La storica influenza francese in Africa attraverso politiche economiche, alleanze militari e interventi diplomatici è ora in declino, eppure mentre molti Paesi africani continuano a mostrare un crescente risentimento verso Parigi, complice l’emergere di nuove potenze come la Cina e la Russia, il Rwanda è una sorprendente eccezione.
Guidato dal presidente Paul Kagame, il Paese centrafricano ha compiuto un’inversione di rotta, abbracciando la lingua, la cultura e le tradizioni culinarie francesi, pur mantenendo salde le relazioni con il mondo anglofono. Questo cambiamento risulta ancora più significativo alla luce delle storiche tensioni tra i due Paesi, acuite dal ruolo controverso della Francia durante il genocidio del 1994, in cui persero la vita circa 800.000 persone, principalmente di etnia Tutsi. Parigi è stata accusata di aver sostenuto indirettamente il governo ruandese responsabile del genocidio, nel tentativo di mantenere la sua influenza nella regione dei Grandi Laghi. Però, l’avvento di Emmanuel Macron ha segnato un tentativo di riconciliazione e riparazione storica, culminato con la commissione di un rapporto che ha definito il ruolo della Francia come “grave e schiacciante”, pur negando una complicità diretta.
Relazioni franco-ruandesi: dalle origini alla frattura diplomatica
L’influenza francese in Rwanda è iniziata durante l’epoca coloniale, anche se il Paese era formalmente una colonia belga. La Francia intervenne attivamente nei decenni successivi all’indipendenza, fornendo sostegno militare e finanziario ai governi che si susseguirono, consolidando la sua presenza tramite alleanze strategiche con le élite politiche locali. E con l’ascesa al potere di Juvénal Habyarimana nel 1973, il rapporto tra Parigi e Kigali si intensificò ulteriormente. La Francia offrì appoggio al governo Habyarimana, vedendolo come un baluardo contro le influenze anglofone e la penetrazione di altre potenze africane nella regione.
Le relazioni raggiunsero il culmine negli anni Novanta , quando la Francia intervenne militarmente durante la guerra civile tra il Fronte Patriottico Ruandese (FPR), guidato da Paul Kagame, e il governo di Habyarimana. L’Operazione Turquoise, un intervento francese sotto il mandato delle Nazioni Unite, volto a creare una “zona sicura” per i civili durante il genocidio del 1994, è tuttora oggetto di dibattito: secondo molti, l’intervento francese era rivolto a fermare la rapida crescita del partito FPR a danno del governo a guida Hutu.
Durante i decenni precedenti, Kagame aveva aspramente criticato l’allora presidente francese François Mitterrand per il supporto fornito a esponenti del governo ruandese responsabili del genocidio. Una tensione politica che degenerò nel 2006 quando un giudice francese spiccò un mandato di cattura per alcuni membri del governo ruandese, accusandoli dell’abbattimento dell’aereo su cui viaggiava Habyarimana, evento considerato l’innesco del genocidio. In risposta, il Rwanda espulse l’ambasciatore francese, chiuse le scuole francesi e abbandonò il francese come lingua ufficiale, adottando invece l’inglese.
La riconciliazione con Macron
Con l’elezione di Emmanuel Macron, le relazioni tra i due Paesi hanno conosciuto una svolta importante. Macron, consapevole delle ombre che ancora gravavano sul ruolo francese in Rwanda, commissionò un’indagine storica indipendente per far luce su ciò che accadde realmente durante il genocidio. Nel 2021, il rapporto redatto dallo storico Vincent Duclert stabilì che, pur non essendo complice, la Francia aveva una responsabilità morale e politica “grave e schiacciante” per aver sostenuto un governo violento e autoritario per ragioni geopolitiche. Il Rwanda, dal canto suo, pubblicò un proprio rapporto poco dopo, accusando la Francia di aver mantenuto un sostegno “incrollabile” a Habyarimana e ai suoi sostenitori anche durante gli eventi più drammatici.
Il riavvicinamento si concretizzò ulteriormente con la visita di Macron a Kigali, la prima di un presidente francese in oltre un decennio. A metà del 2021, la Francia nominò un nuovo ambasciatore in Rwanda, e l’Agenzia Francese per lo Sviluppo aprì un ufficio a nella capitale ruandese. La Francia si dimostrò solidale anche durante la pandemia, donando centinaia di migliaia di dosi di vaccino, mentre aziende francesi iniziarono a investire in vari settori, dal turismo alla tecnologia.
Per Parigi, il Rwanda rappresenta un partner strategico per la sicurezza nel continente, mentre per Kigali ciò ha comportato l’afflusso di significativi investimenti e fondi per lo sviluppo. La rinascita di queste relazioni ha dato impulso all’economia ruandese e, al contempo, ha fornito a Emmanuel Macron un raro successo diplomatico, in un momento in cui affronta una crescente ostilità verso la Francia in altri Paesi africani, oltre che tensioni politiche interne.
“Abbiamo un partner in Kagame,” ha dichiarato Hervé Berville, ministro francese, in una recente intervista a Kigali. Nato in Rwanda e adottato da una famiglia francese durante il genocidio, Berville incarna l’evoluzione delle relazioni tra i due Stati. Il sostegno economico è stato accompagnato da un rinnovato impegno culturale. Il francese è stato reintrodotto nelle scuole ruandesi, e nel 2022 Macron ha inaugurato un centro culturale a Kigali, e oggi, numerosi giovani ruandesi studiano il francese, mentre ristoranti e locali propongono sempre più spesso piatti della cucina d’oltralpe.
Una partnership strategica
Questa nuova alleanza non è solo culturale, ma ha anche importanti implicazioni strategiche per la Francia, che vede il Rwanda come un partner prezioso in un continente in cui potenze rivali, come la Cina e la Russia, stanno guadagnando terreno. Un esempio emblematico è il sostegno della Francia alle missioni militari del Rwanda in altre aree di crisi africane, come il Mozambico. Parigi ha incoraggiato e finanziato lo spiegamento di truppe ruandesi nella provincia di Cabo Delgado, regione chiave per la presenza di un progetto di gas naturale multimiliardario gestito dalla TotalEnergies, una compagnia francese. Questo intervento è stato sostenuto anche dall’Unione Europea, che ha destinato circa 21,4 milioni di dollari alla missione ruandese. Secondo Federico Donelli, professore di relazioni internazionali, il Rwanda rappresenta per la Francia un partner perfetto nella sua “nuova agenda africana“, poiché Parigi può estendere la propria influenza senza affrontare direttamente i rischi e le critiche connesse ad interventi militari.
Anche sul fronte dello sviluppo economico, la Francia ha incrementato il suo supporto al Rwanda. L’Agenzia francese per lo sviluppo ha stanziato mezzo miliardo di euro per sostenere la creazione di posti di lavoro e migliorare le infrastrutture sanitarie. Lo scorso aprile, i due Paesi hanno firmato un nuovo accordo di partenariato per il valore di circa 400 milioni di euro, volto a incentivare ulteriormente la crescita economica ruandese.
Le tensioni persistenti e le sfide future
Nonostante il riavvicinamento, permangono alcuni punti di tensione. La Francia ha accusato il Rwanda di appoggiare gruppi ribelli che destabilizzano la Repubblica Democratica del Congo, una denuncia respinta con forza da Kigali. Inoltre, il Rwanda continua a percepire come incompleta l’ammissione di responsabilità della Francia nella guerra civile. Durante il 30° anniversario del genocidio, Macron ha preferito evitare dichiarazioni più incisive, evidenziando la complessità e la sensibilità del tema.
Tuttavia, i due Paesi sembrano intenzionati a costruire una relazione pragmatica, che porti benefici reciproci su più fronti. Per Parigi, la partnership con Kigali rappresenta una rara opportunità di consolidare la propria presenza in Africa con un Paese che si sta rapidamente trasformando in un punto di riferimento per la stabilità regionale. Per il Rwanda, la cooperazione con la Francia apre nuove prospettive economiche e diplomatiche, consentendo a Kigali di rafforzare il proprio ruolo sulla scena internazionale.