iraklis salonicco

Il Maradona greco e la gloria nella caduta: l’IRAKLIS Salonicco

Quanto è alto Eracle?  80.11.17

È il 14 dicembre del 1999, e al Kaftanzogleio di Salonicco – la casa dell’Iraklis – si gioca l’amichevole Grecia-Ghana. Per le Black stars guidate dal CT italiano Giuseppe Dossena si tratta di un importante test in vista dell’imminente Coppa d’Africa, per i padroni di casa invece la partita assume il valore della riparazione e dell’addio. Circa seimila persone hanno sfidato il freddo per posare gli occhi sul malridotto terreno di gioco in cerca del Maradona greco che, dopo nove anni di inattività, si è rimesso gli scarpini per vestire per la seconda e ultima volta la maglia della nazionale greca. Le nuove regole FIFA hanno fatto cadere il divieto del giocatore a vestire la maglia della nazionale e la Federcalcio greca ha scelto di omaggiarlo degnamente. Laggiù, sostenuto dai piedi e dai polmoni dei vari Dabizas, Tsartas e Georgiadis, il quarantacinquenne Vasilis Hatzipanagis cerca di godersi ogni istante senza pensare ai rimpianti e le beffe del destino. La chioma più famosa di Grecia, colui che quattro anni dopo verrà nominato il più forte giocatore greco nell’ambito degli UEFA Jubilee Awards, si è ripreso per una notte lo stadio dove dal 1975 al 1990 ha incantato il Paese, diventando la bandiera del club più vecchio e dannato di Salonicco: l’Iraklis.

Vasilis Hatzipanagis

La partita di Hatzipanagis dura ventuno minuti, il tempo di sudare e amare la casacca blu e bianca per la quale aveva deciso di abbandonare la natia Tashkent e l’URSS nell’estate del 1974, all’indomani della caduta dei Colonnelli e del ritorno della democrazia in Grecia. Nato nel 1954 in Uzbekistan da genitori scampati alla Guerra civile greca, Hatzipanagis era cresciuto fiero delle sue radici e consapevole che l’unica patria possibile sarebbe stata un giorno l’amata Grecia. Tale desiderio doveva fare i conti con l’amore per il calcio e il talento smisurato che il giovane Vasilis aveva dimostrato in giro per le periferie dell’URSS e che avevano spinto i dirigenti del Pakhtakor Taskhent a integrarlo in squadra a soli 17 anni. Dal 1972 al 1975 Hatzipanagis ha incantato l’intera Unione Sovietica, giocò nelle selezioni under e olimpica dell’URSS ed entrò nel giro della nazionale maggiore senza mai debuttare. Tuttavia, il destino aveva in serbo per il giovane talento un biglietto di sola andata per Salonicco, la casa degli avi e unico luogo in cui gli era possibile approdare; ad attenderlo c’era la squadra di calcio del semi-dio Eracle votato al dovere e al farsi prossimo malgrado l’ira di Era tradita, le fatiche, le eroiche imprese e le umane tragedie della vita terrena. Delle tre squadre di Salonicco Hatzipanagis aveva scelto la perdente, quella che faticava a far quadrare i conti ma non per questo cessava di perseguire la missione sociale e comunitaria delineata dai primi soci dell’Omilos Filomouson (club filantropico) di Salonicco, che nel 1899 decise di seguire – nella città che allora viveva sotto il dominio ottomano – l’esempio del GS Herakles di Costantinopoli. 

iraklis salonicco

Il club nacque con l’obiettivo di contribuire al compimento della Megali Idea, il sogno di riunire sotto un unico Stato, una sola bandiera e una sola chiesa ortodossa, tutti i Greci dei Balcani e del Mediterraneo. A questo scopo, la neonata associazione si radicò nel centro cittadino, nei quartieri di Evangelistria, Ippodromo, Kamara e Koule Kafe, non molto lontano dal porto e dalla Torre bianca nella quale si concentrava lo zoccolo duro della comunità greca; in quei luoghi vennero organizzate le prime attività culturali, artistiche e sportive. Nel novembre del 1908 venne formalizzato lo statuto delle sezioni sportive e il club prese il nome di Associazione greca ottomana di Salonicco HERACLES: fu l’inizio della storia del Gerou, per tutti il Vecchio, perennemente vestito di bianco e di blu per non perdere mai la propria appartenenza alla terra degli Elleni.

I primi anni di attività furono segnati da vicende che stravolsero il destino e la fisionomia di città che si ritrovò al centro delle Lotte Macedoni (1904-1908), fu il punto di partenza della rivolta dei Giovani Turchi contro il governo autocratico ottomano di Abdul Hamid II (1908) e, infine, divenne porto conteso e liberato dall’Ammiraglio Votsis e le truppe di Costantino I di Grecia (1912). Incorporata alla Grecia dopo oltre cinque secoli di dominio turco, Salonicco cercò di modellarsi al cambiamento ma tale sforzo fu vanificato dal grande incendio del 18 agosto del 1917 che in meno di 32 ore distrusse un terzo della città, lasciando in macerie buona parte del centro cittadino, con oltre 70 mila sfollati costretti a trovare rifugio. 

Durante l’emergenza e la lenta ricostruzione, l’Iraklis convertì le proprie istallazioni in una tendopoli e, malgrado gli scarsi fondi a disposizione provenienti in larga parte dalle quote associative dei soci, offrì aiuto e sostegno alle vittime dell’incendio. Nello stesso tempo, la polisportiva riuscì a potenziare l’organizzazione di tutte le discipline sportive, permettendo alle varie sezioni di muovere i primi passi nel panorama sportivo macedone e greco. Il calcio divenne subito uno dei fiori all’occhiello e vanto della polisportiva, il primo sport capace di mettere in bacheca preziosi successi nei giochi Panellenici e Pantraci. Il tempo delle vittorie fu tuttavia breve, come breve fu l’egemonia sportiva in città che divenne casa di due nuove polisportive dalla forte identità e che ben presto divennero acerrime rivali di Eracle: l’ARIS (1914) e il PAOK (1926). Emancipatasi dall’Iraklis, l’ARIS si connotò subito per il forte nazionalismo e il radicamento nei quartieri orientali di Charilaou, Ippocrate, Analipsi, Agia Triada, Hirs e Depo. Questi luoghi ben presto si abituarono a gioire delle vittorie dei gialloneri che nel calcio furono capaci di conquistare tre scudetti (1928, 1932, 1946). Poco più a nord, nella zona di Toumba, una comunità di esuli di Costantinopoli decise di ricostruire la propria casa e valorizzare la propria memoria storica dando vita al PAOK, squadra che negli anni sarà in grado di vincere tre scudetti (1976,1985, 2019) e ben 8 coppe di Grecia, diventando il simbolo cittadino nella lotta al potere esercitato dalle ateniesi AEK, Panathinaikos e Olympiacos. Tutto questo fece di Salonicco una polveriera sempre pronta ad esplodere, una città costellata da frontiere capaci di dividere famiglie, strade e quartieri in nome di un’appartenenza che va ben oltre la fede per i propri colori, lo sport e la semplice vita associativa di una polisportiva. Aris, Paok e Iraklis rappresentavano il cuore, la storia, la memoria e la vita di tre comunità per nulla disposte ad abdicare o a scendere a compromessi. 

80/11/17 iraklis salonicco

Incurante di tutto questo, Hatzipanagis aveva scelto l’Iraklis perché sentiva di condividere lo stesso destino del club. Il popolo di Eracle sapeva ben poco di lui ma presto si ritrovò ad amare le sue sgroppate e a godere del suo innato talento. L’impatto con il club e con il calcio greco fu devastante: divenuto fedele e perfetto compagno di reparto del bomber Dimitris Gesios (marcatore all time della squadra con 74 gol in 211 presenze) Hatzipanagis trascinò i biancoblù in finale di Coppa di Grecia, guadagnandosi la prima convocazione nella nazionale greca. A poco meno di un anno dal suo arrivo a Salonicco, Il 6 maggio del 1976, in occasione dell’amichevole Grecia-Polonia disputatasi ad Atene, Vasilis Hatzipanagis realizzò il suo sogno di indossare la maglia per la quale aveva deciso di lasciare tutto ed emigrare. Un mese dopo, il 9 giugno 1976, nella bolgia del Nea Filadelfeia di Atene, teatro della finale di coppa tra Iraklis e Olympiacos, il nuovo golden boy greco fece un altro passo in avanti nella costruzione del suo mito realizzando la doppietta che valse il 4-4 finale e l’accesso alla lotteria dei rigori. Il russo Vasilis fu il quinto a calciare dal dischetto, nel momento in cui le squadre si ostinavano a mantenere la perfetta parità; Hatzipanagis sbagliò il rigore, ma il destino aveva già scritto il finale di quella partita e alla fine l’Iraklis trionfò 6-5 aggiudicandosi la prima e unica Coppa di Grecia della sua storia. 

Al rientro a Salonicco, l’Iraklis venne accolto da oltre 100mila tifosi che avevano invaso le vie del centro città, vogliosi com’erano di dare sfogo all’irrefrenabile gioia che mancava da oltre trent’anni. Per l’Iraklis e il suo numero 10 sembrava essere l’inizio di una nuova era ricca di successi che avrebbero ristabilito le gerarchie in città e in Grecia ma le cose andarono diversamente, quasi fosse una moderna tragedia greca che aveva come protagonisti un giovane eroe, una squadra e un popolo in cerca di gloria e riscatto. Venuta a conoscenza dell’esordio internazionale di Hatzipanagis con la maglia della Grecia e constatata la rinuncia al passaporto sovietico, la Federcalcio dell’URSS fece reclamo formale alla FIFA, dato che il giocatore aveva in precedenza giocato per le rappresentative giovanili del Paese. La FIFA diede ragione ai sovietici, imponendo alla Grecia il divieto più assoluto a convocare il giocatore. Dopo una sola presenza in nazionale, a soli ventun anni di età, Hatzipaganis fu costretto a rinunciare per sempre al suo sogno. 

A quel punto, l’Iraklis diventò la sua patria e la sua nazionale; ciò fu dovuto anche dal fatto che il giocatore non poté mai rinegoziare il contratto con il club che aveva il diritto di estendere unilateralmente l’accordo – inizialmente biennale – per un periodo di dieci anni. Tale legislazione sportiva fu rivista in via definitiva a metà degli anni Ottanta, quando ormai il destino del giocatore si era compiuto e l’andare altrove avrebbe portato a una sommossa popolare del tifo biancoblù. Diversi club stranieri cercarono invano  di portarlo via da Salonicco, ma la società si rifiutò sempre di cederlo. L’unica volta in cui lasciò momentaneamente il club fu a seguito della retrocessione del 1980 quando, schiavo del contratto e del No della società a venderlo, il numero dieci giocò il tempo di un’estate tra le fila dei canadesi del Toronto Panhellenic per poi scegliere di allenarsi con i tedeschi dello Stoccarda senza percepire lo stipendio. Tornato a Salonicco, tutta la Grecia, nemici inclusi, rimase con il cuore sospeso tra gioia e disperazione nel vedere esplodere il talento prodigioso del dieci dell’Eracle, colui che con il passare degli anni diventò per tutti il Maradona greco, il più forte di sempre nel suo ruolo, forse il più forte fra tutti gli Elleni, condannato a non poter essere tra gli eletti a rappresentare la patria. Hatzipanagis restò all’Iraklis fino alla fine della sua carriera conclusasi nell’ottobre del 1990 in un match di Coppa Uefa tra Iraklis e Valencia.

Anche l’Iraklis si trovò innanzi a ripetute cadute, figlie di un fato mai clemente nei riguardi del club e del suo popolo. Al di fuori della Coppa dei Balcani vinta nel 1985 ai danni dei rumeni dell’Arges Pitesti e nonostante ottime campagne in campionato, coppa nazionale, Coppa Uefa e Coppa delle Coppe, l’Iraklis non è stato più in grado di mettere in bacheca altri successi. Ben peggiore, fu l’incredibile storia delle tre retrocessioni avvenute sempre per fatti esterni al campo. 

La prima retrocessione arrivò il 2 giugno 1980 all’indomani della finale di coppa persa contro il Kastoria. A seguito della denuncia depositata dal Presidente del PAOK Pantelakis riguardante il presunto tentativo di corruzione fatto dall’ Iraklis al proprio difensore Filotas Pellios durante la semifinale di coppa, la Federcalcio greca punì i biancoblù relegandoli in Beta Ethniki, la serie B greca. Tale provvedimento fu adottato nonostante la giustizia ordinaria non fu mai in grado di confermare l’illecito. La seconda caduta arrivò nel 2011 quando la Federcalcio greca decise di retrocedere d’ufficio il club a seguito della falsificazione di documenti utili a operare nel calciomercato. Anche questa volta la decisione fu durissima e successivamente smentita dalla giustizia ordinaria che anni dopo assolverà il presidente Remos dalle accuse di falsificazione. La terza retrocessione arrivò nel 2017 quando la società venne retrocessa a causa del mancato conseguimento della licenza per partecipare alla stagione successiva. Il regolamento non prevedeva esplicitamente la retrocessione bensì un sistema di penalizzazioni, cosa che successivamente valse per i club ateniesi Panathinaikos e Panionios. Da quel momento in poi la caduta non ebbe più fine e la squadra del semi-dio Eracle si ritrovò in meno di tre anni a toccare il fondo e ripartire dall’ultima categoria. Soltanto un accordo con il club di serie B Triglia ha permesso all’Iraklis di riprendere nel 2021 il proprio percorso di riparazione per tutti i torti subiti. Dietro la squadra è rimasto il fedele popolo biancoblù che nel frattempo ha scelto di tappezzare le strade di Grecia, di tatuarsi sulla pelle, di apporre sulle maglie, bandiere e i materiali la sequenza numerica 80/11/17, tre retrocessioni divenute un vanto e una gloria. Nessun club al mondo si vanterebbe delle proprie cadute, nessun popolo mostrerebbe con tanta fierezza le proprie ferite: nessuno meno chel’Iraklis. Per i biancoblu non c’è altra via che la lotta contro le ingiustizie e l’ingiusto ordine delle cose, l’ergersi e risorgere a guardia di una comunità che malgrado la sua storia, malgrado tutto, continua ad animare la vita della polisportiva, iscrive i propri figli e le proprie figlie alle sezioni amateur in quel centro sportivo dove oggi giganteggia il murales del Maradona greco. E dove transitano i bambini esiste un muro con su dipinto un metro e la scritta: Quanto è alto Ercole?

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