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Una Tarra, un Populu, un’Avvene: la Corsica, il Furiani e la nazionale

A lingua ghjè l’affare di tutti è tocca à ognunu, omi è donne, d’impegnassi per fà di a nostra lingua, una lingua di famiglia, d’amichi è sopr’à tuttu d’amore!

Rivista A Piazzetta 

Dio vi salvi Regina è molto più del motto presente all’interno della nera divisa della Squadra Corsa, la nazionale di calcio isolana in cerca di un futuro riconoscimento da UEFA e FIFA: è l’urlo di battaglia, l’atto di fede di un popolo che lotta per la propria identità, per la verità e la giustizia.  Secondo Rokkan, la Corsica è la periferia per eccellenza. Cuore del Mediterraneo eppure isolata, per volontà di non sentirsi appartenente a qualsiasi altra comunità al di là del mare, poiché costretta dal suo status di periferia repubblicana francese. Insularità e dominio fanno di questa terra un vulcano sempre pronto a eruttare, e ciò che è accaduto lo scorso marzo ne è la prova. 

Il 25 marzo 2022 nella cittadina di Cargése un religioso silenzio veniva spezzato dai canti popolari sussurrati da quello che più un corteo funebre era una vera e propria marea umana giunta dal mare e dalla montagna vestita della bandiera bianca con la testa di Moro. Il popolo corso era accorso a piangere l’indipendentista Yvan Colonna, morto il 21 di marzo dopo tre settimane di coma determinato dal presunto pestaggio subito all’interno del carcere di Arles dove stava scontando l’ergastolo per l’assassinio del prefetto Claude Erignac avvenuto nel 1998. Professatosi sempre innocente, Colonna aveva più volte richiesto di poter scontare la sua pena in Corsica, ignaro che vi avrebbe fatto ritorno avvolto da una bara e una bandiera corsa. Il clima era ben diverso dai giorni di passione che avevano accompagnato l’agonia di Colonna, con le strade di Bastia e Ajaccio invase dalla folla che manifestava la propria collera con cori e striscioni in lingua corsa: Ghjustizia è Verità, Statu Francese Assassinu e Indipendenza sola speranza.  La lingua è viva, bisogna parlarla: così la pensano i corsi, consapevoli della loro identità e del bisogno di comunicarla a chi cerca di negarla. 

Yvan Colonna

Sono in molti a credere che l’omicidio di Colonna ha a che vedere con lo stesso Stato, colpevole già all’epoca di Sarkozy, di aver ingiustamente condannato Colonna per un reato da lui non commesso. La morte del leader indipendentista e l’ondata di proteste in tutti i centri dell’isola ha riacceso la questione dell’autonomia della Corsica e dei suoi 340mila abitanti con il ministro dell’interno francese Gerald Darmanin, che per la prima volta ha dovuto ammettere che urge una riflessione sullo status della Corsica. 

Colonna come il Ribellu, l’icona degli anni della violenza e del terrore, l’eroe gangster, l’uomo senza volto armato di mitragliatrice dipinto sui muri di Corte, Santa Reparata, Ghisonaccia e Bonifacio; colui che ha dato via a una subcultura giovanile che sognava il riscatto corso dando voce alla pancia, rigettando gli invasori francesi o i Pieds-noir in fuga dall’Algeria. Gli stessi giovani che negli anni Novanta sognavano di affrancarsi dalla marginalità economica e sociale imposta dall’Esagono abbracciando la lotta armata e il malaffare. Voci di una Corsica che da sempre volta la schiena al mare per fissare i propri monti, preservare la sua natura pastorale e nutrirsi dei legami rimasti immutati nei secoli. Famiglia, villaggio e clan plasmano l’isola e il suo funzionamento sociale, dal mutuo soccorso alla vendetta, passando per gli obblighi morali. La Corsica è lontana da Marsiglia, Tolone e Nizza ed è profondamente diversa dai territori d’oltremare come Martinica, Guadalupa, St. Pierre et Miquelon, Guyana, Mayotte e Wallis et Futuna che sentono battere la Marianna nel fondo delle loro viscere. 

La morte del leader indipendentista e l’ondata di proteste in tutti i centri dell’isola ha riacceso la questione dell’autonomia della Corsica e dei suoi 340mila abitanti con il ministro dell’interno francese Gerald Darmanin, che per la prima volta ha dovuto ammettere che urge una riflessione sullo status della Corsica. 

C’è stato un tempo in cui quest’isola contesa dai popoli del Mediterraneo ha conosciuto la libertà sotto la guida di Pasquale Paoli (1755-1769), prima di convertirsi in quella che in molti definiscono o percepiscono come una colonia francese. La Francia è stata uno dei primi stati moderni a esercitare la forza del proprio apparato sulle periferie, creando veri e propri sistemi di dipendenza economica, politica e amministrativa. Per quanto riguarda la Corsica, con la fine della Seconda guerra mondiale lo stato francese è intervenuto pesantemente alterando la struttura demografica dell’isola, stimolando una progressiva francesizzazione del territorio in tutte le sue componenti. Dall’agricoltura al turismo di massa, passando per il ripopolamento dell’isola con l’arrivo di funzionari dal continente e degli esuli d’Algeria: in poco meno di trent’anni la Corsica ha subito la più radicale delle trasformazioni che ha spaccato il territorio risvegliando il sogno nazionalista/autonomista a lungo sopito. Con la nascita dei movimenti e dei partiti a sostegno della causa corsa, la situazione è progressivamente precipitata sia da un punto di vista politico che sociale. 

Parigi iniziò presto a subire pesanti perdite di potere acuite dai fiumi di sangue che scorrevano per i borghi e le città corse a seguito delle azioni militari compiute da chi aveva scelto di emancipare l’isola attraverso la lotta armata. Ma il vero caos è arrivato quando la Francia riformò per ben due volte lo statuto isolano (1982 e 1991) facendo diventare la Corsica una regione metropolitana e attribuendole le competenze negli ambiti dell’educazione e della cultura. Con l’arrivo del decentramento sono arrivati ingenti capitali e con essi e la deriva di alcuni rami dei movimenti nazionalisti che hanno iniziato a tessere solidi rapporti con le reti mafiose dentro e fuori l’isola. 

tragedia furiani
La tragedia del Furiani, uno dei momenti più drammatici del calcio corso

Anni durissimi per il popolo corso, diviso, confuso e stanco di vedere la propria gente arrancare e in alcuni casi morire ingiustamente, semplicemente recandosi allo stadio per vedere la squadra più importante dell’isola giocare contro l’allora regina indiscussa del calcio transalpino, l’Olympique de Marseille. Il 5 maggio 1992 lo Sporting Club Bastia e l’OM erano pronte a scendere nel campo dell’Armand Cesari di Furiani per conquistarsi il biglietto per la finale di Coupe de France, quando accadde la tragedia.

Data l’importanza della partita la dirigenza del Bastia decise di aumentare del 50% la capacità del proprio stadio. Nel giro di dieci giorni venne costruita una tribuna provvisoria da diecimila posti che mise d’accordo il tifo, il club e le autorità locali. Fu proprio quella tribuna a crollare pochi minuti prima del fischio d’inizio, causando la morte di 19 persone e 2.357 feriti. La partita non fu giocata e neppure recuperata, troppo grande la tragedia, forte lo sdegno in Corsica – i fatti del Furiani avrebbero portato alla luce le storie di corruzione e gli illeciti politico-amministrativi con al centro il club e le istituzioni locali – e grandissimo lo shock in tutto l’Esagono. La Federcalcio francese decise, in segno di lutto, di annullare quell’edizione della Coppa di Francia ponendo fine ai sogni di gloria del Bastia, all’epoca unica squadra isolana capace di far mangiare la polvere ai club del continente. 

Con le sue 40 mila anime, Bastia è il centro economico dell’isola e da sempre alter ego della capitale Ajaccio, soprattutto nel calcio. Oltre a essere divise dalle montagne, le due città sentono forte il campanile e le differenze in ciò che ambo le parti definiscono amor patrio. Lo Sporting Club Bastia è croce e delizia del movimento calcistico corso e simbolo quel nazionalismo etnico che è stato alla base delle tensioni, delle commistioni con la criminalità organizzata. Tre volte finalista in coppa di Francia – con una vittoria contro il St Etienne nel 1981 – vincitrice di una Supercoppa francese, vincitrice della Coppa Intertoto 1997 e finalista Uefa contro il Psv nel 1978, lo Sporting oggi sogna di ritornare in Ligue 1 e rivivere le partite di fuoco contro gli acerrimi rivali di Nizza, Monaco e Marsiglia. 

Sporting Club Bastia
Tifosi dello Sporting Club Bastia

Se vincere in continente è una questione d’identità corsa, vincere il derby isolano contro l’Athletic Club Ajaccio è tutto ciò che serve per esercitare il dominio sull’isola. L’ACA con la sua storia borghese e bonapartista è la seconda squadra corsa ad aver raggiunto i massimi livelli del calcio francese, e ha una visione differente della Corsica rispetto ai rivali isolani del Bastia e del GFCA, Gazélec Football Club Aiacciu, la squadra operaia e interamente corsa che naviga da una vita negli abissi del calcio francese. 

Tre squadre che sono solo la punta di un iceberg di un sistema calcistico facente capo alla Ligue Corse de Football che da oltre un secolo riunisce tutti i club dell’isola e organizza la Division D’Honeur – il campionato corso aventi come partecipanti i club isolani iscritti nelle categorie Regional 1 e 2 – e la Coupe de Corse. Trofei sentiti da tutti i club dell’isola, ognuno con la sua storia, il suo stemma e i simboli che parlano solo e soltanto di lingua e la cultura corsa, e quel seguito popolare che fa di ogni partita una lotta identitaria. L’ES Bastia, il Calvi, il Furiani, l’US Corte, il Lucciana, il Borgo e il Porto Vecchio hanno tutte storie di forte radicamento sociale e comunitario oltre a un compromesso politico che ha contribuito all’ascesa dei partiti nazionalisti e autonomisti corsi. 

La Corsica di oggi cerca una svolta che la porti lontano da Parigi, tanto in politica – con l’avvento al potere del partito Femu a Corsica di Gilles Simeoni che nelle elezioni del 2021 ha ottenuto 32 seggi su 63 nel parlamento regionale corso – quanto nel calcio, con il rilancio della Squadra Corsa de Pallò, la nazionale corsa. 

Attiva dal 1967, la selezione corsa è l’unica a unire tutti i corsi sotto la stessa bandiera e rappresentare l’isola a livello internazionale. Non perde una partita dal 1998 (sconfitta contro la Sardegna): da quel momento in poi solo grandi risultati contro le nazionali FIFA di Bulgaria, Gabon, Nigeria e altre selezioni come Euzkadi, Sardegna, Bretagna, Guadalupa e Martinica. Nonostante siano solo delle amichevoli, quando la Regina chiama, ogni giocatore corso – dai dilettanti ai professionisti della Ligue 1 – risponde presente, lasciando tutto e tutti per vestire la maglia nera. Rémy Cabella, Louis Poggi, Gary Coulibaly e Anthony Lippini sono solo i più famosi; dietro di loro c’è un gruppo di atleti che sogna di rappresentare l’isola nel mondo e magari vincere qualcosa di importante. Dal 2018 la federazione corsa cerca attivamente di entrare nella FIFA seguendo gli esempi di Kosovo e Gibilterra, ma anche delle nazionali (in parte riconosciute) della Martinica, Guadalupa e Guyana Francese che pur essendo parte della Francia sono riuscite a ottenere il lasciapassare per i tornei Concacaf. 

Quando gioca la Squadra Corsa, la gente sogna il compimento di quell’avvenire che hanno tatuato sul petto: una tarra, un populo, un’avvene.

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