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Islanda, il calcio e gli scandali sessuali

C’è l’Islanda dei ghiacciai, dei vichinghi, della natura incontaminata, delle piume di ededrone, e delle canzoni dei Sigur Rós e di Björk. Ma c’è anche un’altra Islanda, meno conosciuta, che ripete come un mantra “þetta reddast” (“andrà tutto bene”). Un’Islanda sempre più aperta, alla ricerca di un equilibrio tra preservare il proprio spirito e creare nuovi sbocchi commerciali, uno fra tutti l’avvicinamento con Pechino. Un’Islanda che mostra una testarda volontà di partecipare alle dinamiche mondiali, e questo riguarda anche lo sport. Tutti noi siamo rimasti affascinati dalla favola della nazionale islandese agli Europei del 2016. Abbiamo visto e tifato per quella Cenerentola che arrivò a battere gli inglesi. Su 330 mila abitanti il 10% andò in Francia a seguire la nazionale, e la storica vittoria con gli inglesi, inventori del calcio, ha avuto uno share del 99.8% alla tv, solo 600 persone guardavano altro. Un’ascesa nel calcio delle grandi potenze accompagnato dall’indimenticabile geyser-sound.

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Tifosi islandesi durante il geyser-sound

Pensavamo che quest’isola a soli 2.779 km di distanza dal Polo Nord fosse del tutto estranea al calcio. Ci sbagliavamo. Il movimento calcistico islandese ha avuto una crescita notevole al punto che sono diverse le giovani promesse che hanno calcato i campi di campionati più prestigiosi, come la Premier League.

Non c’è niente di sovrannaturale, né esiste un qualsivoglia intervento divino, alla base di una politica di programmazione e di investimenti inaugurata oltre dieci anni fa. Dal 2000, le infrastrutture calcistiche in Islanda hanno compiuto passi da gigante. I comuni costruiscono e pagano per tutte le strutture.

Arnar Bill Gunnarsson, responsabile del calcio giovanile della KSÍ (la Federcalcio islandese)

C’è una parola islandese che riassume il lavoro degli ultimi anni: eljusemi, “un misto di dedizione, pazienza e lavoro duro“, per usare le parole di Jóhann Gunnarsson, allenatore del Völsungur, società calcistica di Húsavík. In questo paesino di 2200 abitanti a 30 chilometri dal Circolo polare artico, esiste un solo völlur (campo sportivo) che non ha gli spalti; fa troppo freddo. Per questo i tifosi assistono alle partite dai loro pick-up che circondano tutto il campo e quando il Völsungur segna, festeggiano suonando i clacson. Il campionato dura per tutta la primavera ed, essendo i campi di calcio totalmente ghiacciati durante l’inverno, è facile capire quando inizia la bella stagione: basta sentire il rumore dei clacson. La variabile meteorologica è sempre stata un problema che ha limitato lo sviluppo del calcio in questa regione. Si è sempre giocato e si continua a giocare principalmente nei campi indoor che, di fatto, sono stati il vero volano di questo sport. Ma come afferma sempre Gunnarsson:

Io credo che allenarsi fuori renda i nostri calciatori più tenaci, più pronti alle condizioni che realisticamente si troveranno ad affrontare. Noi ci alleniamo anche quando la temperatura è meno dieci, se il vento non è eccessivo. Solo per i bambini più piccoli usiamo standard più clementi. Ma fino ai meno cinque ci si allena tutti.

Húsavík
La cittadina di Húsavík

I bambini, soprattutto quelli della fascia 6-16 anni, sono sottoposti ad allenamenti molto competitivi, e il loro entusiasmo e la loro continua voglia di imparare sono dettati dal fatto che conoscono tutti i giocatori della Nazionale. È il vantaggio di vivere in un posto piccolo come l’Islanda: i tuoi idoli sono i tuoi vicini di casa. Il campionato in Islanda dura sei mesi, da inizio ottobre a fine marzo; negli altri mesi si affinano le tattiche di gioco e, soprattutto, le doti tecniche e mentali. L’aspetto caratteriale non è affatto secondario. Sempre Gunnarsson dice: 

Tradizionalmente la scuola danese, quella un po’ più vicina a noi, insegna a inscatolare l’indole dei calciatori, come dire, un po’ più piantagrane. Invece c’è un gran bisogno di spiriti caldi come Aron [Gunnarsson, il capitano della Nazione].

Ma non troppo. Nell’uggia di notti interminabili ecco emergere un lato oscuro. Dopo aver mancato la qualificazione agli Europei del 2020 e ai prossimi Mondiali, l’Islanda ha vinto soltanto tre delle ultime diciassette partite disputate. Da mesi subisce spesso sconfitte pesanti e quando gioca in casa è seguita da poche centinaia di spettatori. Il match casalingo contro l’Armenia dello scorso ottobre ha fatto registrare 1.697 spettatori: la partita ufficiale con meno pubblico dal 1997. Qualcosa si è rotto. Per una nazionale così piccola i cali di rendimento sono fisiologici: la “base” del movimento ha dei limiti numerici e il ricambio di giocatori richiede più tempo che altrove. Ma nel caso dell’Islanda non si tratta solo di questo. Ad agosto il presidente della Federazione, Guðni Bergsson, si è dimesso travolto da accuse di scandali sessuali che hanno fagocitato la Nazionale. Bergsson ha lasciato l’incarico dopo essere stato accusato di negligenza per aver sottovalutato — per altri insabbiato — le accuse di molestie e aggressioni sessuali rivolte negli anni ad alcuni giocatori della Nazionale; insieme a lui si sono dimessi anche tutti e 15 i membri del comitato. Il nuovo presidente Halldóra Vanda Sigurgeirsdóttir, la prima donna ad assumere la carica dopo essere stata anche la prima nel Paese ad allenare una squadra maschile di calcio, ha attuato una politica dura che dovrà portare, a suo dire, un “cambiamento culturale.”

Guðni Bergsson
Guðni Bergsson ©KSÍ

I tre calciatori accusati delle violenze sessuali sono stati temporaneamente esclusi dalle convocazioni della Nazionale, cosa che però ha creato del malcontento: diversi giocatori, come il centrocampista del Burnley, Jóhann Berg Guðmundsson, hanno rifiutato le convocazioni per il trattamento riservato ai giocatori coinvolti. L’ingranaggio si è inceppato e l’Islanda, che aveva raggiunto la 21esima posizione nel ranking FIFA, il punto più alto della sua storia, ora è al 53esimo posto, dietro alla Giamaica, al Venezuela e al Qatar.  Non sappiamo come l’Islanda supererà gli scandali. Di certo, quel percorso di crescita e sviluppo iniziato decadi fa continua a fermentare sotto la neve. Per questo, siamo convinti che presto torneremo di nuovo ad appassionarci al calcio di questi uomini del nord, perché come amano ripetere “þetta reddast“.

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