The Ongoing Revolution of Portuguese Cinema

La rivoluzione del cinema portoghese: storia e politica al MoMA

La mostra The Ongoing Revolution of Portuguese Cinema, in corso al MoMA, non è solo una celebrazione di film straordinari e rari che esaltano la lingua e la cultura portoghese, ma è anche una testimonianza di un cinema profondamente politico, nato in un’epoca cruciale della storia del Portogallo, a partire dalla metà degli anni Sessanta.

Il periodo coperto dai film presentati include infatti gli ultimi anni del regime dittatoriale di António de Oliveira Salazar, che governò il Paese con pugno di ferro dal 1932 al 1968. Sotto la sua guida, il Portogallo visse un lungo periodo di autoritarismo, con limitazioni delle libertà civili e censura artistica, durato fino al 1974, anno in cui un colpo di Stato guidato da ufficiali militari dissidenti – il celebre colpo di Stato dei garofani – riuscì a rovesciare il governo e a ripristinare la democrazia.

La retrospettiva proposta dal MoMA, oltre ad includere alcuni dei più celebri registi portoghesi, come Manoel de Oliveira, Pedro Costa e Miguel Gomes, pone anche l’accento su cineasti meno noti ma ugualmente rilevanti, creando un quadro complesso e ricco di un cinema che ha saputo integrare la forma artistica con la necessità di esprimere contenuti politici urgenti.

Come accaduto con il Neorealismo italiano, i film che raccontano con cruda realtà la vita quotidiana della gente comune acquisiscono un potere liberatorio. Elemento distintivo di questo tipo cinema è la riflessività, che spesso viene erroneamente interpretata come un formalismo astratto. In realtà, rappresenta una sfida radicale all’ordine stabilito, un atto di confronto diretto con la realtà. Un esempio si trova in Cronaca di un’estate (1960), un film in cui Jean Rouch e Edgar Morin misero a nudo la vita quotidiana in Francia durante la guerra d’Algeria, ponendo in primo piano le proprie pratiche artistiche e sfidando apertamente la censura politica. Lo stesso vale per i film iraniani degli anni Ottanta, come quelli di Abbas Kiarostami, che univano realismo documentaristico e riflessione metacinematografica per denunciare le ingiustizie sociali. Questo tipo di cinema si sviluppò anche in Portogallo, ben due decenni prima.

The Ongoing Revolution of Portuguese Cinema

Manoel de Oliveira è forse il regista portoghese più noto, non solo per la straordinaria durata della sua carriera, che iniziò nel 1931 e si concluse solo con la sua morte nel 2015, ma anche per la maestosità e l’ampiezza dei suoi film. Tra i suoi lavori spicca Atto di primavera (1963), un film che rompe la “quarta parete” del cinema portoghese, permettendo alla luce del mondo contemporaneo di entrare nella narrazione. Il film, un adattamento di una rappresentazione della Passione di Gesù secondo il testo del XVI secolo di Francisco Vaz de Guimarães, messa in scena dagli abitanti del villaggio di Curalha, si svolge con attori in costume che recitano con un tono teatrale arcaico. Ma Oliveira introduce elementi della vita contemporanea, come contadini che litigano, corride e persino una troupe cinematografica che filma l’azione, creando un interessante contrasto tra tradizione e modernità.

La forza del cinema di Oliveira risiede nella sua capacità di mescolare realtà e finzione, come dimostra la sua decisione di concludere il film con esplosioni nucleari, lanci di razzi e scene di guerra, accostate alla figura di Gesù flagellato, trasformando il film in un’opera profondamente politica.

Un altro grande esempio di cinema riflessivo portoghese è il film del 1964 di Fernando Lopes, Belarmino. Il protagonista, Belarmino Fragoso, un ex campione di pugilato, interpreta se stesso in un dramma che racconta la sua vita, tra interviste e scene di vita quotidiana. Il film esplora temi come la povertà, l’ingiustizia sociale e lo sfruttamento, bilanciati dalla sincera autoanalisi del protagonista. Il lavoro di Lopes è caratterizzato da un’attenzione penetrante alla realtà sociale e psicologica, suggerendo che le storie non vengono solo vissute, ma anche rivelate attraverso un processo collaborativo tra chi le vive e chi le racconta.

Lopes continuò a esplorare la fusione tra realtà e finzione anche in Nós por cá Todos Bem (1978), un altro film incluso nella retrospettiva del MoMA. Questo lavoro si concentra sulla vita degli abitanti di un villaggio che si sta svuotando a causa dell’emigrazione e dell’urbanizzazione. Il regista mescola documentario e finzione, utilizzando la madre come narratrice e un’attrice per interpretarla da giovane. La trama si svolge in modo non lineare, con scene che mixano realtà e ricostruzione, creando una narrazione che riflette la transizione del Portogallo da una dittatura a una democrazia.

Tra gli altri film inclusi nella mostra del MoMA, non poteva mancare The Guns and the People (1975), un documentario che racconta la rivoluzione del 1974 in Portogallo, e soprattutto What Shall I Do with This Sword? (1975) di João César Monteiro, un’opera che critica il colonialismo portoghese e l’influenza politica americana.

Il cinema portoghese post dittatura ha continuato a sviluppare forme innovative di docufiction e metafiction per affrontare i traumi del passato e le ingiustizie del presente. Un esempio è il monumentale In Vanda’s Room (2000) di Pedro Costa, un’opera che segue la vita di Vanda Duarte, una giovane tossicodipendente che vive in un quartiere povero di Lisbona. Il film, lungo quasi tre ore, è caratterizzato da una lentezza esasperante che riflette la staticità e la lotta esistenziale della protagonista, mentre la demolizione del quartiere avanza inesorabilmente.

Miguel Gomes, altro regista contemporaneo, esplora il rapporto tra realtà e finzione nel suo film Our Beloved Month of August (2008), che racconta le vicende di una troupe cinematografica che arriva in un villaggio per girare un film e finisce per coinvolgere i residenti locali nel progetto. Il film, ironico e leggero, è un omaggio alla vitalità della vita di paese e alla complessità delle relazioni umane. In Tabu (2012), Gomes continua a esplorare temi coloniali e postcoloniali, alternando la narrazione moderna con una storia ambientata nel Mozambico coloniale, raccontata attraverso un melodramma muto in bianco e nero.

La retrospettiva al MoMA non solo celebra questi grandi autori, ma offre anche uno sguardo completo su un movimento cinematografico che ha saputo evolversi in parallelo con i cambiamenti politici e sociali del Portogallo, mantenendo sempre vivo il legame tra arte e impegno politico.

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