Nel IV secolo d.C., durante le dispute tra cristiani e pagani, il patriarca Giovanni Crisostomo sfidò i suoi avversari a indicare il luogo della tomba di Alessandro Magno. Mentre i cristiani conoscevano la sepoltura di Cristo a Gerusalemme, la tomba del grande conquistatore macedone sembrava essere scomparsa dalla città di Alessandria, dove i suoi resti erano stati accolti secoli prima.
Le origini della sepoltura
Dopo la morte di Alessandro nel 323 a.C. a Babilonia, il suo corpo fu imbalsamato con cura. Secondo lo storico latino del I secolo d.C. Curzio Rufo, che scrisse secoli dopo la morte del conquistatore, il desiderio finale del sovrano macedone era essere sepolto nell‘oasi di Siwa, in Egitto, sede di un importante santuario dedicato a Zeus Ammon, con cui si identificava profondamente. Ma alla sua morte, i diadochi che avevano servito sotto di lui iniziarono a contendersi ferocemente il possesso della sua salma mummificata, riconoscendo nell’eredità simbolica del corpo di Alessandro un mezzo straordinario per legittimare il proprio potere e prestigio politico.
Uno di questi, Tolomeo I, intercettò il maestoso corteo funebre diretto in Macedonia e portò le spoglie in Egitto, consolidando così la sua autorità sul regno. Inizialmente, il corpo fu sepolto a Menfi, nell’antica necropoli di Saqqara. Si presume che il corpo fu deposto nel magnifico sarcofago in pietra destinato all’ultimo faraone egizio, Nectanebo II, rimasto vuoto dopo che il suo futuro occupante fuggì in Etiopia quando i persiani invasero l’Egitto nel 343 a.C.
Tolomeo II, successore del padre, trasferì il corpo ad Alessandria tra il 290 e il 280 a.C., fondando un culto religioso dedicato al celebre conquistatore. Il primo sommo sacerdote fu suo fratello Menelao.
Il grandioso mausoleo
La posizione esatta del mausoleo di Alessandro ad Alessandria rimane un mistero. Fonti antiche fanno riferimento a un luogo noto come Soma (dal greco σῶμα, che significa “corpo”) o Sema (dal greco σῆμα che significa “segno o marcatore della tomba”), che ospitava il sarcofago di Alessandro. Dal 272 a.C., il sacerdozio divenne una posizione prestigiosa e inviolabile nella società tolemaica e la tomba divenne presto un luogo di venerazione e pellegrinaggio, aumentando l’importanza di Alessandria come capitale del mondo ellenistico. Il mausoleo fu visitato da personaggi illustri come Giulio Cesare, Augusto, probabilmente anche Germanico (pronipote di Augusto) e gli imperatori Caligola, Vespasiano, Tito, Adriano, Settimio Severo e Caracalla.
Sappiamo molto poco delle caratteristiche precise del mausoleo. Questo imponente monumento era situato nel cuore della città di Alessandria, vicino all’incrocio delle principali arterie urbane che definivano il tracciato della capitale tolemaica. La sua struttura potrebbe essere stata ispirata da capolavori architettonici dell’epoca, come il celebre Mausoleo di Alicarnasso, una delle Sette Meraviglie del Mondo Antico. Secondo alcune testimonianze, il Soma di Alessandro era circondato da un recinto murato che ospitava anche le tombe piramidali dei primi sovrani della dinastia tolemaica. Al centro vi era un altare monumentale, simile a quello di Pergamo, oggi conservato al Pergamonmuseum di Berlino. La cripta custodiva il corpo imbalsamato di Alessandro, inizialmente collocato in un sontuoso sarcofago d’oro. Tuttavia, durante una rivolta nell’89 a.C., il sarcofago fu saccheggiato e successivamente sostituito con uno in cristallo, segno della sacralità ancora attribuita alla figura del grande conquistatore.
Nel III secolo d.C., guerre civili e rivolte danneggiarono gravemente Alessandria. Si ritiene che il terremoto del 365 d.C., seguito da un devastante maremoto, possa averlo distrutto. Nel 391 d.C., l’imperatore Teodosio ordinò la distruzione dei templi pagani ad Alessandria. Il patriarca Teofilo guidò la demolizione del Serapeo, ma le fonti non menzionano esplicitamente il Soma, suggerendo che potesse essere già scomparso.
Tra leggenda e realtà
Con la conquista araba di Alessandria nel 642 d.C. in seguito alla battaglia di Yarmuk, la città cambiò drasticamente e ogni traccia della tomba svanì. Alcuni storici musulmani collocarono il sepolcro vicino alla moschea di Dul Qarnain. Altri parlavano di una modesta cappella chiamata Tomba del profeta e del re Eskender.
All’inizio del XVI secolo, l’esploratore berbero Leone l’Africano, originario di Granada, collocò la tomba di Alessandro Magno in una piccola cappella situata tra le rovine dell’antico centro di Alessandria. Successivamente, nel XVIII secolo, i viaggiatori europei notarono che un modesto santuario situato nel cortile della moschea el-Attarin, edificata sulle fondamenta dell’antica chiesa di San Attanasio, era venerato dalla popolazione locale come il luogo di sepoltura del leggendario condottiero.
Questa tradizione sembrò trovare una conferma significativa alla fine del secolo, quando due membri della spedizione napoleonica in Egitto scoprirono in quel luogo un imponente sarcofago di granito grigio. Tuttavia, l’entusiasmo per la scoperta si spense rapidamente: alcuni anni dopo, la decifrazione della scrittura geroglifica da parte di Jean-François Champollion rivelò che il sarcofago non apparteneva ad Alessandro, bensì al faraone Nectanebo II, l’ultimo sovrano della XXX dinastia egizia.
La ricerca della tomba di Alessandro Magno si intensificò nel XIX secolo, spinta dal fervore archeologico dell’epoca. Tra i più celebri ricercatori vi fu Heinrich Schliemann, lo scopritore di Troia, che nel 1888 si recò ad Alessandria determinato a individuare il sepolcro del grande condottiero sotto la moschea del profeta Daniele (Nabi Daniel). Ma le autorità religiose locali gli negarono il permesso di condurre scavi, ponendo fine alle sue ambiziose speranze. Poco tempo dopo, un certo Joannides sostenne di aver trovato le tombe di Alessandro e Cleopatra in una necropoli tolemaica, dichiarando persino che i nomi dei due illustri occupanti erano incisi su porte di bronzo. Ma non esistono prove concrete a sostegno di questa affermazione.
Forse il più appassionato dei ricercatori fu Stelios Komoutsos, un cittadino di Alessandria che, a metà del XX secolo, dedicò la sua vita alla ricerca del mausoleo perduto. Investì tutti i suoi risparmi nell’impresa e inviò ben 322 richieste di autorizzazione per condurre scavi in varie aree della città. Nessuna delle sue domande, però, portò a risultati concreti.
L’ipotesi di Andrew Chugg
Negli ultimi anni, una teoria affascinante ma priva di solide basi scientifiche è stata proposta dall’inglese Andrew Chugg. Egli ha ipotizzato che il corpo di Alessandro Magno possa trovarsi a Venezia, nella basilica di San Marco. Secondo questa suggestiva teoria, i mercanti veneziani che nel IX secolo trafugarono ad Alessandria il corpo di San Marco avrebbero erroneamente portato con loro la salma del macedone.
Chugg basa questa ipotesi sul fatto che i mercanti potrebbero aver interpretato come sepolcro del santo un monumento particolarmente venerato dagli abitanti della città, forse proprio il mausoleo di Alessandro. A sostegno della sua idea, menziona anche la presenza nella basilica veneziana di un frammento di sarcofago, noto come la “lastra di Santa Apollonia“, decorato con una stella macedone, simbolo della casa reale a cui Alessandro apparteneva.
Inizialmente, il frammento fu datato al IV secolo a.C. e considerato un’opera ellenistica. Ma analisi successive dimostrarono che era stato realizzato in pietra di Aurisina, estratta nei pressi di Trieste, e databile all’epoca romana, dopo il II secolo a.C. L’uso della stella macedone non proverebbe dunque un legame diretto con Alessandro, ma rifletterebbe piuttosto l’influenza duratura del suo mito nell’immaginario collettivo dell’epoca.
Nonostante secoli di ricerche, esplorazioni e teorie audaci, il luogo di sepoltura di Alessandro Magno rimane avvolto nel mistero. Archeologi e storici continuano a interrogarsi, alimentando un enigma che, se mai sarà risolto, potrebbe rappresentare una delle più grandi scoperte della storia.