Charlotte Jerke
Non credo di avere un vantaggio fisico. Non sono il giocatore più veloce, non sono il giocatore più forte della mia squadra.

Essere un atleta trasngender. Qual è il mio team?

Cosa vuol dire essere un atleta transgender? Possono essere tante le risposte a questa domanda, ma la verità che le accomuna tutte è che quando sei uno sportivo transgender vedrai comunque messa in discussione la possibilità di fare parte di una squadra femminile o maschile. Il discorso varia molto da sport a sport e i pareri continuano ad essere opposti e contrastanti. Per esempio, il mondo dell’atletica ha imposto delle regole molto chiare e restrittive in merito: le donne transgender non posso prendere parte alle competizioni élite femminili. Al contrario, un ambiente nel quale le discussioni sono attualmente aperte è quello del calcio. In particolare, la spinta sembra arrivare dalla Germania dove la DFB (Deutscher Fußball-Bund) ha fatto il primo passo significativo per introdurre, già da questa stagione, una politica che permetta alle persone transgender o non binarie di prendere parte alle competizioni amatoriali e giovanili, scegliendo liberamente se giocare nella squadra maschile o femminile. In questo modo l’inclusione diventerebbe il motore principale delle scelte della Federazione, senza compromettere l’equità delle competizioni.

Thomas Hitzlsperger è il diversity ambassador della DFB e, a suo avviso, questa decisione avrà la possibilità di aprire la strada ad altre squadre internazionali con le quali le trattative sono già in fase avanzata. Purtroppo, però, la situazione è ben più complessa, poiché i pareri in merito alla presenza di atleti transgender all’interno di squadre opposte a quelle del loro sesso di nascita genera non pochi dissensi. Il regolamento valido per le squadre giovanili e amatoriali di calcio (non esteso al calcio professionale) è stato introdotto dalla Berlin Football Association già nel 2019 diventando nazionale nella stagione 2022-23. Tuttavia, esso è in netto contrasto con quanto stabilito da altri sport che impediscono alle donne transgender di prendere parte alle gare femminili. Secondo Lord Coe, presidente del Worlds Athletics, questa decisione nasce dalla necessità di “proteggere la categoria femminile“.

Un’altra innovazione del regolamento tedesco nasce dal fatto che alle donne transgender non è richiesto di abbassare i propri livelli di testosterone per entrare nella squadra femminile. Una condizione ben diversa da quella del calcio inglese, nel quale le donne transgender, per poter avere accesso alle squadre femminili, devono dimostrare di avere raggiunti livelli di testosterone nel sangue equiparabili a quelli delle “donne di nascita” e tale valore va riconfermato annualmente.

Intanto, la FIFA sta usufruendo del parere di esperti in ambito legale e scientifico per prendere una decisione più equa possibile. Infatti, il problema nasce dal fatto che potrebbe esserci il rischio che le donne transgender abbiamo un vantaggio fisico rappresentato dalla pubertà maschile. Questa preoccupazione è, peraltro, acuita da uno studio inglese del 2021 che ha concluso che “è improbabile che la soppressione del testosterone garantisca l’equità tra le donne transgender e le donne di nascita negli sport di genere“. È, dunque, lo sport in questione a decidere le sue priorità. Hitzlsperger, per esempio, ritiene che il calcio sia inclusione e, pertanto, debba permettere a tutti gli atleti di prendervi parte nelle modalità che reputano più consoni. A suo avviso, la forza e la velocità non sono tutto, perché lo sport prevede anche strategia e gioco di squadra, per cui la superiorità fisica non è assoluta.

Ana Di Lisio
Ana Di Lisio: “Un pericoloso precedente”

Un parere diametralmente opposto è quello di Ana Di Lisio, fondatrice di RadFem Berlin. Secondo la Di Lisio “c’è una chiara differenza tra un corpo femminile e un corpo maschile, e naturalmente non stiamo dicendo ‘no non ti puoi sentire in questo modo’ o ‘non ti puoi sentire in quel modo’ ma nei fatti stiamo giocando con i nostri corpi e non con come ci sentiamo“. E per questa ragione che permettere anche ad una sola donna transgender di fare parte di una squadra femminile sarebbe un precedente pericoloso per tutte quelle atlete donne che ogni giorno devono faticare per affermarsi nello sport.

Una storia diversa, però, è quella di Charlotte Jerke. Dopo aver giocato per la DFC Kreuzberg, tre anni fa avviato la sua transizione e questo l’ha portata a non sentirsi più a suo agio a giocare in una squadra maschile.

Charlotte Jerke
Charlotte Jerke :”Non credo di avere un vantaggio fisico. Non sono il giocatore più veloce, non sono il giocatore più forte della mia squadra”

Questa nuova regola era assolutamente necessaria perché era come una grande scatola grigia: nessuno sapeva dove metterci; quindi, ora sappiamo che possiamo decidere“. Il problema, quindi, nasce proprio dal riconoscimento degli atleti transgender come tali. Per quanto riguarda la questione relativa allo squilibrio fisico, anche Jerke si è interrogata sul fatto di essere troppo veloce o troppo forte rispetto alle compagne di squadra e alle avversarie. Ma partita dopo partita si è resa conto che non c’è nessuna superiorità fisica rispetto alle altre calciatrici, che spesso sono più veloci o più performanti di lei.

Siamo una minoranza. Stiamo parlando di una o due persone in alcune squadre. Spero solo che altri sport imparino dal calcio… Spero che ci possa essere un futuro in cui non distingueremo le persone per genere, ma non credo che questo accadrà nella mia vita.

Un futuro che si prospetta attualmente incerto e che è tutto da vedere. E, come sostiene Hitzlsperger, essere i primi può essere un vantaggio per trovare la soluzione migliore per tutti.

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