Francesco Coco

#OnetoOne: Francesco Coco

Uno studio vuoto, appena imbiancato. Tavoli sparsi nelle diverse stanze, gente che va e gente che viene. Nel suo nuovo ufficio in zona Sempione incontro Francesco Coco, terzino sempre presente sui giornali sportivi e di gossip tra il 1998 e il 2006.

francesco coco

La passione per il calcio
Sono stato uno dei pochi che ha iniziato a giocare da solo a calcio. Non volevo emulare nessun calciatore, neanche li conoscevo! Conoscevo solo Cabrini perché mia sorella era innamorata di lui. Pensa che non avevo nemmeno una squadra del cuore.

Esordio nel calcio dei professionisti
Ho avuto la fortuna di esordire nella squadra più forte di tutti i tempi: il Milan di Baresi, Maldini, Van Basten, ecc. Non ho mai, però, sentito la pressione, anche perché, avendo fatto la primavera nel Milan, mi allenavo con quei mostri sacri da un paio d’anni. Ero il bambino per loro. Non soffrivo nemmeno la pressione di essere considerato l’erede di Maldini. Anzi, per me era solo un motivo d’orgoglio.

Non ho mai sentito la pressione di giocare nel Milan di Baresi, Maldini e Van Basten. Per loro ero il bambino.

Figure chiave per la tua crescita.
Tassotti, Baresi e Costacurta, anche per una questione di ruolo ovviamente. Baresi e Tassotti parlavano poco, ma ti insegnavano con l’esempio. Costacurta, invece, mi parlava di più; la maggior parte delle volte mi parlava dei miei difetti.

francesco coco

Rapporto con gli allenatori: Capello
Quando mi chiedono di Capello dico sempre che i primi mesi ero l’uomo più pulito al mondo, perché non mi faceva mai finire un allenamento, mi mandava sempre sotto la doccia. Lui mi adorava. Io vivevo a Milanello da 11 anni, ero cresciuto con tutti loro ed ero un po’ il figlio di tutti. Capello lo vedevo come un padre che appena sbagliavo mi bachettava sempre. Anche quella frase bella tosta (Capello: “se diventi un professionista mi taglio i coglioni“, Coco: “mister prepari le forbici” n.d.r.) la dici ad uno in cui credi, altrimenti non diresti nulla. Anche io poi ero bello tosto e gli risposi in quel modo… cacato sotto. Io avevo timore di Capello, mi faceva paura. A volte percorrendo la famosa discesa di Milanello, che dal centro sportivo ti porta agli spogliatoi, se lo incrociavo cambiavo subito strada.

Io avevo il timore di Capello. Se lo incrociavo a Milanello cambiavo strada

Rapporto con gli allenatori: Zaccheroni
Con lui ero già più maturo, avevo 21 anni. Stavo crescendo sia di testa che di fisico e poi, con quel modulo (3-5-2 n.d.r.) venivano esaltate le mie caratteristiche. Potevo preoccuparmi meno delle diagonali, le linee, le cose… du’ palle.

Studiare nel calcio.
Io ho studiato più nel calcio che a scuola. Il fatto è che ogni giorno fai sempre la stessa cosa con il professore che è sempre lì a controllarti. Cose che fai già alle giovanili, oltretutto. Poi, io ho avuto una crescita particolare perché fino a 16 anni giocavo seconda punta, ala. Durante il torneo Arco di Trento (Torneo Città di Arco – Beppe Viola n.d.r) nella finale contro la Juve cambiò tutto. Nella semifinale il nostro terzino si infortunò. L’allenatore mi disse la sera prima della finale che avrei giocato come terzino: vincemmo 3-1 ed io feci due assist. Mi piacque moltissimo e un anno dopo esordì in Serie A da terzino. E se non si fosse fatto male il terzino? La vita a volte è pazzesca.

Rapporto con gli allenatori: Guidolin
Guidolin è stato l’allenatore che tatticamente mi ha insegnato di più… che sfiga quella Coppa (Coppa delle Coppe: il Vicenza di Guidolin perse in semifinale 3-2 contro il Chelsea n.d.r.). Quell’anno è stato il primo in cui mi sono sentito davvero protagonista. Io e Ambrosini, mentre nel Milan eravamo riserve, qui nel Vicenza eravamo titolari. 

Guidolin è stato l’allenatore che tatticamente mi ha insegnato di più

vicenza guidolin
Il Vicenza di Guidolin

Differenza tra San Siro e il Menti
Per me non c’era differenza nel giocare in uno stadio da 80mila spettatori o in uno da 20mila. Quello che fa la differenza è la maglietta. Se tu giochi per il Milan sai che quella maglia l’hanno indossata i più grandi giocatori della storia. La gente era abituata a Van Basten, Baresi e poi arrivi tu, quindi, cosa facciamo? Devi essere all’altezza. Grandi giocatori come Davids e Viera al Milan sembravano degli scappati di casa, poi sono esplosi in altre squadre.

Infortuni
Che sfiga! Pensa che Monti (Ginco Monti, il medico più longevo nella storia del Milan, 33 anni al servizio dei rossoneri n.d.r.) mi chiamava Swarowski. La mia sfortuna è essermi infortunato nei momenti chiave della mia carriera. Gli infortuni qualsiasi sportivo li mette in conto, ma io mi sono sempre fatto male quando non dovevo.

La mia sfortuna è essermi infortunato nei momenti chiave della mia carriera

Barcellona
In venti giorni ho scoperto un nuovo mondo. Non tanto per la città che non mi è piaciuta, quanto per la cultura calcistica totalmente diversa dalla nostra. Qui da noi ti martellano con la preparazione atletica e l’alimentazione super controllata. Lì no. Pensa, il mio primo ritiro è stato fantastico. Arrivo e non c’è nessuno, ero il primo, abituato qui in Italia ad iniziare prestissimo. Non sapevo dove fosse il ristorante così chiedo ad uno degli addetti che mi indica una porta. La apro… il mondo: un buffet della madonna. Sembrava la cucina internazionale di un resort a cinque stelle. Non ti dico poi l’allenamento: quello che loro chiamano allenamento per noi è il riscaldamento. Sono tornato in Italia a settembre, avevamo due giorni liberi, e pesavo 8kg in più.

coco barcellona

L’Inter
L’errore più grosso della mia vita. Io volevo ritornare a Milano e sapevo che sarebbe stata difficile perché ero etichettato come rossonero. L’impatto non fu bellissimo: appena sbagliavo una palla mi insultavano. Poi, piano piano mi sono ambientanto. Il primo anno fu molto buono, arrivammo secondi e in quella famosa semifinale di Champions contro il Milan.

L’Inter è stata l’errore più grosso della mia vita

Differenze tra Inter e Milan
L’organizzazione. Non so come sia l’organizzazione del Milan degli ultimi anni, ma ai miei tempi c’era una struttura perfetta, al contrario dell’Inter, dove non sapevi con chi parlare o chi decideva.

coco inter

Mondiale 2002
Una situazione surreale. Andammo a parlare io e Panucci con Moreno, dato che conoscevamo un po’ di spagnolo, ma lui non rispondeva a nessuno. È stato bruttissimo, però sono realista: l’Italia, al di là degli errori arbitrali, con la Corea deve fare tre gol.

L’Italia con la Corea doveva fare tre gol

Ritiro
Mi sono ritirato presto per un semplice motivo: non potevo più giocare a calcio. Questo è anche uno dei motivi per il quale la mia esperienza neroazzurra è stata negativa. Al secondo anno mi operarono alla schiena, ma sbagliarono e mi recisero il nervo sciatico. Persi il 45% di muscolo della gamba e in quelle condizioni non potevo più giocare. Sono stato 2 anni e 8 mesi fermo senza sapere il motivo, visto che mi nascosero l’errore. Perciò, decisi di andare a Livorno dove lavorai con un fisioterapista che oggi è uno dei miei migliori amici. Lui capì il problema e mi rimise in piedi. Lì giocai tutte le partite. Il 26 marzo firmai un pre-contratto con il Real Madrid, dato che sarebbe arrivato Capello. Sfortuna vuole che il il 9 aprile mi ruppi il crociato della gamba malata e lì capì che era tutto finito. Oltre alla riabilitazione lunghissima, avevo perso anche le motivazioni; così a 31 anni ho smesso di giocare.

Mi sono ritirato presto per un semplice motivo: non potevo più giocare a calcio

francesco coco oggi

Non ho rimpiant,i anche perché in circa 10 anni di calcio ho giocato nel Milan, nell’Inter, nel Torino e nel Barcellona. Certo, la mia carriera non è stata lunghissima come quelle di Maldini, Zanetti, Totti e tutti gli altri campioni, ma per quello devi avere la testa. Io sapevo già dall’inizio che non avrei fatto 20 anni nel calcio, però, fino all’operazione della schiena ero uno dei terzini più forti al mondo e mi volevano tutti quanti. Poi, tutti dal primo all’ultimo, mi hanno girato le spalle anche davanti alle voci assurde sulla mia vita privata. Dicevano che non giocavo perché facevo le 5 del mattino, perché pensavo solo alla fica. Addirittura alcuni dicevano che mi drogavo ed ero gay. L’Inter ovviamente, dato che aveva sbagliato l’operazione, non fece nulla e così mi sono ritrovato solo e ho mollato per sempre il calcio.

In una delle ultime interviste al Corriere della Sera dissi: “mi state massacrando, ma occhio. C’era un uomo che dopo essere stato massacrato dopo tre giorni è resuscitato. Se resuscito io preparatevi.”

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