mourinho roma

Mi sono innamorato della Roma

La stagione calcistica appena conclusa ci ha lasciato in memoria nuovi campioni, vecchie speranze diventate appassite, e qualche piccolo colore per immaginare la tavolozza che l’anno prossimo animerà il campionato. Tra i ricordi calcistici più belli che personalmente abbia registrato in questa stagione c’è sicuramente quello dell’inverno passato quando aspettavo le imprese di José Mourinho e della sua squadra, la Roma. Ho ancora ben vive in me le immagini di alcuni sabati sera trascorsi sul lago di Como, aspettando che il sole andasse giù tra le montagne della Val d’Intelvi e, indeciso se andare a bere un americano o meno, controllavo sul cellulare l’ora in cui all’Olimpico sarebbero andate in scena le gesta dei miei nuovi beniamini. Così la giornata del weekend passava dolce aspettando di incontrare finalmente quel nuovo amore, appena cominciato, per una squadra e per una città che mai avrei pensato di seguire con così tanta passione. 

Chiariamo un paio di punti. Abito a Milano, tifo Inter e il calcio evidentemente lo seguo sia per passione che per lavoro. Mi innamoro delle storie, ma di solito dei personaggi, delle loro disavventure: mai mi era capitato di appassionarmi così tanto ad una storia di città come mi è capitato con Roma. 

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Ma si sa, gli amori non nascono mai dalla sera alla mattina: a ben guardare hanno avuto una crescita dentro di noi fatta di piccoli episodi apparentemente di “trascurabile felicità” (tanto per citare un grandissimo scrittore romano, vedi Francesco Piccolo). In effetti, i segnali dell’amore erano spuntati quasi un anno fa quando viene annunciato il ritorno di Mourinho in Italia ma non all’Inter; questa volta sarebbe andato a Roma, fuori da ogni logica. I giornali italiani ed inglesi, dove certo non aveva brillato il tecnico portoghese, impazziscono e la notizia rimbalza tra tutte le testate giornalistiche. Mourinho vecchio esperto di comunicazione oltre che di calcio lancia il claim: Dajé! È subito amore della città millenaria per il suo condottiero, è subito copertina per i giornali sportivi. 

Senza aver ancora toccato il suolo romano, immediatamente le azioni della A.S. Roma risalgono la china a bull: un incremento del 20% in un giorno. A questo punto tutti iniziano a chiedersi cosa ci sia dietro delle mosse così azzeccate di comunicazione. Senza neanche scavare troppo si scopre che dietro la Roma c’è Dan Friedkin, magnate americano che per 600 milioni di euro è riuscito a strappare a James Pallotta la guida del club capitolino. Andando a sbirciare la biografia dell’imprenditore americano, si scopre che non è nuovo in quanto a strategie di marketing: i suoi investimenti vanno dal cinema all’aeronautica, fino al core business che è la guida della Toyota. Dan Friedkin, si intuisce subito, ha in mente qualcosa di più che l’acquisizione di una squadra: vuole vendere un brand vincente, la storia del popolo, un amore da rotocalco. 

Ma strano a dirsi, qui si vede davvero chi conosce la regola di mercato The Long Tail, la famiglia Friedkin non spara le cartucce subito, costruisce una squadra dal profilo basso, da mezza classifica. Una classe di giovanotti guidati dal vecchio timoniere di esperienza. Unico piccolo strappo alla regola l’acquisto di Tammy Abraham, attaccante strappato al Chelsea per 40 milioni di dollari. Ad oggi la cifra più alta pagata per un giocatore della Roma. 

Dan Friedkin roma
Dan Friedkin

Le premesse sono equivoche ad inizio anno e le domande molte. Cosa farà Mourinho che arriva da due esperienze non proprio vincenti? Come riuscirà ad amalgamare tutte queste energie giovanili in un concerto di squadra? Al di là dei Dajé, cosa porterà a Roma?  Lui da vecchio timoniere sa di avere gli occhi addosso e allora decide di portarsi dietro la stampa in modo che poi permettano alla società di lavorare serenamente sui campi di calcio. Così Jose Mourinho si fa ritrarre mentre viaggia in vespetta, novello Cary Grant, mentre guida il pulmino della società, mentre visita i musei della città. Si capisce subito il mirare della comunicazione di Mourinho: sono invecchiato, mi sono addolcito ma vi porto dove voglio, quando voglio a prescindere. 

Così parte il campionato della Roma con una squadra da decifrare dove oltre a promesse ancora inesplose del calcio italiano, Zaniolo e Pellegrini, ci sono una manciata di giovanotti sconosciuti che impareremo a conoscere come Cristian Volpato, Edoardo Bove, oltre a degli outsider di grandissimo valore quali Karsdorp e Mkhitaryan.

Come si diceva unica eccezione: Tammy Abraham. Il campionato rivelerà una squadra dinamica, certo ingenua, ma capace di risultati di grandissimo livello e tutto sommato con una classifica che può far pensare bene per il futuro. Per riassumere una stagione costellata da grandissimi soddisfazioni abbiamo scelto tre partite simboliche per la Roma( Roma-Atalanta del girone di andata, Roma-Verona e Roma-Lazio del girone di ritorno), attraverso cui avremo una buona prospettiva su tutto il campionato dei giallorossi.

Dopo un inizio tutt’altro che scoppiettante, i giallorossi riescono a perdere quasi tutte le partite, compreso un imbarazzante 6 a 1 contro la modesta Bodø/Glimt, ma c’è una partita che fa rialzare la testa ai tifosi romanisti e che solleva il dubbio che la storia non sia ancora scritta: Atalanta-Roma del 18 dicembre. Trascinati da un goal iniziale di Tammy Abraham di pura prepotenza, da solo brucia l’intera difesa bergamasca, i giallorossi fanno vedere un calcio spumeggiante, aperto, divertente. Ne conseguono un goal magnifico di Zaniolo, una tap in di Smalling e ancora una rete di Abraham a sigillare un 4 a 1 guadagnato da squadra di alto profilo. Ma fin qui i risultati sono altalenanti: arrivano ancora sconfitte e soprattutto la Roma perde contro tutte le prime sei in classifica. Il girone di ritorno, però. segna un giro di boa: la Roma è cambiata. Cos’è successo? Gli schemi di Mourinho sono entrati, i giovani hanno sentito la fiducia della società e del mister, il gruppo inizia a funzionare autonomamente trovandosi ad occhi chiusi (vedi i cross di Karsdorp da più o meno ovunque in diverse partite.) Così parte a gennaio un nuovo corso della della squadra giallorossa e, anche se i risultati stentano ad arrivare, la musica è cambiata: su tutti il 4-3 incassato con la Juventus in una partita giocata non certo con subalternità. 

Ma è in Roma-Verona che si assiste alla svolta vera e propria: non è una vittoria, è un pareggio. In casa, il 19 Gennaio, la Roma sta perdendo 2 a 0 schiacciata da un Verona funambolico e divertente. La partita sembra ormai segnata pesantemente, ma proprio qui accade l’inaspettato. Al ’65 grazie ad una palla che rimbalza dalla linea difensiva Cristian Volpato, classe 2003, lancia una zampata senza troppi fronzoli da metà aria: il pallone disegna una traiettoria da libro di fisica classica e per l’attento Montipò non c’è nulla da fare: siamo 2 a 1. Ma le sorprese continuano quando Edoardo Bove all’ 84esimo, sfruttando una palla in uscita sulla destra, temporeggia con il pallone fra le gambe all’altezza dell’area piccola, fino a quando calcia dove nessuno si aspettava, il palo più vicino, cogliendo Montipò in contro tempo.

I due “ragazzini” di Mourinho hanno agguantato una partita che sembrava persa. Per concludere degnamente una serata così densa, Mourinho si fa espellere per aver fatto il gesto del telefono all’arbitro. È l’apoteosi della filosofia del portoghese: genio e sregolatezza, paradiso e inferno. Le interviste del dopo partita sembrano tratte più dall’Attimo fuggente che da una partita di calcio: Bove e Volpato hanno parole di amore per il loro mentore, scene che fanno bene al calcio. 

È proprio quella partita col Verona a segnare una svolta per la Roma, partirà da lì infatti una linea di 11 risultati positivi consecutivi. Facendo un salto nel calendario, dobbiamo fermarci però per forza al 20 marzo 2022, per poter analizzare un derby che rimarrà nella memoria non solo dei tifosi romanisti per molto tempo. Il risultato 3-0 da solo non basterebbe a raccontare la partita, anche se il primo goal di Abraham dopo tre minuti di sicuro spiega come la strada sia stata spianata da un punto di vista psicologico per la squadra di Mourinho. Come detto, la punta inglese segna un goal di rimbalzo a trenta centimetri dalla porta e apre le danze, ma sono Mkhitaryan, Cristante, Karsdorp, Pellegrini a rendere la partita uno spettacolo di danza contemporanea nelle azioni da goal e non. Fatto sta i goal, però, arrivano e così Abraham al ’22 chiude con un destro al volo un’azione meravigliosa di cui l’ultimo assist era stato di Karsdorp (manco a dirlo). Ma è al ’39 che si chiude l’incanto, convincendo tutti che quella sera c’era un incantesimo attorno alla squadra giallorossa. Dopo aver guadagnato una punizione a circa sessanta metri dalla porta, Pellegrini sistema la palla con grande disinvoltura e si appresta a battere in fretta, tutti si aspettano un cross nella mischia, ma qui arriva l’imprevedibile. Con pochissima rincorsa e relativamente poca forza, Pellegrini disegna una traiettoria inimmaginabile e la palla finisce all’incrocio dei pali tra l’incredulità generale dei compagni e degli avversari. È 3-0 ma soprattutto è un messaggio chiaro: la Roma c’è ed è cresciuta! Le telecamere vanno a cercare Totti che infatti sorride, ma nei suoi occhi c’è un po’ di sana invidia: quella Roma gli ricorda quando lui e Cassano facevano impazzire le difese di tutta Italia. 

A questo punto del campionato,  conquistato un meritatissimo sesto posto, per la Roma di Mourinho è ora di andarsi a prendere un trofeo. Così il 25 Maggio i giallorossi sbarcano a Tirana per contendere la Conference League agli olandesi del Feyenoord. Mourinho incendia la sfida: “È la finale più importante per me” dichiara il portoghese, con un pizzico di malizia visti i tanti trofei conquistati, ma dice la verità. Questa finale vuol dire aver portato “una sporca dozzina” nei cieli d’Europa, in modo inaspettato. Così la Roma fa la Roma e al ’32 un lancio millimetrico di Karsdorp viene agganciato da Zaniolo in area piccola, finalizzando con una zampata perfetta un’azione rapidissima. 1 a 0 e tanto basta alla Roma per portare il primo trofeo dopo decenni a casa. 

Dopo una stagione così eccitante è lecito chiedersi cosa succederà adesso in casa Roma e, in effetti, qualche indizio sta arrivando. Se le trattative sono tante, Wijnaldum su tutti, i colpi già assestati raccontano una Roma ambiziosa ma coi piedi ben ancorati al terreno. L’acquisto di Paulo Dybala è un segnale importante. Un giocatore dalle qualità indubbie trovatosi senza contratto, ma soprattutto senza progetto, decide di andare a Roma per scrivere una storia diversa, una storia di rinascita e rinnovamento. Che la Roma punti  proprio su questo? Scrivere la via di un calcio che racconti anche una storia, un progetto, una narrazione? Beh, a questo punto i dubbi sono pochi: Friedkin vuole costruire un brand forte di storia e passione per poterlo esportare in tutto il mondo. Questa via del resto sembra perseguita con sapienza. Si prevede un autunno caldo per la contingenza giallorossa e io già mi preparo a godermi le loro imprese abbracciato ad una bottiglia di Barbaresco nei sabati sera freddi delle lande lombarde.  

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