioca l’altra transnistriana Dinamo-Auto) a mezza via tra Bender e Tiraspol.

Ci sono tre stadi: uno da 13 mila posti costato 200 milioni di dollari, uno in sintetico per le partite da giocarsi con il maltempo e uno indoor da 3 mila posti. Oltre questo, ci sono campi, palestre e strutture ricettive per i giovani calciatori dell’accademia del club che fa scouting in tutto l’est Europa.

Per ogni stagione sportiva sono stati stanziati dei budget importanti che hanno permesso di acquistare moltissimi talenti stranieri dall’Africa, dal Brasile e persino dal Lussemburgo che hanno spostato gli equilibri del torneo e tolto spazio alla cantera locale e moldava che è andata a giocare altrove. Non tutti, però, all’inizio accettarono di venire a vivere a queste latitudini, specie nell’epoca dove passare la frontiera per andare a Chisinau era un’impresa per tutti. La situazione è oggi cambiata e molti sono i professionisti che scelgono di venire a Tiraspol, innamorati delle infinite possibilità e delle strutture che farebbero invidia a mezza Europa. Anche l’Italia è stata rappresentata all’interno del club grazie alla guida di Roberto Bordin, capace di vincere due campionati nazionali nel biennio 2016-17 e ora alla guida della nazionale moldava.

Gli ultrà delle vespe sono in pochi ma non lesinano di mostrare il proprio carattere e l’allineamento alla Russia e alla Transnistra in giro per gli stadi moldavi. Il loro motto è Moy gorod moya komanda (la mia città e la mia squadra!) e sarà interessante vedere come accoglieranno i vicini ucraini dello Shakhtar Donestk in quello che si preannuncia un match sensibile dal punto di vista geopolitico. Sarà altrettanto interessante vedere come reagirà la diaspora ucraina residente in Transnistria che si è sempre definita fortunata nel vivere nel Paese che – pur non esistendo -garantisce una miglior vita rispetto ai vicini.

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