italia mondiali

L’Italia è questa

Non eravamo dei fenomeni, non siamo degli scarponi. L’incipit non poteva che essere questo poiché dopo la sconfitta contro la Macedonia del Nord nello spareggio per la qualificazione ai Mondiali in Qatar sembra che ci siamo trasformati, una metamorfosi da principe a ranocchio in pochi mesi, come nelle più celebri fiabe. La verità è semplice, e dobbiamo mettercela bene in testa per non soffrire nuovamente: non abbiamo mai avuto una Nazionale di grande qualità negli ultimi anni, nemmeno quella che ha vinto l’Europeo. Anzi, la vittoria del trofeo continentale non ha fatto nient’altro che buttare altro fumo negli occhi. La nostra nazionale non era tra le favorite prima dell’inizio del torneo e ha sorpreso tutti, riuscendo a conquistare vittorie e qualificazioni, fino alla finale, con grinta, fortuna e bel gioco.

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Tutto vero, come è vero che siamo i campioni d’Europa in carica, ma questo non fa di noi una squadra forte o talentuosa. Il paragone più evidente che mi viene da fare è con la Grecia nel 2004. È fuori di dubbio che la nostra rosa è più competitiva, più tecnica di quella squadra lì. Lo sappiamo, a volte, nello sport i miracoli esistono e quando penso al calcio, mi vengono in mente le vittorie del Leicester, del Montpelier, della Grecia, appunto, e forse anche della nostra Nazionale. Non posso mettere questi “miracoli” tutti sullo stesso piano. L’Italia di Mancini arrivava all’Europeo da un momento d’oro e da una lunga striscia di risultati utili consecutivi che hanno sancito l’attuale record della Nazionale, ma sicuramente la nostra rosa non era confrontabile con quella di Francia, Spagna, Inghilterra, Belgio, Germania eppure siamo arrivati in fondo grazie anche a una buona dose di fortuna e caparbietà, perché comunque i rigori bisogna batterli, segnarli e pararli. E noi ci siamo riusciti. 

La verità è semplice, e dobbiamo mettercela bene in testa per non soffrire nuovamente: non abbiamo mai avuto una Nazionale di grande qualità

E allora dove sta il problema? Perché non è vero che abbiamo lasciato tutto il talento in Inghilterra? Dobbiamo guardare indietro; nel senso che la nazionale azzurra, come tutto il circo dei giocatori italiani, di strutture, di società, di stadi, è uno, anzi due, facciamo tre, passi indietro rispetto agli altri grandi Paesi ed è solo grazie a Mancini e a quella Nazionale che la FIGC, e tutti gli appassionati, ha potuto ancora una volta nascondere la polvere sotto il tappeto. È da anni che lamentiamo una grande differenza con gli altri Paesi che dominano, ed è da anni che si chiedono regole serie, severe che prevedano programmazione, idee e sapienza per riuscire a costruire un business sportivo sano e talentuosamente valido. Senza le performance, i risultati economici non esistono, e se manca la parte che fa girare il mercato, il settore crolla su stesso. Il raggiungimento delle finali di Champions League da parte della Juventus, Berlino 2015 contro il Barcellona e a Cardiff nel 2017 contro il Real Madrid, l’arrivo di Cristiano Ronaldo poi e la vittoria dell’Europeo, invece di essere dei trampolini di lancio per riqualificare il calcio nostrano, sono stati dei pretesti per non evolversi, per non migliorarsi, per non innovarsi. Sono tre punti fondamentali. Tre colonne portanti del fallimento di questa mancata qualificazione ai Mondiali.

roberto mancini
Che ne sarà di Roberto Mancini e del suo progetto di valorizzazione dei giovani italiani?

Dopo la vittoria dell’Europeo, Mancini ha voluto confermare in blocco una squadra che non aveva dimostrato davvero di meritare la vittoria. Penso principalmente alla fase offensiva, a Ciro Immobile che ha sempre dimostrato di riuscire a segnare con costanza solo nel campionato italiano. In Serie A è una certezza, chiedere agli amanti del fantacalcio, ma fuori? Poco, pochissimo, quasi niente di rilevante. Senza considerare gli assenti, le eredità non mantenute, i giovani che non convincono così tanto e rimangono seduti in panchina. Da sottolineare anche una serie di risultati, antecedenti alla sconfitta con la Macedonia del Nord, che hanno messo in crisi il nostro cammino verso il Qatar con nazionali considerate meno qualitativamente rilevanti della nostra. Il tema però è un altro: testa, corsa e cuore. Tre qualità che abbiamo avuto durante il percorso europeo e che invece ci siamo completamente dimenticati in questo percorso. Abbiamo pensato di essere bravi, belli, forti. Tutte finte verità scritte dal mondo dei media, di cui anche noi facciamo parte. Un grosso mea culpa serve anche a chi commenta, critica e valorizza con le parole un giocatore o una squadra. In questo Paese, purtroppo, non esistono le mezze misure. O sei un fenomeno, o sei scarso. Invece c’è una scala di grigi immensa che sta colorando il nostro calcio da più di due decadi ed è quella fatta da giocatori mediocri, tanti, e buoni giocatori, pochi. Nessun fuoriclasse, nessun campione. Gli ultimi sono quelli che hanno vinto il Mondiale del 2006. Attenzione, però, la storia è piena di casi di campioni, campionissimi, fuoriclasse che non hanno mai vinto nulla con la propria Nazionale e non è detto che si debba per forza vincere. Perché esistono anche gli avversari e, tutti, vanno rispettati, soprattutto oggi dove la linea è sottilissima e se non giochi al massimo delle tue energie e possibilità difficilmente potrai uscire dal campo da vincitore. 

Un grosso mea culpa serve anche a chi commenta, critica e valorizza un giocatore o una squadra. In questo Paese, purtroppo, non esistono le mezze misure. O sei un fenomeno, o sei scarso.

Abbiamo una chance, una seconda dopo quella che ci “donò” Giampiero Ventura, e non è da sprecare. È il momento di un serio esame di coscienza. Oggi abbiamo la possibilità di rifondare la Lega di Serie A, di metterci in testa che non possiamo più vincere, se non in occasioni isolate e fortunate, senza pianificare il futuro del calcio italiano, partendo dalle giovanili, dalle rose, da e con le società. E da qui che si può ripartire, per tornare a essere davvero protagonisti nella storia del calcio mondiale, senza sperare che un giorno arrivi il nuovo Roberto Baggio o il nuovo Francesco Totti; questi giocatori non torneranno più. Dovremo, dovranno, essere bravi a trovarne e allenarne di nuovi. L’importante è essere consapevoli che l’Italia è questa, oggi, fatta di giocatori grigi, non azzurri, ed è così da un bel po’ di tempo. Non eravamo dei fenomeni, non siamo degli scarponi. 

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