Ping Pong Taiyō Matsumoto

Ping Pong, il capolavoro di Taiyō Matsumoto

Di fronte alle difficoltà si vedono davvero il carattere, la personalità, la psicologia di una persona. La vita è un insieme di problemi, alcuni tragici e altri minori, ma è così. Bisogna lottare per le proprie idee, per le proprie follie, per i propri sogni e per le proprie passioni. C’è chi lotta con il sorriso e la spensieratezza dei suoi anni, chi invece si prende fin troppo sul serio, finendo per vivere d’ansia, di fatica, di stress e chi invece si lascia scivolare tutto addosso, chi non cambia mai, chi ci prova, ma alla fine rimane ancorato a se stesso e alle proprie inclinazioni. Lo sport è la sintesi perfetta della vita. E Ping Pong, l’opera di Taiyō Matsumoto, è il succo dello sport. 

Ping Pong Taiyō Matsumoto

Il manga, nato nel 1996 come un seinen (spokon/slice of life), ossia un fumetto serio, non per adolescenti, (non il classico Dragon Ball, Naruto o Tokyo Revengers), per intenderci, è stato ristampato recentemente dalla casa editrice Hikari, la divisione di 001 Edizioni che pubblica fumetti giapponesi. Il box che racchiudeva i cinque volumi di Ping Pong è andato a ruba perché era da tempo che gli appassionati di letture giapponesi e di letture sportive attendevano una ristampa. Il titolo di Matsumoto è sempre stato ben riconosciuto dalla critica, ma è grazie alla sua controparte animata (la trovate su VVVVID in versione sottotitolata) che Ping Pong diventa celebre. Due parole sull’autore, il mangaka Taiyō Matsumoto, è tra i più importanti del panorama delle opere seinen, capace di narrare con grande naturalezza e passione la vita dei suoi personaggi, le difficoltà e la complessità degli atteggiamenti mentali e passionali dell’umano. 

In Ping Pong c’è tutto questo. Spiritualità, sacrificio, allenamenti, sudore, sangue, dolori, successi, fallimenti, cadute, risalite, amicizia. Da qui parte tutto, dal rapporto due due piccoli amici, Peko e Smile. Il primo sorridente, solare, socievole, talentuoso nel tennis da tavolo. L’altro, nonostante il soprannome, taciturno, serio, distaccato, freddo, nascosto, ombroso. L’uno l’opposto dell’altro. A un certo punto qualcosa si incrina, da una parte la perdita delle certezze, della consapevolezza, dall’altro lato, invece, l’acquisizione di un fondamento, di una capacità innata che non pensava di avere o che ha sempre celato per non creare problemi al proprio amico. I due si perdono per strada, prendono due vie differenti, ma è esattamente nel momento in cui si dividono che stanno, di fatto, prendendo parte alla stessa avventura: provare a diventare campione del campionato interscolastico. Gira tutto intorno a questo torneo. Cinque volumi che volano via veloci come uno scambio di ping pong, veloci come il vento, veloci come un battito di ciglia. I disegni di Matsumoto regalano arte. Il mangaka miscela perfettamente momenti in cui il disegno è dettagliato, preciso, raffinato e altri in cui invece il tratto è folle, veloce, rapido, abbozzato. Quando serve comunicare un sentimento particolare, quando Matsumoto ha un determinato obiettivo, quando serve regalare un’emozione precisa al lettore, il mangaka ci riesce, sa come fare, sa quando spaventarti, quando entusiasmarti, quando dare velocità al colpo, quando dare potenza al rovescio, quando dare potenza al dritto. Il tennis da tavolo ha una bibbia, ed è quest’opera di Taiyō Matsumoto. 

Taiyō Matsumoto

Ping Pong è un’opera mastodontica. Perfetta per parlare di sport, ma anche di vita. L’amicizia di Peko e Smile è centrale in questa storia, mettendo dietro le quinte anche il ping pong, la passione, l’opportunità per i due protagonisti. Per Peko è la vita. Lui vuole diventare campione del mondo di tennis da tavolo. Smile, no. Lui gioca per fare contento Peko, per fare qualcosa insieme al suo amico. Uno è più estroverso, l’altro non uscirebbe di casa. L’ossimoro che lega i due amici sarà l’ago della bilancia dell’opera, dell’amicizia, del torneo, degli allenamenti e di come loro gli affrontano. Da una parte l’allenamento militare di Smile, dall’altra l’illuminazione di Peko che va oltre la tecnica di base, che va oltre i limiti fisici, che distrugge il proprio corpo e lo mette al servizio dei risultati e dei propri obiettivi, piegando la realtà ai suoi sogni per arrivare dove ha sempre voluto. 

Matsumoto è un maestro della narrazione. Riesce a raccontare la vita, frangenti della stessa, attraverso il movimento di una pallina bianca su un tavolo verde. La rete in mezzo a fermare i sogni dei giocatori. La rete come simbolo di confine tra il fallimento, la sconfitta, il buio e la vittoria, il successo, la luce. Quella luce di cui brilla il talento dei due protagonisti e di alcuni avversari. Creati ad arte tra cliché e caricature, tra forza bruta e intelligenza, tra spirito e corpo. Come nel caso di Kazama, il fuoriclasse che ha sempre vinto il campionato interscolastico negli ultimi anni, soprannominato il Drago, ma che prima delle partite si chiude in bagno, vomita, la pressione è troppo alta, l’ansia lo divora, lo stress lo avvolge. La sua fine è allo stesso tempo liberazione. Come se il Drago si fosse disancorato dalle catene che lo imprigionavano in loop in cui non poteva essere davvero se stesso, ma era la controfigura imposta da qualcun’altro, che ha messo a frutto il suo talento senza fare i conti con la testa e il cuore. Oppure avversari come Kong, lo studente cinese che si presenta come profeta, come fenomeno in Giappone, visto che la Cina da sempre si sente superiore nel tennis da tavolo, e poi viene piano piano messo in secondo piano, quasi a ridefinire la gerarchia dei Paesi nel ping pong, quasi a sbattere in faccia la realtà di Matsumoto. 

Ping Pong Taiyō Matsumoto

A chiudere non poteva che esserci un momenti di alta poesia, di arte dell’intrattenimento, e non solo. La sfida finale, quella che – potevate immaginarvelo  – mette di fronte i due amici, diventati rivali, ma rimasti amici nel cuore. Peko contro Smile, colui che ha lottato con sangue per essere dov’è contro l’amico con il talento nascosto, l’amico baciato dalla dea bendata, l’amico che è freddo e distaccato come un robot. Matsumoto ci mostra una fine senza mostrarla, ci fa intendere senza evidenziare. L’uomo batterà sempre le macchine e quindi, Ping Pong potrà finire soltanto in un modo, romantico e avvincente allo stesso modo, anche se, il dubbio che Smile abbia lasciato la strada spianata all’amico di una vita è lì pronto ad osservarci e a giudicarci, un dubbio con cui ognuno di noi dovrà imparare a farci i conti. 

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