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I tabelloni non segnano tutto. Riflessioni e digressioni intorno al calcio, a cura di Carmelo Bene

Che peccato che l’esultanza sui campi di gioco sia spesso infondata. Depositare un pallone inerte in una porta sguarnita equivale il più delle volte a defraudare il vero artefice che magari un attimo prima ha spiazzato nella difesa intera. A quel punto il tabellone s’illumina di incompetenza, il tripudio sugli spalti si colora di cattivo gusto.

Così raccontava e viveva il calcio Carmelo Bene, attore, pigmalione istrionico, genio isolato del teatro italiano. Se la sua opera di ri-attualizzazione di celebri capolavori del teatro e della letteratura italiana e straniera sono noti ai più (fortunatamente), il suo amore per il calcio e lo sport in generale sono cosa poco conosciuta. Per recuperare questo aspetto della personalità del grande talento di origine salentine, Edizioni GOG pubblica In ginocchio da te, una collezione di articoli e interventi a tema sportivo, firmati da Carmelo Bene. Gli articoli provengono dalle pagine del Messaggero dove grazie ad un’intuizione di Giancarlo Dotto, l’artista si occupò di commentare la realtà calcistica (e non solo) tra il 1982 e il 1985. La rubrica non poteva che chiamarsi Ripensandoci Bene, titolo che in effetti segnava il carattere dell’intervento dell’attore che rimuginava, commentava e prevedeva i fatti che sul campo accadevano o sarebbero accaduti. Gli articoli segnarono una svolta culturale per il giornale romano; tutti in bilico tra delirio visionario e colto soliloquio, dove il calcio era una metafora che incarna l’umano incedere sulla terra e la sua possibilità di riscatto. 

Un’altra parte del libro è dedicata agli interventi che la nascente Telepiú commissionò a Carmelo Bene. Qui il tenore rimane alto e colto, ma il tiro è aggiustato sui competitor televisivi come Il processo del lunedì di Biscardi, quindi troviamo la polemica e la precisione come elemento piccante dei commenti di Bene. In Zona, questo il titolo scelto per gli interventi di Bene, troviamo una critica al costume contemporaneo, mischiata e calata con le gesta dei protagonisti di quell’epoca calcistica. Ma cosa spinge Bene ad interessarsi al calcio? Qual è il motore della sua esperienza? Perché arriva a definire il calcio come superiore al teatro? 

Le risposte le dà lo stesso Bene via via che commenta e sentenzia gli accadimenti del campionato italiano. Spesso negli articoli di Bene troviamo una meta riflessione sul senso del sport e del suo declinarsi come umana attività. 

Non è il “gran giocatore”, come lo chiama il mio sin troppo modesto compagno di giochi Falcao, ma il ma il “gran giocato”, che mi interessa.  […] Gran giocatore è solo chi si lascia giocare.

Qui sta tutto il pensiero di Bene rispetto al calcio. È l’atto, il gesto, l’azione quello che interessa all’attore, la partita è solo un pretesto per vedere accadere degli atti strepitosi e inimmaginati. 

L’azione è una congiura, una trama ordita, al di là della tecnica dei singoli.

Bene ama la coralità, il gioco d’insieme, il corporativismo delle squadre. Tutto dev’essere al servizio dello spettacolo, come dovrebbe essere a teatro. Carmelo Bene non ama il gioco all’italiana e critica la nazionale azzurra che pure in quegli anni si fregiava del titolo di campione del mondo. 

È non giocando “all’italiana” che si vince un mondiale. […] Al contrario, il gioco all’italiana non ha mai prodotto che la mortificazione del gioco stesso sotto forma di penosa celebrazione dell’utile. Si comportino i responsabili azzurri non come chi ha vinto un campionato del mondo, ma come chi, non avendolo vinto, deve impegnarsi a rifondare tutto.

È lo spettacolo, la bellezza a dover emergere, in virtù di tale verità Bene sacrifica nomi su questo altare. Centro di molte critiche è il povero Gianni Brera, accusato di non poter capire alcuni fini meccanismi del calcio, di non cogliere la pantomima nello sport. Al contrario è Falcao ad essere saltato come eroe, come principe, ancora prima che calciatore. Del brasiliano tutto è magico secondo Bene, il suo modo di stare in campo, la sua venuta da un altro mondo, la sua capacità di portare bellezza. Apparentemente potrebbero apparire fin troppo velleitari i commenti di Bene al campionato di calcio nostrano, ma tra le pagine di In ginocchio da te troviamo alcune previsioni suggestive e azzeccate. Per esempio, la previsione riguardo il grande Verona di Bagnoli, che si renderà protagonista di una stagione straordinaria e vincente contro tutti i pronostici, tranne quelli di Bene ovviamente. Non mancano sentenze morali e indicazioni antropologiche sui possibili sviluppi futuri dell’umanità, come quando l’attore bolla la marcatura a uomo come triviale e in uso solo nelle società antropofaghe. 

Si nascondono verità più profonde nel terreno di gioco che possiamo osservare solo guardando attentamente dentro e fuori. Si nasconde qualcosa di profondamente umano tra le zolle di erba verde. 

Vanno a teatro o allo stadio per esonerarsi dall’obbligo di leggere a casa o di praticare in cortile quel nulla che fingono di vedere.

Lo spettacolo del calcio, della Formula Uno, del tennis, serve ad arricchire il tedio umano che si nasconde invece a teatro, al cinema, in una canzone popolare avvizzita e ripetitiva. Tutta questa azione dello sport serve ad assecondare il “bisogno di eccessi, di eccedere proprio nell’etimo“. In ginocchio da te deve essere letto, non solo da parte di chi si occupa o si appassiona al mondo del calcio, ma da tutti coloro che intendono calare nel proprio quotidiano uno sguardo di intelligenza e di stupore di cui ogni vita si ha bisogno per poter resistere al mondo come volontà e rappresentazione. 

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