loris capirossi 125

Loris e il 1990

È il 16 settembre del 1990 e un giovane ragazzo italiano sta piangendo dalla gioia dopo aver conquistato la vittoria sul difficile tracciato di Phillip Island. Non un posto qualunque. Il circuito australiano è una perla di bellezza rara; a ogni curva pensi di andare in acqua. Ma non è una vittoria come le altre, è la terza del campionato, al debutto, ma è quella che consacra il ragazzino a campione del mondo delle 125. Da quel momento il piccolo italiano con i capelli lunghi, un po’ unti, con i denti all’infuori e la parlata romagnola diventa eroe nazionale. Quel frugoletto di Borgo Rivola si chiama Loris Capirossi e questa è la storia del suo primo mondiale.

Quell’anno lì, il 1990, non lo dimentica nessuno.

Nuovo cinema Paradiso di Tornatore vince l’Oscar, Microsoft lancia il Windows 3.0, l’Italia ospita i Mondiali di calcio e le notti magiche con il gol di Baggio alla Cecoslovacchia. I Pooh vincono Sanremo con Uomini Soli, il fenomeno russo degli scacchi Kasparov difende il titolo contro il suo connazionale Karpov. E Capirossi diventa campione del mondo di motociclismo.

La prima volta che ho avuto a che fare con Loris Capirossi è stata qualche anno fa. Era appena uscita la sua biografia, 65. La mia vita senza paura , e io mi ero recato alla Rizzoli di Milano per ascoltare la conferenza di presentazione del libro che poi avrei dovuto recensire. Capirossi fa parte della mia infanzia, della mia gioventù. Mio papà è un suo tifoso accanito e, ancora oggi, se gli si chiede per chi tifa in MotoGP, lui, serenamente, ti risponde: “per Capirex“. E anche se gli fai notare che è da qualche anno che Loris non corre più, lui alza le spalle e continua a guardare la gara. Ecco. Per me Loris Capirossi è il primo pilota che è entrato nelle mura di casa, il primo campione del mondo italiano che ho potuto apprezzare in televisione, il primo a far parte dell’immaginario collettivo per gli appassionati negli anni Novanta. Uscita la mia recensione, ricevo un messaggio nei direct di Instagram. Mittente: Loris Capirossi.”Ciao Fabio, ho letto la tua recensione. Grazie mille davvero. E salutami tanto tuo papà“. Un campione. Una persona gentile. Un grande professionista.

Loris Capirossi nasce a Castel San Pietro Terme, anno 1973. Lui e suo fratello Davide nascono con il sacro fuoco delle due ruote a motore. Prima col tassello, poi con la strada. Loris inizia con le moto da cross e quando decide di dirlo a tutti, lo dice a tavola, a cena, perché le cose importanti si dicono sempre a tavola: “Ho deciso che voglio correre“. Tutti erano d’accordo ad assecondare quel talento così limpido e vivace. Quando le cose si fanno serie Loris decide che il circuito fa per lui. Ci sono più soldi, più attenzioni, più sponsor e forse anche più possibilità. Nel monomarca Honda Loris dice la sua: esordi positivi ma senza brillare. Un sesto e un nono posto finale nei due anni del campionato organizzato dall’azienda giapponese. Nell’88, però, quel campionato non si disputa. L’idea è quella di gareggiare al Campionato Italiano Grand Prix 125. L’NSR, della Honda, è di troppo. Serve un’altra moto. Sì, ma quale? La Mancini.

Guido Mancini è stato un esteta, un brillante artigiano delle moto, un fuoriclasse dei telai. Tutti nella Motor Valley – la Romagna – conoscono il Mago Mancini. Un perfezionista, un artista, ma le moto che fa sono gioielli e costano care come il fuoco. Papà Giordano e mamma Patrizia, però, sono pronti a mettere tutto sul banco. Loris ha un talento ingombrante e va assecondato.

L’accordo per la moto di Loris c’è, anche per il Mago i soldi contano fino a un certo punto. A Misano, per la prima gara, doveva essere tutto pronto, ma non è così. Mancini si scusa, Loris è furibondo, ma non vede l’ora di vederla. E aspetta un’altra settimana, ma le cose vanno peggio: l’officina del Mago prende fuoco; i sogni sono infranti. Invece no. Mancini si è buttato letteralmente nelle fiamme per prendere la moto di Loris e metterla in salvo. Il resto è cenere. L’atto d’amore di Mancini riempie il cuore di Loris. Nel frattempo Loris sta gareggiando anche nel torneo monomarca Gilera, e va che è una meraviglia: tre terzi posti; quarto assoluto. Capirossi è un cognome che inizia a girare nell’ambiente. Motosprint, l’unica rivista che Loris abbia mai letto, a fine anno lo premia. Non ci crede. È fuori di sé. Nell’89 altro torneo Honda, altro quarto posto assoluto. Non ci sono picchi, ma c’è tanta passione, dedizione, amore e talento per un ragazzo di 16 anni. Arriva il 1990 e scocca la scintilla.

Honda lo vuole come gregario del ben più noto Fausto Gresini. È lui infatti che si giocherà la vittoria del Mondiale. Loris però è uno che corre per vincere, null’altro. Al debutto in Giappone, Loris chiude sesto. Le wild card nipponiche volano, ma lui non si intimorisce. A un giro dalla fine è settimo, ma davanti c’è Gresini che a una manciata di curve dall’arrivo lascia la chiave nella serratura. Loris la prende, gira, apre la porta ed entra. Per molti quella porta sarebbe stata stretta, per Loris no. Loris non si ferma. Nelle successive sette gare fa quattro podi, due terzi posti e due secondi, manca la vittoria. Ma arriva. Siano a Donington, Regno Unito, e Capirossi conquista con una capacità disarmante la sua prima vittoria nel Mondiale. Gresini, però, non è geloso, non lo attacca, non lo provoca, non gli mette i bastoni tra le ruote. No. Lo aiuta, fa lui il gregario comprendendo il talento di questo giovane 17enne. Già ai tempi Gresini era uno scout incredibile.

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In Svezia, il primo grosso incidente che rischia di far saltare il gran premio a Loris, ma per fortuna che c’è il dottor Costa, il luminare della medicina legata al mondo dei motori. Loris corre, non va forte ma prende punti importanti anche se Paolo Beltramo, storico giornalista, scrive su Motosprint: “Loris Capirossi quest’anno non sarà campione del mondo. Non è una certezza matematica, ma al novanta per cento è così“. Fortuna che rimane quel dieci e una condanna ingiusta inflitta dai media ancora prima che termini il campionato o forse era solo un modo per svegliare le ultime forze rimaste dentro Loris che, anche lui, non ci credeva più tanto dopo la caduta a Brno. Mancano solo due gare: Ungheria e Australia.

Il dottor Costa non era solo un medico, era anche un mentore. Loris era incupito dalla paura di non essere all’altezza, ma il luminare gli rifila questa lezione: “Quello che vali lo sai tu, non c’è bisogno che te lo confermi io. I campioni, quelli veri, non si lasciano abbattere dalle difficoltà“. Neanche a dirlo, Loris vince e accorcia in classifica. Manca solo l’Australia. Prein 169 punti, Capirossi 162, Spaan 160. Tutto aperto? No, tutto chiuso. Dopo un giro Prein è per terra. Loris e Spaan se la giocano ma la gabbia degli italiani, Gresini, Romboni e Casanova, è asfissiante e lo rallentano. Quando, però, Spaam si libera dalla prigione tricolore Capirossi sta già piangendo dentro al casco per la gioia.

È il più giovane campione del mondo della storia delle due ruote. E a Borgo Rivola, anche se son le cinque del mattino, son tutti in festa, grazie anche a don Sante che suona le campane come fossero dei tamburi. Papà Giordano non ci crede, si commuove e basta. Mamma Patrizia sa che tutti quei sacrifici e quei debiti sono valsi davvero a qualcosa. Capirossi è campione del mondo. In poche settimane, Loris, diventa il nuovo eroe dell’Italia adolescente fatta di motorini, scuola, sogni, patenti e spontaneità. Loris Capirossi è il più giovane campione del mondo sui prototipi a due ruote, sicuramente qualcuno batterà il suo record, ma quello che ha fatto a livello sociale e mediatico per questo sport nessuno lo eguaglierà mai.

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