Roman Abramovich
Roman Abramovich -Foto: keystone-sda.ch / STF (Martin Meissner)

Il calcio può rinunciare ai soldi russi?

Dopo il cambio di sede della finale Champions 2021-22 da San Pietroburgo a Parigi Saint-Denis , il calcio europeo sembra aver alzato un muro contro la Russia. Non sono mancate manifestazioni di protesta, non ultime quella del Manchester United prima della partita di sabato contro il Watford e quella più timida del calcio nostrano con la decisione di iniziare le partite del weekend con cinque minuti di ritardo. Il Manchester United sembra aver preso il ruolo di leader della protesta calcistica contro la Russia, grazie anche alla rinuncia della sponsorizzazione di Aeroflot, la compagnia di bandiera russa con cui dal 2013 i Red Devils viaggiavano in tutta Europa. In un breve comunicato il club ha dichiarato:

Alla luce degli eventi in Ucraina, abbiamo ritirato i diritti di sponsorizzazione di Aeroflot. Condividiamo le preoccupazioni dei nostri fan in tutto il mondo ed estendiamo le nostre condoglianze alle persone colpite

Sulle sponde del Tamigi, invece, Roman Abramovich, proprietario del Chelsea e amico di Putin, è stato bandito dal Regno Unito. Per questo ha dovuto lasciare il Paese e la presidenza del club, ora in mano agli amministratori della Fondazione di beneficenza del Chelsea. In una nota ha dichiarato:

Durante i miei quasi 20 anni di proprietà del Chelsea FC, ho sempre considerato il mio ruolo come quello di custode del Club, il cui compito è garantire il massimo successo che possiamo ottenere oggi, oltre a costruire per il futuro, e allo stesso tempo svolgere un ruolo positivo all’interno delle nostre comunità. Ho sempre preso le decisioni avendo a cuore l’interesse del Club. Rimango fedele a questi valori. Ecco perché oggi sto affidando agli amministratori della Fondazione di beneficenza del Chelsea la gestione e la cura del Chelsea FC. Credo che attualmente siano nella posizione migliore per prendersi cura degli interessi del Club, dei giocatori, dello staff e dei tifosi

Ma Abramovich, a differenza degli altri miliardari russi finiti nel mirino dell’Occidente, ha una polizza assicurativa multimiliardaria: il suo Chelsea. Il club che il russo ha acquistato per circa 190 milioni di dollari nel 2003, valutato da Forbes 3,2 miliardi di dollari, deve al suo proprietario due miliardi di dollari. Gli ultimi conti annuali di Fordstam Ltd, la società a capo del Chelsea, confermano un prestito di due miliardi di dollari “fornito dal signor Roman Abramovich“. Nell’ultimo anno, Abramovich ha prestato al Chelsea altri 26 milioni di dollari, nonostante la vittoria della Champions League 2021. Questa polizza mette il miliardario russo in una posizione di forza, che potrebbe decidere di sfruttare se le sanzioni diventassero pesanti. Nello scenario peggiore Abramovich potrebbe chiedere la restituzione del prestito concesso e in quel caso, il club fallirebbe. Inimmaginabili le ripercussioni sul calcio inglese ed europeo. 

Roman Abramovich
Roman Abramovich – Foto: keystone-sda.ch / STF (Martin Meissner)

Il tema “Abramovich” porta a riflessioni molto più ampie sul futuro dei club. Una visione interessante l’ha offerta Kenneth Cortsen, economista sportivo dell’University College of Northern Denmark, ponendo sul tavolo il tema della scelta delle proprietà:

La Russia non è stata simbolo positivo per gli sport internazionali negli ultimi anni, con doping sistematico, sportswashing e altri incidenti legati a un capitale reputazionale negativo. Perché permettiamo di concedere la proprietà di alcuni dei più importanti asset sportivi sul suolo del Regno Unito a persone con legami con la Russia, dato tutto quello che è successo?

Kenneth Cortsen, economista sportivo dell’University College of Northern Denmark

Ma il problema delle proprietà e delle sponsorizzazioni russe è molto più grande e supera i confini britannici. Il vero tallone d’achille del calcio europeo, infatti, si chiama Gazprom. Il gruppo che detiene le maggiori riserve di gas naturale del mondo (16% della quota globale), dagli inizi degli anni Duemila ha iniziato una politica di espansione che ha coinvolto in modo scientifico il calcio. Dopo essere divenuto proprietario dello Zenit San Pietroburgo e main sponsor del Chelsea per diversi anni, è anche main sponsor della UEFA: la compagnia russa ha un accordo di partnership con la confederazione europea che durerà fino al 2024 e vale circa 40 milioni di euro l’anno; inoltre, il CEO di Gazprom, Aleksander Djukov –  che tra l’altro è anche presidente della Federcalcio russa – è stato eletto nel comitato esecutivo della UEFA. Come scrive Luciano Mondellini su C&F: “Gazprom è Putin e Putin è Gazprom“, e questa relazione ora mette in un certo imbarazzo i vertici del calcio continentale; Ceferin, presidente della UEFA, deve decidere da che parte stare, anche se i precedenti non sono di buon auspicio. Sono ancora fresche le direttive del massimo organo del europeo che durante gli Europei aveva costretto l’Ucraina a una modifica della propria divisa per non infastidire l’uomo forte del Cremlino. La maglia gialloblu dell’Ucraina, che  riportava due scritte «Gloria all’Ucraina» e «Gloria ai nostri eroi» era troppo politica, secondo l’organo organizzatore dell’evento. 

Amichevole tra lo Schalke 04 e lo Zenit St. Petersburg per la presentazione del nuovo sponsor Gazprom al VeltinsArena di Gelsenkirchen

Ma Gazprom è anche main partner della Stella Rossa e, soprattutto, dello Schalke 04. Tra il club di Gelsenkirchen (nel cuore della Ruhr, polmone industriale del Paese) e il colosso russo si intrecciano relazioni che travalicano il mero legame sportivo. In seguito all’aggressione russa, appena il club tedesco, che milita nella seconda divisione tedesca, ha deciso quasi subito di rimuovere il logo Gazprom dalle divise di gioco, un membro del suo consiglio di amministrazione, Matthias Warnig, si è dimesso. La storia di Warnig è piuttosto controversa. Dopo esser stato membro della STASI, con la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’URSS, Warnig si è avvicinato a Putin ed è stato uno dei protagonisti della costruzione del gasdotto Nord Stream 1, che dalla Russia conduce il gas in Germania e vede in Gelsenkirchen la città cruciale nello scacchiere energetico europeo. Appartenendo al consiglio di amministrazione di Nord Stream AG, la società che gestisce il gasdotto, è nell’elenco dei sanzionati dagli Stati Uniti per l’invasione russa. Ed è per questo che si è dimesso anche se il club ha fatto sapere che non c’è nessuna correlazione tra questi due eventi.

Come raccontato in un reportage sulla rivista Spiegel, il club è ostaggio del colosso russo: lo Schalke sta vivendo un periodo di profonda crisi economica, acuita dalla retrocessione nella 2. Fußball-Bundesliga e nonostante ciò il contratto che lega Gazprom al club è stato rinnovato di recente fino al 2025 per una cifra intorno ai 10 milioni di euro annui (15 in caso di promozione). Si tratta di un accordo a cui il club tedesco non può rinunciare. Oltretutto, se lo Schalke decidesse di recedere il contratto in anticipo, dovrebbe versare una penale allo sponsor russo. Non è un caso che la discussione su come muoversi sia in programma solo il 12 giugno quando ci sarà l’annuale assemblea dei soci del club. Un vicolo cieco che al momento porta solo ad un paradosso: incassare i soldi della compagnia russa, cancellando però il suo logo dalla maglia. Non sappiamo ancora quale sarà la reazione del gigante russo, ora impegnato a fronteggiare altre priorità, ma non c’è dubbio che non si farà attendere e forse potrà essere la fine del club della Ruhr. 

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