Elfstedentocht

Elfstedentocht, la gara sul ghiaccio che gli olandesi aspettano dal 1997 e che potrebbe non tornare mai più

Non c’era altra via se non mettersi in movimento, altrimenti ti congelavi. E molte persone si stavano congelando: occhi congelati, dita dei piedi congelate, qualsiasi parte del corpo congelata!

È il 18 gennaio 1963 e Leffert Oldenkamp sta pattinando in una mattina buia, gelida e nebbiosa. Ha dormito pochissimo, la temperatura è di -18°C, e il vento gelido penetra attraverso i suoi vestiti. Sta prendendo parte a una delle prove sportive più difficili che l’uomo abbia mai ideato: pattinare per quasi 200 chilometri sul ghiaccio irregolare attraverso il desolato paesaggio invernale della Frisia. Questa è l’Elfstedentocht, il “Tour delle Undici Città”, una prova di resistenza fisica e mentale come nessun’altra.

Elfstedentocht

L’edizione del 1963 si rivelò così brutale che solo una manciata di persone riuscirono a completarla tra i migliaia che parteciparono. Il vincitore, Reinier Paping, divenne un eroe nazionale. Oldenkamp fu uno di quei pochi che raggiunse il traguardo. Nei successivi sessant’anni, ci sono state solo altre tre edizioni di questo straordinario evento, l’ultima delle quali risale al lontano 1997. Eppure, nonostante la sua rarità, rimane un’ossessione nazionale nei Paesi Bassi. Quando arriva un’ondata di freddo, le conversazioni si concentrano sul ghiaccio: potrebbe finalmente accadere quest’anno? Oggi quelle conversazioni sono intrise dalla paura che la risposta potrebbe essere “mai più“.

Elfstedentocht 1997

Wiebe Wieling è un uomo con un compito molto insolito. Ogni anno, guida l’organizzazione di quest’evento che quasi certamente non si verificherà. È il presidente della Koninklijke Vereniging de Friesche Elf Steden, la Società Reale delle Undici Città della Frisia. È l’organismo responsabile di questa maratona di pattinaggio su ghiaccio che attraversa laghi e corsi d’acqua della provincia settentrionale della Frisia. Il percorso fa un grande giro della regione: inizia e finisce a Leeuwarden. Le altre città, seguendo l’ordine del percorso che è in senso orario, sono: Sneek, IJlst, Sloten, Stavoren, Hindeloopen, Workum, Bolsward, Harlingen, Franeker e Dokkum. I partecipanti devono completare il percorso di quasi 200 km prima della mezzanotte, facendosi timbrare una tessera in ogni città per dimostrare di esserci passati. Wieling e i suoi volontari fanno tutto ciò che è necessario, ogni anno, indipendentemente dal tempo, per prepararsi a quello che sarebbe indubbiamente uno dei momenti più importanti nei Paesi Bassi.

‘Tutto, nei dettagli’ – dice, quando gli si chiede a che livello di pianificazione si arriva – ‘Organizziamo un’edizione ogni anno. Abbiamo un piano composto da 500 pagine o qualcosa del genere in cui ogni dettaglio è stato già regolato il 1º dicembre. Perché non possiamo organizzare una cosa del genere in pochi giorni: [avremo] due milioni di visitatori, 25.000 partecipanti, 3.000 giornalisti; tutto il Paese impazzisce. Vogliamo essere pronti ogni anno a dicembre, così se c’è una possibilità, possiamo sfruttarla’.

Sicurezza, ristorazione, alloggi, gestione del traffico, assistenza sanitaria: vengono fatte preparazioni dettagliate su ogni aspetto della competizione. Ma l’unica cosa che gli organizzatori non possono preparare è il tempo. Affinché la gara possa realizzarsi sono necessarie due settimane di temperature intorno ai -10°C o più basse, giorno e notte, idealmente senza neve. Ciò dovrebbe garantire un minimo di 15 cm di ghiaccio per la maggior parte del percorso, sufficiente a sostenere il peso di 25.000 persone in una breve finestra di 24 ore. La prima gara ufficiale nel 1909 è stata una delle sole 15 volte in cui tali requisiti sono stati soddisfatti in 124 anni.

Nel 1963 le condizioni furono le peggiori mai conosciute. Oldenkamp e altri circa 500 pattinatori professionisti erano partiti al buio, nelle prime ore del mattino. I quasi 10.000 pattinatori amatoriali, membri della Royal Society e semplici appassionati dilettanti desiderosi di completare il percorso piuttosto che vincere, li seguirono qualche ora dopo. Per i primi, fu organizzata una sorta di partenza “Le Mans”, con i concorrenti che correvano per circa un chilometro verso il primo corso d’acqua, prima di mettere i pattini. Oldenkamp ricorda che sentiva i suoi avversari mentre si avventuravano nel buio pesto, ma non poteva vederli. Un inverno amaro, caratterizzato da temperature pericolosamente basse, neve e forti venti, aveva lasciato i corsi d’acqua della Frisia completamente ghiacciati, ma il ghiaccio era tutto tranne che liscio.

A volte era una lunga tratta, a volte era una breve, e a volte stavamo solo camminando. Era impossibile fare un movimento fluido sui pattini.

Dall’ultima gara del 1997 solo una volta Wiebe Wieling è stato vicino ad annunciare nuovamente la gara. È successo nel 2012, quando i Paesi Bassi sono stati brevemente colpiti dalla “febbre dell’Elfstedentocht”. Un lungo periodo di freddo ha lasciato ghiacciate grandi porzioni del Paese, ma il ghiaccio non ha mai raggiunto quei livelli necessari per rendere fattibile la gara.

Ma Wieling non ha abbandonato la speranza di poter finalmente mettere in pratica i suoi piani. “Sto diventando meno fiducioso, a causa delle situazioni che vediamo in giro per il mondo con il cambiamento del clima e delle condizioni meteorologiche“, dice. “Ma diciamo sempre qui che abbiamo bisogno solo di due settimane di alta pressione per poter avere un’edizione“. 

In quel 1963 Oldenkamp e i suoi compagni lottavano contro il vento che aumentava di intensità e rendeva ancora più difficile trovare il percorso. Le informazioni raccolte in ogni città erano vaghe. Nell’insediamento di Bartlehiem, ultima tappa prima dell’ultimo punto di sosta di Dokkum, qualcuno cercò di fermare Oldenkamp dal continuare. “È stato orribile, ma devi essere concentrato in quel momento. Devi avere un solo scopo. Il mio era raggiungere Leeuwarden“, dice. Dietro di lui, mentre il tempo peggiorava e la luce del giorno cominciava a scemare, c’erano migliaia di partecipanti, le cui possibilità di arrivare alla fine integri stavano rapidamente diminuendo. Malmenati dai venti che si intensificavano e con il percorso sempre più coperto di neve, molti avevano a malapena superato metà del tragitto. Il profondo freddo e l’avvicinarsi della notte portarono con sé la minaccia del caos e della tragedia. Gli organizzatori decisero dunque di interrompere la gara e diffusero istruzioni per impedire alle persone di continuare. Anche allora l’Elfstedentocht era un evento raro, ed essere privati della possibilità di finirlo fu un duro colpo per molti.

È stato realizzato un film su quell’edizione, L’inferno del ’63. Degli oltre 10mila partecipanti, solo circa 120 completarono il percorso. Paping arrivò primo al traguardo parzialmente cieco a causa della “cecità di neve”, vale a dire che per troppo tempo aveva guardato il riflesso del sole sul ghiaccio, e chiaramente era vicino all’esaurimento. Recuperò la vista nelle ore successive, mentre lungo il percorso era un viavai di ambulanze tra ossa rotte per le cadute e arti congelati. All’arrivo fu sommerso dalla folla enorme, tra cui la regina Juliana e la principessa Beatrix, che si era radunata per accoglierlo. Oldenkamp fece il suo arrivo un’ora e 20 minuti dopo Paping, al 44º posto. I reali erano andati via, ma il benvenuto rimase lo stesso caloroso. La vittoria procurò a Paping una fama nazionale duratura, che non è sempre stata gradita. “Sua moglie diceva sempre che è stata la cosa più terribile della sua vita, perché non ha mai detto di no a un giornalista, o a un invito o a un’apertura“, dice Wieling. Il vincitore delle edizioni del 1985 e del 1986, Evert van Benthem, si trasferì in Canada, anche per sfuggire all’attenzione costante.

Elfstedentocht 1963

Anche se le pattinatrici femminili avevano partecipato quasi fin dall’inizio, il 1985 fu il primo anno in cui furono ufficialmente autorizzate a competere. Se e quando l’Elfstedentocht si svolgerà di nuovo, ci sarà per la prima volta un titolo separato per le donne. A quasi trent’anni dall’ultima edizione, è impossibile prevedere esattamente quale impatto avrà la prossima gara, se mai si svolgerà. Ma Wieling è certo che i vincitori continueranno ad occupare un posto speciale nel pantheon sportivo dei Paesi Bassi.

Sarai l’eroe del Paese per molti anni, fino alla tua morte. Nessuno ti dimenticherà mai.

Ma anche in assenza continua dei laghi e fiumi ghiacciati, l’attrattiva del percorso tra le Undici Città della Frisia rimane. Lo scorso anno l’ex campione olimpico di nuoto in acque libere, Maarten van der Weijden, colpito dalla leucemia in giovane età, ha raccolto milioni di euro per la ricerca sul cancro organizzando il Triathlon delle Undici Città. La voglia di Elfestedentocht, però, nel frattempo è aumentata: tutti gli anni se ne organizza una in Austria, dove il ghiaccio non manca. In Frisia, c’è anche una versione ciclistica sulle strade che costeggiano i canali, che è stata cancellata solo nel 2001 e poi in tempo di Covid. Il numero dei partecipanti è stato limitato a 15mila per questioni di sicurezza, ma le domande sono state molte di più. Ma resta il vuoto di quella gara che ad ogni inverno tiene saldamente la presa sull’immaginazione olandese. 

L’ex premier Mark Rutte nel 2012, l’anno in cui la gara sembrava potesse tornare, disse:

Una volta ogni quindici anni, il nostro Paese non viene governato dall’Aja, ma dalla Frisia. E devo dire che è in buone mani. 

L’edizione vinta da Angenent nel 1997 rischia di essere davvero l’ultima, questo almeno è l’allarme lanciato dal Washington Post e dai giornali olandesi, che trovano nell’uomo e nel riscaldamento globale la causa primaria di questo lungo stop. Eppure alla prime temperature  gelide, tra bevande calde e snack dolci, gli olandesi in un copione vecchio un secolo ricadono nelle stesse conversazioni eccitate: potrebbe succedere? Ci sarà finalmente l’Elfstedentocht quest’anno?

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