Anna Muzychuk

Anna Muzychuk e la sfida allo sceicco

A cosa è disposta una donna pur di far valere il proprio inalienabile diritto di essere umano? Quanto ci si può spingere oltre? Che cosa si può perdere? Queste semplici domande continuano a vorticare nella mente di chiunque creda che la parità tra uomini e donne sia un fattore imprescindibile ma che, purtroppo, si rende conto di come ancora si sia effettivamente lontani da un risultato positivo. Ogni giorno nuovi episodi di discriminazione su base sessuale riempiono le vite di tutti; sono davanti agli occhi di donne che continuano a faticare il doppio per ottenere la metà e sono davanti agli occhi di uomini che, troppo spesso, fingono di non vedere. Quello che ormai si è imposto in numerosi settori, lo sport ai primi posti, è un sistema che fa del machismo uno dei suoi pilastri e che lascia uno spazio limitato al mondo femminile, quasi a voler fare un favore a una minoranza più debole.

Ma quella delle campionesse sportive non è una minoranza e, soprattutto, è tutt’altro che debole. Sempre più donne nel mondo dello sport hanno deciso di dire basta ad un sistema patriarcale che le vede relegate sempre ai secondi posti a costo di perdere anche grandi opportunità. Recentemente ha spopolato sui giornali e sui social network una notizia risalente a quasi 4 anni fa che riguarda la unica e sola “Regina degli Scacchi”: Anna Muzychuk. La campionessa ucraina, che ad oggi vanta ben 11 vittorie internazionali, si era battuta per il rispetto dei diritti di tutte le donne scontrandosi con il principe dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman.

Anna Muzychuk

La Muzychuk, che nel 2017 fu la giocatrice di scacchi migliore al mondo, avrebbe dovuto partecipare al mondiale che quell’anno si sarebbe tenuto in Arabia Saudita: due ori assicurati e una cospicua somma di denaro. Tuttavia, la campionessa decise di rinunciare. Nel febbraio dello stesso anno aveva partecipato – vincendolo – ad un importante torneo in Iran, nel corso del quale era stata obbligata ad indossare un leggero hijab, condizione che aveva portato la giocatrice ucraina a una riflessione. La sua rinuncia è stata motivata da ragioni legate alla discriminazione di genere che vige nello stato mediorientale. In particolare, la Muzychuk decise di non piegarsi ad indossare l’abaya (un lungo abito che copre quasi del tutto il corpo della donne) o di essere necessariamente scortata da un uomo nel corso dei suoi spostamenti. Come scrisse sui suoi profili social:

Per non sentirmi una creatura di seconda categoria

Il gesto, che per molto tempo è passato in sordina, è oggi diventato un simbolo della lotta per la parità di genere ma è costato molto caro alla giocatrice di scacchi che, in questo modo, ha perso due importanti titoli mondiali. L’esempio di Anna Muzychuk, che è stato poi seguito anche dalla sorella minore Mariya, porta a riflettere sui grandi sforzi che ancora oggi le donne devono compiere per poter essere considerate al 100% delle professioniste, nello sport come nella vita. La strada per la parità di genere sembra ancora lunga e tortuosa e spesso la fiducia nel successo di questa battaglia viene meno e ci si chiede: per quanto tempo ancora?

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