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Green pass o cartellino rosso?

Il Covid-19 è entrato, tristemente, a far parte della quotidianità di tutti noi. Prima i lockdown, i distanziamenti e i coprifuochi, adesso i Green Pass e le mascherine. In un mondo che ha temuto di essere giunto al capolinea, oggi una luce sembra baluginare in fondo al tunnel. Il mondo dello sport è stato, sicuramente, uno tra i settori che hanno subito l’impatto più spiazzante della pandemia. Se a livello locale palestre e circoli sportivi si sono visti con le porte sbarrate per più di un anno, le grandi associazioni internazionali hanno dovuto rimandare competizioni e vedere stadi e palazzetti completamente vuoti. Da ogni parte si sono levate le proteste dei lavoratori, degli atleti ma anche dei tifosi desiderosi di tornare ad una situazione di pseudonormalità. Stato che sembrava essere finalmente raggiungibile dopo l’introduzione del vaccino che, da gennaio ad oggi, ha portato alla sostanziale riduzione dei casi gravi di Covid-19, e ha permesso a migliaia di lavoratori di tornare ad una vita simile a quella pre-pandemia.

Tuttavia, non tutti sembrano essere d’accordo con le norme stilate dai governi di tutto il mondo in merito alle vaccinazioni. Si diffondono con vigore sempre crescente le opinioni di chi è contrario al vaccino: tra teorie del complotto e pseudoscienza, numerosi sono coloro che hanno deciso di non vaccinarsi.

Callum Robinson
Callum Robinson, uno dei tanti giocatori no-vax della Premier League

La situazione ha sollevato un dibattito acceso, soprattutto, nel mondo degli sportivi di professione, con una particolare attenzione al mondo del calcio. Secondo un articolo del The Guardian, circa i 3/5 dei calciatori delle squadre inglesi non sono vaccinati, ponendo come motivazione per la loro scelta teorie cospiratorie tra le più strampalate e incredibili. Quello che emerge dalle dichiarazioni di molti di loro è una profonda mancanza di fiducia nella scienza e negli scienziati, i quali avrebbero creato un vaccino poco sicuro e causa di numerosi effetti collaterali, oppure si sarebbero alleati con i potenti al fine di orchestrare una finta pandemia con l’obiettivo di “controllare le menti”.

Scarsa fiducia nella scienza dicevamo. Ma qualcosa non torna. Infatti, sempre il sopracitato articolo del quotidiano inglese fa riflettere su un punto molto interessante: non è forse stata la scienza a permettere a chiunque sia uno sportivo di professione di svolgere al meglio la propria attività?Dietisti, fisioterapisti, medici dello sport contribuiscono, attraverso le loro conoscenze scientifiche, a fare in modo che ogni sportivo ottenga il massimo della performance. Perché allora la scienza in questo caso non andrebbe presa sul serio?

I 3/5 dei calciatori delle squadre inglesi non sono vaccinati, ponendo come motivazione per la loro scelta teorie cospiratorie tra le più strampalate e incredibili.

Dal canto suo, Callum Robinson, calciatore irlandese, giustifica la sua scelta di non vaccinarsi facendo riferimento alla libertà di scelta, cardine delle società democratiche e libere. Il tema della libertà di scelta è il più complesso da trattare in una fase delicata come quella attuale perché presenta diverse facce. Per prima cosa, nessun sostenitore della libertà potrebbe mai accettare l’imposizione di una pratica ad un altro essere umano. A questo punto, però, sorge un problema, causato dal fatto che il momento storico nel quale stiamo vivendo è un momento straordinario e di grande emergenza globale.

Ergere la libertà di scelta come baluardo della propria decisione di non vaccinarsi implica lo sminuire la libertà dell’altro di poter vivere e lavorare in sicurezza e in salute. Se chi, come i calciatori, può scegliere praticamente senza conseguenze quanto e come lavorare, tanti altri membri degli staff sportivi non hanno altrettanta libertà. Chi deve lavorare per vivere non può permettersi nuovi lockdown o, peggio ancora, chi tra di loro vive anche con persone fragili ha il diritto di andare a lavoro ogni giorno in tutta sicurezza.

Un interessante paragone è quello portato Jürgen Klopp, il quale sostiene che considerare il vaccinarsi come un’imposizione esterna sarebbe un po’ come dire che anche non bere alcolici prima di mettersi alla guida sia una privazione della propria libertà di scelta.

Per Klopp il pensiero no-vax è simile a quello di chi vuole guidare da ubriaco

Paragone che evidenzia quale sia il punto focale della questione: vaccinarsi non è un modo per proteggere sé stessi, ma è un atto di altruismo verso gli altri. Vaccinarsi è l’unico modo per mettere al sicuro i propri compagni di squadra, i tecnici del proprio team e tutte quelle persone che ogni giorno lavorano per rendere possibile quello che per molti ragazzi rimane solo un sogno: giocare a calcio. Ma adesso è il turno di chi sta ai vertici del sistema calcistico; è giunto il momento di regolare la questione, dando informazioni e linee guida ai team che siano il più possibile chiare e applicabili a tutti i livelli. Intanto, speriamo nel buon senso.

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