Ryan Jones

Ryan Jones, mi sta cadendo il mondo addosso

Mi sta cadendo il mondo addosso” queste sono le parole drammatiche con cui Ryan Jones, capitano della nazionale irlandese di rugby appena quarantunenne, ha commentato a caldo la diagnosi di encefalopatia traumatica cronica che lo riguarda, una forma di demenza senile dovuta a forti e ripetuti traumi al cranio. Un uomo nel pieno delle proprie capacità fisiche e potenzialmente mentali, che invece si dichiara spaventato, smarrito, debole.

Ho vissuto quindici anni da supereroe, ma non lo sono invece.” Parole chiarissime che arrivano al termine di una carriera costellata di successi nel mondo del rugby. Proprio quel mondo che ora lo sputa fuori con una condanna così pesante. Perché Jones, già in pensione dal 2015 a causa di una depressione che ne aveva rallentato le prestazioni, ora occupava una posizione di management nell’associazione rugby inglese, dopo essere stato anche insignito della medaglia dei Cavalieri dell’Impero Britannico nel 2021, ma, come lui stesso racconta, ora non è neanche in grado di pensare al proprio futuro. 

Non sono in grado di fare niente come vorrei, non posso arbitrare, non ricordo nemmeno più le regole del gioco, sono preoccupato. Vorrei solo avere una vita normale, fare cose normali, mi chiedo cosa potrò fare da qui a breve. Ho tre figli, sono preoccupato per loro, vorrei solo essere un padre fantastico.

Ryan Jones non si è tirato indietro nel raccontare la malattia e i suoi sintomi, infatti, ha raccontato di avere “perdite della memoria che durano due o tre giorni, ma a volte anche di più. Ogni pezzo sembra scollegarsi, ogni momento sembra che perda qualcosa e non so come fermare questo processo“.

Ryan Jones

A delle parole così dure e ad una diagnosi così chiara non potevano mancare, ovviamente, le reazioni sia della stampa, sconvolta tutta ma non certo ignara della questione, sia dell’Alzheimer Society che si è detta pronta ad aprire un’inchiesta retroattiva su tutti i giocatori che hanno riportato questo tipo di malattia da trauma post rugby. In effetti, l’operazione annunciata dell’Alzheimer Society non è certo un’azione improvvisata visto i casi che negli anni hanno già gettato un’ombra nera sul mondo del rugby. John Beattie, ex giocatore della nazionale scozzese di rugby, dal 2016 sta conducendo un’indagine sui danni cerebrali provocati dai colpi alla testa in questo sport. Per la BBC Beattie ha realizzato un documentario con i momenti più significativi delle sue ricerche, tra cui un’intervista a John Shaw, ex rugbista  dei Glasgow Warriors che manifesta i sintomi di una encefalopatia traumatica cronica (CTE) molto diffusa tra gli ex rugbisti. Nell’intervista Shaw comincia a rispondere, ma dopo poche parole si ferma e dopo poco dice di aver dimenticato l’argomento di cui stavano parlando. Un’evidenza tragica della manifesta delle malattia. 

Anche Clive Woodward nel 2020, allenatore Campione del Mondo 2003 con l’Inghilterra, si era espresso già qualche anno fa a proposito dei tanti casi di traumi cranici chiedendo al mondo del rugby se non fosse il caso di virare e invertire la rotta che sembra ormai davvero un naufragio annunciato.

Molti credo  che questo momento di svolta cambierà irreversibilmente il gioco, ma non è negativo questo. La cosa più pericolosa è far finta di niente, mettere la testa sotto la sabbia e andare avanti come se non fosse successo niente.

L’avvenimento di Clive Woodward del resto fa seguito a quello di molti dottori, ma anche manager e presidenti di squadre sia del rugby, sia del football americano, spaventati (ovviamente) che l’impopolarità dei loro sport  possa portare ad abbandoni di sponsor e cali nelle iscrizioni da parte dei giovani. Ryan Jones, fino ad ora il giocatore più blasonato ad aver subito un così grave caso di encefalopatia traumatica cronica, è stato chiaro nel appello, non si è certo risparmiato. Ora bisognerà vedere come reagiranno manager e finanziatori del mondo del rugby alle sue parole e, soprattutto, quali strategie saranno messe in campo per salvare uno sport che vive di contatto fisico senza però snaturarlo. Al contrario, se nulla dovesse essere fatto, Ryan Jones ha chiaro cosa succederà: “Il rugby se non saprà cambiare strada si lancerà a capofitto in una catastrofe che lo spazzerà via“.

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