immigrant place

Immigrant place

Pep Guardiola con la maglietta della Open Arms ha suscitato una marea di polemiche, al solito, tra chi si è schierato apertamente a favore della manifestazione di sostegno alla ONG del tecnico spagnolo e chi ne ha storto il naso. Ma si dà il caso che l’immigrazione clandestina nel calcio sia entrata già da molti anni, spesso in forme molto divertenti, a volte tragiche, altre assolutamente positive. La prima storia che vi voglio raccontare oggi, risale al 2015 è per certi tratti è la più surreale, nonché divertente. Di sicuro potrebbe un film divertentissimo. Siamo a Pescara e il ragazzo si chiama Issiaka, di origine senegalese. Issiaka arriva nel centro profughi di Alba Adriatica in Abruzzo intorno al luglio dell’anno 2015. Regolarmente accolto, Issiaka, riesce a sfuggire dal centro poco dopo per dirigersi a Pescara, città in cui raggiunge il campo sportivo della squadra omonima per sostenere un provino. Issiaka racconta di essere una pedina fondamentale per il gioco del Senegal spacciandosi per Lamite Diatta, giocatore che effettivamente militava nella nazionale. Il Pescara non batte ciglio, ma al provino il ragazzo si rivela incredibilmente scarso e così viene semplicemente scartato. Poco male perché il nostro prova a prendermi rifà lo zainetto e si rimette in cammino, questa volta direzione Chieti. Cosa abbia fatto Issiaka fra questi due provini non è dato saperlo, ma probabilmente si spara un allenamento durissimo e migliaia di video di Messì e Ronaldo perché arrivato a Chieti, il diciottenne senegalese rifà il provino e, udite udite, questa volta va bene. Issiaka entra nella rosa che andrà in ritiro con la prima squadra del Chieti. Registrato regolarmente con un altro nome, Issiaka ha fretta di chiudere l’affare, ma qualcosa va storto. L’avvocato che segue la pratica per la cittadinanza si accorge della fretta di Issiaka e, nonostante le carte regolari, fa un paio di chiamate a Dakar e scopre che il vero Lamine Diatta è serenamente nel Senegal a godersi il suo posto di mediano nell’Excelsior. Esperienza finita per Issiaka che torna al campo profughi, ma per fortuna senza nessuna ripercussione legale. Però fattelo dire Issiaka, per quanto in modo illegale, un pò mi hai fatto sognare. Il pensiero che tutti possiamo essere un Montecristo che all’improvviso cambia vita e identità è una delle fantasie di cui l’uomo ha bisogno per sopravvivere alla quotidianità.

Guardiola Open-Arms

Storia invece un po’ più più triste quella di Ansue Cisse, che noi chiameremo Bogda. Il ragazzo arriva al centro profughi Il Cara di Castelnuovo di Porto. Un giorno durante un amichevole tra il Castelnovese e la squadra del centro di accoglienza viene notato e subito ingaggiato dalla squadra cittadina. Lo chiamano Bogda perché è rasato ma con un bel ciuffetto biondo, proprio come il campione francese. Tutto bene per un po’, ma poi arriva la Legge Salvini intenta a svuotare i centri di accoglienza così il ragazzo si ritrova per la strada e senza la possibilità di continuare la sua attività calcistica nel Castelnovese. I compagni piangono, lui piange, tutti piangono, ma fidatemi di me, questo lo rivediamo in serie A.

lamine-diatta
Il “vero” Lamine Diatta

Ultima storia con cui tento di farvi digerire il week-end passato coi parenti è quella di Prantera-Brunetti, due piccoli Mimmo Lucano del calcio. Perché questa somiglianza? Bè per alcuni piccoli dettagli. Prantera e Brunetti, rispettivamente allenatore e dirigente del Mirto-Crosia squadra cittadina cosentina che si affaccia con tanto di bandiera verde sul Mar Ionio, oltre ad essere calabresi hanno reinventato la loro società con l’inserimento di un giovane profugo, il senegalese Seydou Diouf. Il giovane senegalese, come tanti arrivato in Italia per cercare un futuro migliore, viene notato dai due dirigenti calabresi mentre giochicchia a calcio per la strada. Diouf viene subito inserito nella prima squadra del Mirto-Crosia e qui ha la possibilità di segnare goal e contribuire attivamente all’ottima annata della squadra cosentina che in questo momento si trova ottava nella Prima Categoria. Intervistati i due dirigenti della squadra calabrese si dicono semplicemente attenti a chi merita di giocare a pallone e soddisfatti di aver contribuito ad una causa anche più alta facendo semplicemente il loro lavoro.

Insomma il calcio rimane il grande sogno di molti giovani ragazzi africani che tra una guerra e l’altra, non hanno mai smesso di provare i passi e le giocate dei grandi calciatori solo intravisti durante le partite di Champions League, Premier League, Liga o del nostro campionato. Potrebbe arrivare da qui una proposta seria politica, Checco Zalone aveva previsto tutto e allora facciamolo Ministro. Il calcio potrebbe essere non un Luna-Park, ma un giusto campo su cui misurarsi per diventate a tutti gli effetti italiani D.O.C.

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