La pianta di coca, coltivata in Sud America per millenni, ha avuto un ruolo fondamentale nelle culture indigene per scopi rituali, spirituali e fisici. Sebbene oggi sia principalmente associata alla produzione di droghe illecite, la sua importanza storica e culturale è molto più ampia. Ecco sette fatti sorprendenti sulla coca che potresti non conoscere.
1. Due specie e quattro varietà di coca
Il termine “coca” deriva dall’aymara “khoka”, che significa “albero”. La pianta si suddivide in due specie principali e quattro varietà: amazzonica, huánuco, colombiana e trujillo. Queste sono state addomesticate indipendentemente almeno due o tre volte dagli antichi popoli sudamericani. Le differenze tra le varietà riguardano il clima in cui prosperano e la forma delle foglie. La coca è una pianta cespugliosa che può crescere fino a 10 metri di altezza e produce piccoli fiori e bacche rosse. Essendo sensibile al gelo, la sua coltivazione è limitata alle pianure, un fattore che potrebbe aver influenzato l’espansione dell’Impero Inca in aree favorevoli alla sua crescita.
Le foglie di coca contengono diversi alcaloidi, tra cui la cocaina, presente in quantità inferiori all’1%. Oltre alla cocaina, le foglie offrono anche calorie, carboidrati, minerali e vitamine, rendendole un’importante fonte nutritiva per le popolazioni indigene.
2. Una delle prime colture delle Americhe
Prove archeologiche indicano che la coca potrebbe essere stata addomesticata già nel 6000 a.C., anticipando il mais. Tracce della pianta sono state trovate nei pavimenti delle case nella valle di Nanchoc, in Perù, risalenti al periodo della prima agricoltura. La pratica di masticare foglie di coca potrebbe risalire alle prime tracce archeologiche rinvenute nelle abitazioni peruviane, dove sono stati trovati resti di coca insieme alla calcite, una sostanza che facilita l’estrazione degli alcaloidi dalle foglie. Tuttavia, prove più concrete di questa pratica sono emerse con la cultura Valdiviana, fiorita intorno al 3000 a.C. nell’attuale Ecuador.
A partire da questo periodo, manufatti come ceramiche, opere d’arte e tessuti, oltre a tracce di metaboliti di coca ritrovati in antiche mummie, confermano che la masticazione della coca fosse diffusa tra numerose culture precolombiane fino all’arrivo degli spagnoli. Una delle testimonianze più evidenti è rappresentata da ceramiche raffiguranti figure con un caratteristico rigonfiamento nella guancia, indicativo della presenza di un batuffolo di coca masticato, ritrovate tra i Wari, i Chapulí, i Moche e altre civiltà andine. Un altro elemento di prova è la chuspa, una borsa intrecciata utilizzata per trasportare le foglie di coca, presente in molte culture precolombiane e ancora oggi in uso tra le popolazioni indigene delle Ande.
Sebbene le prove archeologiche dimostrino che la masticazione della coca fosse diffusa da millenni, dettagli più precisi sulla regolamentazione della sua coltivazione e il suo uso cerimoniale emergono solo nel XV secolo, con le cronache dei colonizzatori spagnoli. Nell’Impero Inca, conosciuto come Tawantinsuyu, la coltivazione della coca era rigidamente controllata dallo Stato. I magazzini imperiali erano riforniti di foglie di coca, che venivano distribuite secondo necessità dal governo. La masticazione della coca era riservata principalmente alla nobiltà, a cerimonie religiose e ad alcune categorie di lavoratori al servizio dello Stato. Tra questi vi erano i chaskis, i messaggeri imperiali incaricati di percorrere grandi distanze per trasmettere comunicazioni all’interno dell’impero: a loro era concesso masticare coca per aumentare la resistenza e migliorare le prestazioni fisiche durante le lunghe corse tra le montagne andine.
3. Un’antica medicina
Nell’Impero Inca, la coca era considerata una pianta dalle potenti proprietà medicinali, utilizzata per alleviare il dolore, calmare il mal di stomaco e persino favorire la guarigione delle ossa. Un uso particolarmente diffuso era il sollievo dal mal di denti: la masticazione delle foglie, già praticata ampiamente, generava un effetto anestetico naturale, intorpidendo la bocca. Il cronista del XVII secolo Barnabé Cobo documentò inoltre come la coca venisse impiegata per prevenire la carie e mantenere sani i denti.
Studi scientifici moderni hanno confermato le proprietà analgesiche e anestetiche della coca quando applicata localmente. Alcuni ricercatori ipotizzano che gli Inca potessero averne fatto uso durante le loro avanzate procedure di chirurgia cranica, sfruttando il potere anestetico delle foglie per ridurre il dolore. Inoltre, è stato dimostrato che la coca contiene elevati livelli di calcio, il che potrebbe spiegare il suo utilizzo nel trattamento delle fratture ossee. Un altro beneficio documentato riguarda la capacità della coca di causare la costrizione dei vasi sanguigni, il che giustificherebbe il suo impiego per fermare le emorragie nasali.
Sebbene gli Inca non fossero consapevoli della sua composizione biochimica, la foglia di coca è ricca di vitamine, minerali e proteine, elementi che avrebbero potuto contribuire a integrare la dieta durante periodi di carestia o raccolti scarsi. Molti di questi usi sono sopravvissuti fino ai giorni nostri. Ad esempio, i turisti che visitano le altitudini elevate di Cusco e Machu Picchu vengono spesso invitati a bere mate de coca (tè di coca).

4. La coca nella divinazione
Le foglie di coca erano utilizzate per la divinazione tra le popolazioni andine. La prima menzione di questa pratica risale al 1571, nelle cronache di Cristobal de Molina, che descrive un rituale in cui le foglie di coca venivano bruciate da uno specifico tipo di hechicero (stregone), il quale ne interpretava i segni per predire il futuro. Altri resoconti dell’epoca parlano della pratica di attribuire al cocapirikuy, il sacerdote incaricato della divinazione ufficiale dell’impero, il compito di spargere le foglie su una stuoia per leggere le forme e determinare il futuro.
Indipendentemente dalla modalità, si credeva che le foglie di coca fossero un tramite tra gli dei e i loro messaggeri sulla Terra. Per questo, il loro consumo prima della meditazione e della comunicazione con le divinità era diffuso tra i sacerdoti delle diverse tribù indigene.
5. Coca nei prodotti di consumo moderni
Sebbene la coltivazione della coca sia regolamentata, oggi la pianta viene coltivata legalmente in Perù, Bolivia e Colombia per diversi scopi, tra cui la produzione di una vasta gamma di prodotti di consumo. Dalle caramelle ai cosmetici, fino agli integratori, la coca è utilizzata in molteplici settori, e i recenti sforzi per destigmatizzarla hanno portato a soluzioni sempre più innovative e creative.
Le bevande a base di coca sono tra le più tradizionali, come dimostra la lunga storia del mate de coca. E imprenditori e produttori stanno trovando nuovi modi per sfruttarne le proprietà. In Colombia, un innovatore ha creato il viche, un liquore di canna da zucchero infuso con foglie di coca, mentre in Bolivia la distilleria El Viejo Roble produce una birra alla coca. Anche il settore delle bevande energetiche ha accolto questa pianta: la società Coca Nasa ha lanciato Coca Sek, una bibita arricchita con estratti di coca.
Anche l’industria alimentare ha iniziato a esplorare nuovi modi per integrare la coca nelle sue creazioni. Se le caramelle alla coca sono diffuse nelle Ande da decenni, gli chef contemporanei stanno sperimentando l’uso della pianta in piatti raffinati. Lima, ormai riconosciuta come una delle capitali mondiali della gastronomia, ha visto ristoranti di alto livello introdurre ingredienti a base di coca nei loro menù. Il Central Restaurante propone un pane aromatizzato con foglie di coca, mentre Astrid y Gastón ha ideato un’insalata ricoperta di una crosta a base di coca. In tutta la regione andina, la pianta viene sempre più utilizzata nella preparazione di dessert e piatti gourmet grazie alla farina di coca, al burro di coca e alla polvere di foglie di coca.
L’impiego della pianta si estende anche oltre l’ambito culinario. L’azienda Pajarita Caucana ha sviluppato un innovativo metodo per estrarre pigmenti naturali dalle foglie di coca e creare tinture per filati di seta. Regolando il pH del bagno di tintura, è riuscita a ottenere una palette di 96 tonalità diverse, spaziando dal giallo al verde fino a varie sfumature di marrone.
6. La Coca-Cola e la coca
Il celebre nome Coca-Cola trae origine, almeno in parte, dalla pianta di coca, e contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la bevanda analcolica più famosa al mondo utilizza ancora oggi estratti di questa pianta. Sebbene la ricetta originale rimanga segreta, due ingredienti chiave sono noti da tempo: la foglia di coca e la noce di cola, un frutto africano ricco di caffeina.
Quando John Pemberton creò la Coca-Cola nel 1886, le medicine brevettate erano molto in voga, e tra queste vi era la French Wine Coca, una bevanda a base di vino e cocaina, quest’ultima appena isolata dagli scienziati della fine del XIX secolo. Pemberton, aggiungendo la cola alla formula, iniziò a commercializzare questa versione come un “tonico per il cervello e bevanda intellettuale“. Con l’inizio del XX secolo, l’opposizione all’uso della cocaina nei prodotti di consumo crebbe rapidamente, così in risposta alle pressioni politiche e sociali, i nuovi proprietari dell’azienda decisero di rimuovere la cocaina dalla bevanda, pur mantenendo il riferimento alla coca nel nome. Per farlo, iniziarono a utilizzare foglie di coca decocainizzate, un processo che permetteva di mantenere il sapore originale eliminando la sostanza psicoattiva.
Nonostante le leggi internazionali sempre più restrittive in materia di narcotici, la Coca-Cola Company ha continuato a ricevere un permesso speciale dal governo degli Stati Uniti per importare foglie di coca trattate, utilizzate esclusivamente per aromatizzare la bevanda. Questo particolare accordo ha consentito all’azienda di preservare la sua formula segreta e il legame storico con uno degli ingredienti che ne hanno determinato il successo globale.
7. Una pianta sacra
Quando l’Impero Inca avviò la sua espansione da Cusco, la foglia di coca era già considerata sacra da numerosi popoli indigeni del Sud America. Ma in assenza di documenti scritti, non è chiaro se questa credenza sia stata adottata dagli Inca o se siano stati loro a diffonderla nelle regioni conquistate. Ciò che sappiamo proviene dalle testimonianze spagnole del XVI secolo, che descrivono il profondo valore spirituale attribuito alla coca. Gli Inca la consideravano un dono degli dèi, tanto da dedicarle persino una divinità specifica, Mama Coca.
Cronache dell’epoca riportano che la coca venisse offerta a divinità come Viracocha e Pariacaca nei rituali religiosi. Un esempio significativo si trova nel manoscritto di Martín de Murúa, Historia del origen y genealogía real de los reyes inças del Perú, che raffigura due uomini indigeni intenti a fare offerte al dio Titicaca, una delle quali identificata proprio come coca. Altre testimonianze descrivono il suo utilizzo nei sacrifici per garantire raccolti abbondanti, nelle offerte per onorare il Sapa Inca alla sua morte e come requisito per avvicinarsi agli altari sacri, con i fedeli che portavano foglie di coca in bocca come segno di devozione. È evidente che questa pianta avesse un ruolo centrale in quasi ogni cerimonia spirituale e celebrazione religiosa.
Nonostante gli sforzi dei colonizzatori spagnoli per smantellare il sistema di credenze indigene e sostituirlo con il cattolicesimo, la sacralità della coca è sopravvissuta nei secoli. Ancora oggi, tra le comunità quechua in Perù e aymara in Bolivia, la coca viene utilizzata nelle pratiche rituali tradizionali. Le offerte agli apus e alle huacas (spiriti e luoghi sacri) includono i kintus, gruppi di tre foglie di coca simbolo dei tre regni cosmici, sollevati in alto con una preghiera prima di essere masticati.
Le restrizioni internazionali sulla coltivazione della coca sono ancora oggi un tema di grande dibattito. Paesi come la Bolivia continuano a opporsi a queste limitazioni, ritenendole una violazione del patrimonio culturale e religioso indigeno, oltre che una stigmatizzazione ingiustificata di una pianta che da millenni svolge un ruolo fondamentale nelle credenze e nei rituali delle popolazioni andine.