Alexander Hamilton è una delle figure più affascinanti della storia americana: un uomo che, partendo da umili origini, ha plasmato gli Stati Uniti come li conosciamo oggi. Nato nelle Indie Occidentali Britanniche, a Nevis, la sua data di nascita è tuttora incerta, anche se la maggior parte degli studiosi propende per il 1755 come anno di nascita, sulla base della scoperta di un documento probatorio del 1768 che ne riportava l’età di 13 anni. Alexander e il fratello maggiore, James Jr., nacquero fuori dal matrimonio da James Hamilton, figlio minore di un laird scozzese, e Rachel Faucette Lavien, una donna sposata che aveva lasciato il marito dopo anni di infelicità. La coppia visse insieme per diversi anni fino al 1765, quando James Hamilton abbandonò bruscamente la famiglia, sia per le difficoltà economiche, sia per evitare che Rachel, ancora formalmente sposata, potesse essere accusata di bigamia. Per mantenere i figli, la donna aprì un modesto negozio a St. Croix. All’inizio del 1768, sia lei che Alexander contrassero la febbre gialla; mentre il giovane Hamilton riuscì a sopravvivere, Rachel morì il 19 febbraio dello stesso anno. Rimasto orfano, Alexander si trovò senza una rete familiare stabile: il cugino che avrebbe dovuto occuparsi di lui e di suo fratello si suicidò poco dopo, lasciandoli completamente soli.
Nonostante queste difficoltà, Hamilton dimostrò fin da giovane una straordinaria capacità negli affari. A soli undici anni iniziò a lavorare come impiegato per una compagnia commerciale, distinguendosi per la sua abilità nel gestire i conti. Nel 1771, fu messo a capo dell’azienda per cinque mesi in assenza del proprietario, durante i quali affinò le sue competenze nella gestione finanziaria e nell’amministrazione, mostrando un’intraprendenza fuori dal comune. Avido lettore e aspirante scrittore, nei primi anni Settanta si dedicò anche alla poesia. Nell’autunno del 1772, scrisse una lettera al padre su un uragano che devastò St. Croix, che venne pubblicata sul Royal Danish-American Gazette, suscitando grande impressione per la vividezza della descrizione:
Sembrava che fosse in corso una totale dissoluzione della natura. Il fragore del mare e del vento, le meteore infuocate che fluttuavano nell’aria, il prodigioso bagliore dei lampi quasi perpetui, lo schianto delle case che crollavano e le grida penetranti delle persone in difficoltà erano sufficienti a lasciare sgomenti gli angeli.
(citato in Chernow, 37)
Quest’abilità narrativa non passò inosservata. Colpiti dalle sue capacità, i leader della comunità locale raccolsero fondi per permettergli di studiare in Nord America. Così, nell’ottobre del 1772, Hamilton sbarcò a Boston, per poi trasferirsi a New York City, dove l’anno successivo si iscrisse al King’s College (oggi Columbia University). Hamilton si immerse completamente negli studi classici, affrontando discipline come greco, latino, retorica, storia, matematica e scienze. Tuttavia, il clima politico turbolento dell’epoca lo spinse rapidamente all’attivismo. Con l’intensificarsi delle tensioni tra la Gran Bretagna e le Tredici Colonie, Hamilton si schierò con il movimento patriottico. Scrisse una serie di opuscoli anonimi in difesa del Boston Tea Party e delle azioni del Primo Congresso Continentale, criticando duramente gli Intolerable Acts imposti dal Parlamento britannico.
La guerra d’indipendenza
Nel 1775, con lo scoppio della Guerra d’Indipendenza Americana, si unì ad altri studenti del King’s College per formare una milizia patriottica inizialmente chiamata I Corsi, in riferimento alla Repubblica di Corsica, per poi adottare il nome Hearts of Oak (Cuori di Quercia). Nell’agosto dello stesso anno, quando la nave da guerra britannica HMS Asia apparve al largo di Manhattan, Hamilton e il suo gruppo assaltarono la batteria britannica sulla punta meridionale dell’isola, riuscendo a sequestrare dieci cannoni e rispondendo al fuoco nemico. L’anno successivo, la sua compagnia venne incorporata nell’esercito continentale, e Hamilton fu eletto capitano di una nuova unità di artiglieria. Partecipò alle battaglie di Harlem Heights e White Plains e guidò la retroguardia durante la ritirata americana attraverso Manhattan e il New Jersey, in cui il suo abile utilizzo dell’artiglieria ritardò l’attraversamento del fiume Raritan da parte delle truppe britanniche.
La sua condotta in battaglia attirò l’attenzione del comandante in capo dell’esercito, George Washington, che il 20 gennaio 1777 lo invitò a unirsi al suo staff come aiutante di campo. Hamilton accettò l’incarico e fu promosso tenente colonnello. Nei quattro anni successivi, si dedicò a redigere lettere per Washington, trasmettere ordini alle truppe e fungere da intermediario tra le autorità militari e civili. Durante il rigido inverno di Valley Forge, Hamilton rimase fedele a Washington, supportandolo anche nel contrasto alla Conway Cabal, in cui venne preparato un complotto per rimuoverlo dal comando. Durante questo periodo, strinse un forte legame con Gilbert du Motier, marchese di Lafayette, e John Laurens. L’amicizia con Laurens fu particolarmente intensa, tanto che alcuni storici hanno interpretato il tono della loro corrispondenza come affettuoso e profondamente personale. Il figlio di Hamilton, riferendosi alla loro relazione, parlò di un “tenero attaccamento di carattere femminile” (Chernow, 95).
Nonostante il dolore per la perdita dell’amico, Hamilton era noto anche per il suo fascino nei confronti delle donne. Secondo il biografo Ron Chernow, “tendeva a diventare civettuolo, quasi esuberante” (Chernow, 93). Tra i suoi primi interessi amorosi ci fu Catherine Livingston, figlia dell’ex governatore del New Jersey. Ma fu l’incontro con Elizabeth Schuyler, avvenuto a Morristown alla fine del 1779, a cambiare il corso della sua vita sentimentale. Elizabeth era la figlia del generale Philip Schuyler, una delle figure più influenti di New York, un elemento che sicuramente accrebbe l’attrazione di Hamilton, sempre attento alle opportunità sociali e politiche. I due si sposarono il 14 dicembre 1780 e nel corso degli anni ebbero otto figli. Nel frattempo, Hamilton continuava la sua ascesa all’interno dell’esercito e della politica. Desideroso di ottenere un comando sul campo, colse l’opportunità il 14 ottobre 1781, durante l’assedio di Yorktown. A capo di 400 uomini, guidò un audace assalto contro le truppe britanniche, contribuendo in modo decisivo alla resa dell’esercito di Giorgio III cinque giorni dopo.
La carriera politica e il progetto federalista
Dopo la vittoria a Yorktown, la guerra era praticamente finita e due anni dopo, con il Trattato di Parigi del 1783, gli Stati Uniti ottennero ufficialmente l’indipendenza. Hamilton si dimise dall’incarico militare e si trasferì ad Albany, New York, per studiare legge. Nel luglio del 1782 fu ammesso all’albo degli avvocati e, poco dopo, fu nominato rappresentante di New York al Congresso della Confederazione, incarico che mantenne fino al luglio 1783. Durante il suo mandato, rimase profondamente insoddisfatto dagli Articoli della Confederazione, che lasciavano il governo federale troppo debole e inefficace. Temendo la disgregazione dell’Unione, nel 1786, alla Convenzione di Annapolis, propose la revisione o la sostituzione degli Articoli, ponendo le basi per la Convenzione Costituzionale di Filadelfia nel maggio 1787.
Hamilton partecipò alla Convenzione come uno dei tre delegati di New York e si distinse per il suo discorso del 18 giugno, in cui propose un governo nazionale forte, con un esecutivo a vita. Sebbene le sue idee fossero considerate troppo radicali, il risultato finale fu una Costituzione che rafforzava significativamente il governo federale. Hamilton firmò la Costituzione il 17 settembre 1787 e si dedicò alla sua ratifica. Per persuadere l’opinione pubblica, scrisse, insieme a James Madison e John Jay, gli 85 saggi noti come i Federalist Papers, di cui lui stesso ne redasse 51, tra cui il Federalist No. 78, che sosteneva la necessità di un sistema giudiziario federale indipendente.
Dopo la ratifica della Costituzione da parte di nove Stati, il nuovo governo federale entrò in vigore nel marzo 1789, con George Washington eletto all’unanimità come primo presidente degli Stati Uniti. L’11 settembre dello stesso anno, Hamilton venne nominato Segretario del Tesoro, assumendo l’incarico con una visione ambiziosa per il futuro del Paese. Egli immaginava una nazione moderna e potente, basata su un forte governo centrale e su un’economia robusta.
Uno dei suoi primi atti fu la presentazione della Relazione sul Credito Pubblico, il 14 gennaio 1790, un documento di 40.000 parole in cui proponeva che il governo federale si facesse carico dei debiti degli Stati, consolidandoli in un unico fondo nazionale. Un piano che mirava a rafforzare il credito della giovane nazione e a garantire il sostegno delle élite finanziarie al governo centrale. Tuttavia, il piano finanziario di Hamilton suscitò forti opposizioni, in particolare da parte di Thomas Jefferson, che temeva un’eccessiva centralizzazione del potere. Per superare l’impasse, i due raggiunsero il cosiddetto Compromesso del 1790: Jefferson accettò il piano di Hamilton in cambio della decisione di spostare la capitale federale lungo il fiume Potomac, in una posizione più favorevole agli Stati del Sud: la futura Washington.
Hamilton riconobbe presto che il sistema finanziario statunitense, ancora giovane e frammentato, necessitava di riforme significative per favorire la crescita economica e la stabilità. Nel 1791, pubblicò il Report on the Subject of a Mint, in cui sosteneva la creazione di una Zecca nazionale per standardizzare la valuta. All’epoca, le monete straniere e statali erano soggette a variazioni di valore e a differenze di denominazione, complicando le transazioni commerciali. Egli propose l’introduzione del dollaro come unità monetaria principale, legata al valore dell’oro e dell’argento, con monete coniate in proporzioni precise di questi metalli. Il Congresso approvò la proposta e nel 1792 nacque la Zecca degli Stati Uniti a Philadelphia.
Parallelamente, Hamilton comprese l’importanza dell’industrializzazione per l’indipendenza economica del paese. Durante la Rivoluzione, le colonie dipendevano quasi interamente dalla Gran Bretagna per i beni manifatturieri, e l’assenza di un’industria autonoma aveva indebolito lo sforzo bellico. Nel 1791, contribuì a fondare la Society for Establishing Useful Manufactures, un’iniziativa pubblico-privata che finanziava lo sviluppo industriale. Nel maggio 1792, l’organizzazione acquistò 700 acri in New Jersey per fondare Paterson, la prima città industriale pianificata della nazione. Grazie alla vicinanza di una potente cascata, l’energia idraulica alimentava le industrie tessili e meccaniche. Sebbene l’iniziativa incontrò diversi ostacoli, la città crebbe nel XIX secolo, diventando un centro di produzione di seta e locomotive. La visione di Hamilton di un’America autosufficiente, basata sull’industria e sulla finanza solida, avrebbe influenzato il futuro sviluppo economico del Paese per oltre un secolo.
Leader di partito
Dopo essersi dimesso dal governo nel gennaio 1795, a seguito delle critiche per le sue politiche economiche, Hamilton decise di ritirarsi temporaneamente dalla vita pubblica. Ma la sua influenza politica rimase forte. Durante le elezioni presidenziali del 1796, cercò di contrastare la candidatura del collega federalista John Adams, che riteneva non abbastanza devoto ai suoi ideali, tentando di favorire Thomas Pinckney. Il piano fallì e Adams divenne presidente nel marzo 1797, ma Hamilton mantenne un’importante influenza all’interno del governo, grazie alla presenza di molti suoi alleati nel gabinetto.
Nel 1798, gli Stati Uniti si trovarono coinvolti in un conflitto navale non dichiarato con la Francia, noto come Quasi-Guerra. Convinto che la Francia rappresentasse una minaccia imminente, Hamilton sostenne un rafforzamento dell’esercito. Su insistenza di George Washington, fu nominato maggiore generale e si impegnò a riorganizzare le forze armate, arrivando persino a progettare un’invasione della Louisiana spagnola. Ma il conflitto si risolse prima che questi piani potessero essere attuati. Nel frattempo, le sue critiche alla gestione della guerra da parte di Adams causarono una spaccatura all’interno del Partito Federalista, contribuendo alla crescente divisione politica che portò alla nascita del Partito Federalista e del Partito Democratico-Repubblicano.
La tragica fine
Alle elezioni presidenziali del 1800, si adoperò per impedire la rielezione di Adams. Il suo piano ebbe successo, ma si creò una situazione di stallo tra Thomas Jefferson e Aaron Burr. La decisione finale spettò alla Camera dei Rappresentanti, dominata dai Federalisti, che inizialmente erano inclini a favorire Burr. Ma Hamilton, considerando Burr una minaccia per la stabilità del Paese, fece pressione affinché fosse Jefferson a diventare presidente; un intervento che gli alienò molti federalisti e ridusse la sua influenza politica. Hamilton e Aaron Burr furono rivali per gran parte della loro carriera politica. La loro rivalità iniziò nel 1791, quando Burr sconfisse il suocero di Hamilton, durante le elezioni per il senato. Nel corso degli anni, Hamilton si oppose costantemente alle ambizioni politiche di Burr, accusandolo di essere un opportunista senza principi. La tensione tra i due raggiunse l’apice nel 1804, quando Burr, allora vicepresidente sotto Jefferson, si candidò alla carica di governatore di New York. Hamilton fece attivamente campagna contro di lui, dichiarandolo inadatto al ruolo. Dopo la sconfitta elettorale, Burr venne a sapere che Hamilton aveva rilasciato commenti sprezzanti sul suo conto durante una cena, e lo sfidò a duello.
Nonostante le sue riserve sull’etica del duello e la preoccupazione per la sua famiglia, Hamilton accettò la sfida. Il duello ebbe luogo l’11 luglio 1804 a Weehawken nel New Jersey. Ancora oggi, gli storici discutono se Hamilton abbia intenzionalmente mancato il bersaglio o se semplicemente abbia sparato male. Quel che è certo è che Burr mirò con precisione, colpendo Hamilton all’addome. Gravemente ferito, fu trasportato a Manhattan, dove spirò il giorno seguente. Con la sua morte, il Partito Federalista perse gran parte della sua influenza politica e la sua eredità rimase legata alla fondazione delle istituzioni economiche e governative degli Stati Uniti.