Ludwig Guttmann
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Ludwig Guttmann, l’inventore dei Giochi paralimpici

Un cuore da campione, Roberto Riccardi ricostruisce la vita Guttmann l’inventore di giochi paralimpici.

Che le grandi idee nascano in periodi di profonda crisi è un pensiero affascinante, valoroso; è difficile immaginare che spesso i grandi cambiamenti del nostro pensiero si originino proprio quando meno te lo aspetti, proprio in mezzo alla bufera. Oggi guardiamo alle paralimpiadi come fenomeno di progresso e traguardo di civiltà, sentendoci fieri di aver raggiunto un grado di maturazione sociale tale da permetterci di godere della meraviglia suscitata dalle competizioni di atleti con menomazioni fisiche. Il successo di personaggi quali Bebe Vio, Andrea Pusateri e Alex Zanardi infondono nei nostri cuori un meritato senso di sollievo, fornendoci del materiale attraverso cui produrre nuove sensibilità. Ma per assaporare nel profondo quanto la sfida delle paralimpiadi e, in generale, dell’idea di costruire gare riservate a persone con menomazioni fisiche sia forte, caparbia e generosa, bisogna andare all’origine della nascita di questa sfida. Bisogna capire quando l’idea di sport abbia cambiato l’immagine di una fetta di popolazione, proprio in un momento in cui il mondo emarginava chi per nascita o incidente si ritrovava in un corpo con menomazioni. E per arrivare al punto zero di questa storia, non possiamo che partite dall’uomo che ha partorito e protetto questa idea: Ludwig Guttmann.

Ludwig Guttmann
Ludwig Guttmann (il secondo da sinistra)

È proprio questo che fa Roberto Riccardi nel suo ultimo libro Cuore di Campione, ovvero il racconto della vita e dell’opera di Ludwig Guttmann, neurologo e visionario tedesco. Come molti intellettuali tedeschi di inizio secolo scorso, anche Guttmann era di origine ebraica, caratteristica che come per il famoso collega Freud sarà motivo di paura e terrore nella Germania nazista di quegli anni. Ma come per Il collega Freud, anche per Guttmann il rapporto con la propria nazione di origine sarà complesso: da un lato la notorietà internazionale e l’originalità delle proprie ricerche mediche, dall’altra quella pecca di essere ebrei. Entrambi i medici (nel libro Riccardi è bravo nel tessere il parallelismo con Freud che potrebbe però essere allargato a molti altri intellettuali) nel pieno delle loro ricerche saranno costretti ad usare fama e guadagni per poter salvare la propria pelle e quella dei cari più prossimi.

Purtroppo la storia della famiglia Guttmann sarà costellata di morti tragiche a causa del nazismo, dolore che amplifica la grandezza delle visioni del neurologo tedesco. Per Guttmann la fuga dalla Germania nazista arriverà dopo aver comunque combattuto strenuamente per la sua idea di medicina dalla parte dei più deboli, dei più fragili. Il suo ospedale israeliano infatti rimarrà aperto in mezzo a mille traversie finché Guttmann non percepirà che i tempi sono maturi per iniziare una nuova esperienza lavorativa ed esistenziale a Londra, precisamente alla Society for the Protection of Science and Learning, un’organizzazione britannica sorta per aiutare gli accademici a sfuggire al regime nazista. Il lavoro e la vita a Londra procedono con più serenità rispetto alla natia Germania, ma è solo nel 1943 che avviene una vera svolta nella carriera di Guttmann, quando il suo capo, Hugh Cairns, gli offre un nuovo incarico. Alle porte di Londra si è liberato un ospedale adatto a sostenere i militari rimasti feriti mentre difendevano la libertà del Paese.

Cuore di Campione riccardi

Lì il neurologo, scampato dalle persecuzioni antiebraiche, cura i militari mutilati dalla guerra in un ambiente famigliare e conciliante, iniziando a maturare l’idea che lo sport possa cambiare le vite dei suoi pazienti. Proprio qui Guttmann può mettere a fuoco le proprie idee e le proprie visioni, facendosi ovviamente ispirare dalle circostanze che per quanto avverse e demoralizzanti non scalfiranno lo spiritico vitale del medico. Stoke Mandeville, un piccolo villaggio da neppure mille anime a cinquanta miglia da Londra, diventa per Guttmann il laboratorio per una nuova idea di mondo, in netta contraddizione con il pensiero dell’epoca che vedeva nella diversità l’origine di ogni male da combattere. Guttmann ha l’intuizione che produce la rivoluzione copernicana: trasformare l’inattività in competizione, la condizione sedentaria dei mutilati in azione. Scrive Riccardi, immaginando all’azione Guttmann:

Cosa potrebbe aiutarli a superare i propri limiti, in un’epoca che li condanna all’inazione e all’oblio del mondo? La risposta lo raggiunge come un’illuminazione. (…) La disgrazia patita è la molla che li spingerà a ricostruirsi. Sente in loro il desiderio di riscatto, la voglia di mettersi in gioco e di competere. Con la sua sensibilità coglie anche l’amicizia profonda che li lega. Una sola parola può racchiudere tutto questo, si chiama sport.

L’idea principale a guidare Guttmann è che la vita sedentaria ammazzi la vitalità del corpo umano; nello specifico, nei corpi violati dalla guerra la mancanza di stimoli di competizione, della condivisione di uno sforzo, e dell’attenzione alla prestazione produce un declino inarrestabile per le vittime di menomazioni. Un motto si aggira per Stoke Mandeville: “Non c’è un dannato momento per essere malati in questo dannato posto!

Ludwig Guttmann
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Riccardi racconta poi la concretizzazione del pensiero di Guttmann, ovvero, quando i primi Giochi vedono la luce in concomitanza delle Olimpiadi di Londra del 28 luglio 1948. In quella data un piccolo sparuto gruppo di ex militari si sfida in alcune discipline olimpioniche dando di fatto inizio al movimento paralimpico. In Cuore da Campione con attenzione al contesto storico, Riccardi ricostruisce bene la storia delle idee del medico tedesco che hanno portato a quello che oggi è uno degli aspetti più interessanti del mondo dello sport. Per ricostruire la vita e l’opera di Guttmann l’autore ha attualizzato il tema con un’introduzione dedicata ad Alex Zanardi e in  conclusione un’intervista a Bebe Vio, due momenti che contestualizzano il grande lavoro che è stato fatto a partire da una grande, meravigliosa, immagine del mondo. Lo sport può essere riabilitazione, può essere salvezza, ma soprattutto può essere bellezza e rinascita.

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