ATP Finals

ATP Finals, da Stan Smith alla Next Gen

Quanto è strana la vita in un circo: chi è che oggi riesce a spiegarsela? I circensi sono una contraddizione che cammina su due gambe. In un mondo che alza muri, che urla alla Patria e all’identità loro hanno scelto una strada diversa, che li sradica da tutto. Ridendo dei confini eleggono per casa il mondo intero. Nomadi per eccellenza, sempre in movimento e senza bisogno di valige, perché la valigia la fa chi ha un luogo dove tornare. Il circo e le sue storie -vere o no chi se ne importa?- con i suoi protagonisti enormi. Fellini con Zampanò, l’uomo forzuto che spacca le catene e diventa un assassino quasi senza volerlo; che abbandona Gelsomina ma che non riesce a darsi pace. O Marion, sola nella roulotte, parcheggiata in una piazza sotto al cielo sopra Berlino, mentre un angelo vero si innamora di lei che si mette ali di plastica per volare sopra un trapezio e far spalancare gli occhi e le bocche ai bambini. C’è chi vaga su di un carro attraverso l’Europa e il mondo, portandosi dietro la magia dello spettacolo e della meraviglia; quella di un gesto semplice e armonioso, che fa scomparire le carte e brillare lo sguardo. Forse è da questo che iniziano le somiglianze con il tennis. D’altra parte, cos’è il tour se non un enorme e scintillante circo che si sposta in giro per la terra, oggi più di ieri, portando con sé magia, gioia e una buona dose di mistero?

ATP Finals

Fa freddo a novembre, l’anno finisce. La neve e il gelo bloccano le ruote dei carri e il fuocherello acceso non basta più per scaldare la notte. Il circo si fermerà per un po’, c’è giusto il tempo per una grande festa per salutare il pubblico e riposarsi. All’ultimo atto sono invitati solo i migliori, che daranno vita allo spettacolo in quell’incredibile unione che si realizza, qui come in nessun altro sport, tra capacità atletica e magia. In più le Finals sono itineranti per eccellenza, avendo cambiato sedici sedi in mezzo secolo di vita, attraversando tempo e storia, in tutto il mondo.

In principio era Stan Smith

stan smith

Nel 1970 il mondo era parecchio diverso da oggi. Figuriamoci Tokyo. Il Giappone era in piena espansione, la ricostruzione correva a briglia sciolta e l’arcipelago assorbiva come una spugna tutta la cultura del mondo, aprendo una crepa tra la tradizione e il futuro. Il Master Gran Prix -primo dei tanti nomi ufficiali- fece dunque tappa al Gymnasium e mise in scena la sua prima rappresentazione. Così, mentre da un balcone del Ministero della Difesa Mishima lanciava l’estrema protesta contro l’occidentalizzazione del suo Paese, a vincere il titolo davanti a seimila spettatori fu Stan Smith, che divenne il primo Maestro. Ma il circo non stette fermo a lungo e in sette anni cambiò altrettante località. Prima l’Europa con Parigi e Barcellona, poi in America e poi ancora l’Australia. Dominatore di quei primi anni fu Nastase, sopra le righe in campo e fuori, grande sportivo e perfetto uomo di spettacolo. L’epoca del Master era però solo a metà e così gli impresari smontarono le tende e fecero spostare tutto il caravanserraglio nella città che più di tutte rappresentava la modernità e l’intrattenimento: New York. Qui la permanenza fu più lunga, dal 1977 al 1989. Solo il meglio per la città più importante del mondo. Fuori dunque gli acrobati più agili, i pagliacci più irresistibili, l’uomo-orso e i funamboli più arditi. Qui hanno vinto Connors, McEnroe, Edberg, Lendl, Borg, Becker.

Uber alles

Ion Tiriac

Ma anche il disco più bello del mondo, se ascoltato troppo spesso, alla fine viene a noia. Il circo del tennis raccolse ancora una volta racchette, pallina e i suoi fenomeni e solcò l’Atlantico in direzione Germania. 1990: non c’era più il muro e sembrava quasi che l’Europa tornasse a respirare per la prima volta. Francoforte prima (1990-95) e Hannover poi (1996-1999). L’epoca era quella di Becker, padrone di casa, e di Sampras, padrone del campo. La vittoria al torneo fu un affare privato fra americani e tedeschi, che si divisero la posta in palio per una decina d’anni, se si eccettua l’incursione di Corretja nel ’98. Non fu solo la rivalità sul campo a prendersi la scena: protagonista di quegli anni fu Ion Tiriac, manager di Boris Becker e imprenditore che plasmò le Finals in un vero e proprio evento mondano. L’alta società prese posto in tribuna, ci furono feste, raduni e tutti i giocatori più forti. L’evento crebbe sempre di più nel centro della vecchia Europa, diventando un appuntamento irrinunciabile per tutti.

La storia del mago

Roger Federer

Smaltita la sbornia teutonica il tour riprese a viaggiare. Il tendone dei maestri ritornò insofferente alle soste troppo lunghe e tra il 2000 e il 2008 fece teppa a Lisbona, Sydney, Shangai, Houston e ancora Shangai. Dopo i primi tre anni a marca Kuerten-Hewitt iniziò una nuova storia, quella di un prestigiatore. Niente più trapezisti, addio ai funamboli e ai giganti dalla forza sovraumana. Il futuro del circo passò nelle mani di un giovane mago dal passaporto svizzero, che mostrò cose mai viste sul rettangolo di gioco: Federer, maestro di illusionismo, di manipolazione e velocità. Copriva le palle corte, ingannava l’occhio dell’avversario con colpi impensabili lasciando senza parole anche i commentatori. Sapeva anche come rallentare il tempo per arrivare meglio e prima di tutti gli altri su qualsiasi palla, chiudendo poi con un gesto secco e inaspettato. La superficie lo avvantaggiava e nello stesso tempo frenava uno dei sui più forti contendenti: Nadal, che alle Finals non si è mai imposto. Da lontano, però, spuntò un domatore di leoni, con il coraggio di alzare la testa e scalare le classifiche per diventare lui il nuovo Maestro. E a 21 anni ci riuscì. Djokovic contro Federer. Quei due diedero vita a molte battaglie e la sfida divenne un classico negli anni. Intanto cambiò ancora la sede, che diventò Londra, ma fino al 2015, a parte rare occasioni, saranno solo loro due i vincitori di fine anno.

I tempi moderni

La capitale inglese restò la sede fino al 2020, prima di passare il testimone a Torino. Negli ultimi anni inglesi c’è stato un nuovo vincitore per ogni stagione e, con gioia degli organizzatori, si è iniziata ad affacciare al mondo anche la Next Gen, che sembrava non arrivare mai a soppiantare i vecchi protagonisti. Quale sarà il futuro dello spettacolo? Sarà l’epoca dei grandi frombolieri? I maestri di domani saranno tutti giganti del servizio e dritto o scopriremo dei nuovi giocolieri, capaci di entusiasmare il pubblico e di frequentare anche la rete? Probabilmente qualcuno di loro non ha ancora deciso che ruolo scegliere all’interno della grande kermesse, che resterà comunque ferma per un po’ in Italia. Non era ancora capitato in mezzo secolo di incontri. Corriamo al tendone allora, finché il circo resta in città.

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