Alex Rodriguez

Alex Rodriguez, una storia controversa

Alex Rodriguez, l’ex campione di origine dominicana classe 1975 ritiratosi ormai tre anni fa all’alba della stagione sportiva 2017, entrerà nella storia del baseball come uno dei più grandi giocatori di sempre. Le statistiche della sua carriera ultra-ventennale (esordì in prima squadra a nemmeno 19 anni nel 1994 con i Seattle Mariners) parlano chiaro: media battuta in carriera di .295, 2.086 punti battuti a casa, 696 homerun e ben 3.115 battute valide; vincitore nel 2009 delle World Series con i New York Yankees, 14 volte convocato all’All-star Game, 3 volte vincitore del premio come Most Valuable Player dell’American League, 10 volte aggiudicatario del Silver Slugger Award e, infine, vincitore di 2 Golden Glove Award.

Interbase e terza base dotato di ottimi riflessi, rapidità senza pari ed un ottimo braccio, ha tuttavia costruito le sue fortune sulle sue qualità indiscusse di battitore, capace com’era di spingere la pallina oltre la recinzione mantenendo al contempo una ragguardevole media di arrivi in base. Un atleta completo come pochi se ne erano visti in precedenza sui campi da baseball americani. Un “five-tool player” da manuale, ovvero un giocatore in grado di mostrare le cinque qualità più importanti per un pelotero: velocità, potenza e controllo in battuta, gran guanto ed eccellente tiro in difesa. A-Rod aveva tutte e cinque queste caratteristiche.

Come mai, quindi, a fronte di un palmarès da campione epocale e dinanzi a qualità tecniche indiscusse, ancora si discute sull’opportunità di inserirlo nella “Hall of Fame” del celebre museo di Cooperstown? A-Rod sarà votabile dai membri della BBWAA (Baseball Writers’ Association of America) solamente nel 2022, cioè alla scadenza del 5° anno dal ritiro ma, com’è ovvio che sia, il dibattito sui suoi meriti incomincia già a scaldarsi. La parola che più si adatta a questo atleta spettacolare, a quest’uomo di aspetto magnetico e carisma evidente, è senz’altro controversia. E di problemi, di questioni irrisolte, di polemiche, di battute d’arresto e di veri e propri scandali, la vita sportiva (e non solo…) di Alex Rodriguez è stata piena.

Certamente, la “macchia” che appare più prepotentemente sull’armatura di A-Rod è quella rappresentata dall’uso di steroidi anabolizzanti – ammesso all’inizio della stagione 2009 – nel periodo appena successivo al suo approdo ai Texas Rangers e quindi appena dopo aver accettato il trasferimento dai Seattle Mariners a fronte dell’allora più ricco contratto mai firmato nella storia sportiva americana: una robetta da 252 milioni di dollari per 10 anni di ingaggio.

Quando arrivai in Texas [da Seattle, n.d.a.] nel 2001, mi sentivo schiacciato da una pressione enorme, come se il peso dell’intero mondo gravasse sulle mie spalle e come se dovessi garantire ogni giorno prestazioni di altissimo livello … e la “cultura” del baseball era diversa, molto più “rilassata”. Ero giovane. E stupido. E ingenuo. E volevo provare a tutti quanti di essere uno dei più forti giocatori della storia del baseball. Ed ho assunto delle sostanze proibite e, di ciò, sono profondamente dispiaciuto.

La dichiarazione – rilasciata a Peter Gammons, uno dei decani della ESPN ed una delle firma più prestigiose del panorama giornalistico-sportivo americano – fece così tanto scalpore da scomodare l’allora Presidente Obama il quale disse che tale ammissione era stata “deprimente” e che tali comportamenti avessero contribuito ad “…offuscare, in parte un’intera era [quella ribattezzata, in effetti, come “Steroids Era”, n.d.a.]; un vero peccato, perché – proseguì il 44° Presidente U.S.A. – la maggioranza degli altri atleti ha giocato in maniera pulita.

Le parole di A-Rod, per molti ben poco sincere e comunque tardive, dopo un lungo processo interno alla MLB conclusosi solo nell’agosto 2013 e diverse audizioni al Senato degli Stati Uniti, costarono all’asso degli Yankees una squalifica effettiva di ben 162 partite che gli fece saltare l’intera stagione 2014. Su questa punizione da record, peraltro, incise anche quanto accaduto nel quadriennio 2009-2012, ovvero quando il nostro Alex era seguito dal controverso medico Anthony Bosch, proprietario della famigerata clinica Biogenesis of America, vero e proprio “laboratorio del doping” che ha macchiato la carriera di una lunga serie di atleti ed atlete degli sport più disparati. Chiaramente già solo questo sarebbe sufficiente a far storcere il naso a diversi tra i membri di quel panel di giornalisti sportivi che, nel 2022 dovrà decidere sulla sua ammissione alla Hall of Fame: infatti, anche altri “eroi” dell’Era degli Steroidi non varcheranno mai (a meno di stravolgimenti epocali) la “sacra” soglia del “museo dell’immortalità”. Tra questi troviamo nomi eccellenti, quali Rafael Palmeiro, Manny Ramirez, Mark McGwire e Sammy Sosa, ovvero giocatori che hanno letteralmente cambiato il volto alle Leghe Maggiori e alle franchigie per i quali hanno giocato a suon di homerun e prestazioni da leggenda.

Alex Rodriguez
Anthony Bosch, medico condannato a 4 anni per lo scandalo doping nella Major League

Per Alex Rodriguez, tuttavia, c’è di più: il suo modo di giocare, non sempre aderente al codice delle regole non scritte (ovvero quell’insieme di prescrizioni accettate quasi universalmente volte a normare il comportamento in campo di ogni giocatore ed allenatore), il suo modo di relazionarsi con media, dirigenti, fan e – soprattutto – compagni di squadra, la sua evidente bellezza, la sua vanità (si vocifera che in camera da letto abbia appeso un quadro che lo ritrae centauro), la sua sfacciata bravura, i suoi flirt con alcune tra le donne più famose e belle del pianeta, sono “colpe” che nemmeno il più straordinario degli eroi potrebbe lavare al fiume del pentimento. Ma andiamo con ordine ed analizziamo alcune tra le controversie principali che ci ha regalato questo immenso giocatore.

La prima, già accennata, è quella, invero un po’ assurda, di aver “distrutto per sempre il mercato” per avere accettato il più ricco contratto di sempre (fino a quel momento) della storia dello sport a stelle-e-strisce. Non che A-Rod c’entri direttamente ma, si sa, il successo porta rancori ed invidie. Insomma: non puoi firmare un contratto da 252 milioni di dollari e tornartene a casa come l’uomo più amato del pianeta.

Altra pagina controversa è quella del suo passaggio, avvenuto ad inizio 2004, dai Texas Rangers ai New York Yankees: A-Rod avrebbe voluto inseguire il suo sogno di infanzia ed approdare ai Boston Red Sox e pur di approdare nel New England avrebbe addirittura accettato una riduzione di stipendio rispetto alle quote rimanenti del suo precedente contratto. L’opposizione dell’associazione dei giocatori (che valutò negativamente la possibile formazione di un precedente in forza del quale un qualsiasi giocatore avrebbe sostanzialmente potuto ridursi lo stipendio di un contratto in corso pur di cambiare squadra) ha fatto sì che gli unici in grado di potersi permettere le “ricchissime” prestazioni del giocatore di origine dominicana fossero proprio i più grandi rivali dei Red Sox, ovvero i New York Yankees. Ironicamente, nemmeno il grande A-Rod bastò proprio nel 2004 a fermare il destino, e così Boston, recuperando da un deficit di tre partite a zero nel corso delle finali dell’American League, sbaragliò proprio gli Yankees per poi vincere, dopo ben 86 anni di soffertissimo digiuno, le World Series.

Alex Rodriguez

I problemi, tuttavia, cominciano ad arrivare dal campo e dalle sue immediate vicinanze: nel corso delle storiche ed appena citate finali dell’American League del 2004 tra Yankees e Red Sox, Alex Rodriguez, nel tentativo di evitare l’eliminazione in prima base dopo una debole battuta in campo interno, compì un gesto inaudito: sperando di farla franca, colpì intenzionalmente con uno schiaffo il guantone del lanciatore dei Red Sox, Bronson Arroyo, facendo cadere la pallina per terra. Gli arbitri, tuttavia, non ci cascarono ed il nostro A-Rod venne giudicato “out” per interferenza ed il punto segnato nel corso dell’azione annullato.

Ma andiamo avanti. All’alba dei social network e della cosiddetta Reality Era la stampa popolare newyorchese non vedeva l’ora di affondare i denti in un piatto succulento: l’occasione fu rappresentata dalla relazione di amore-e-odio con Derek Jeter, il vero volto degli Yankees, il grande interbase nato e cresciuto nella franchigia del Bronx, amato e rispettato dalla quasi totalità del mondo del baseball. A-Rod non nascose, a più riprese, le sue antipatie, insinuando una scarsa propensione alla leadership da parte di Jeter. Capita l’antifona, con la base dei tifosi degli Yankees praticamente in rivolta, cercò poi di ricucire il rapporto, ma senza grande successo. Questa rottura permarrà sempre, come un fuoco mai del tutto sopito e pronto a divampare alla prima brezza, e, nonostante il grande contributo al successo delle World Series del 2009 (le ultime vinte dalla squadra di New York), A-Rod non risulterà mai nella lista dei giocatori preferiti della maggioranza dei tifosi dei Bronx Bombers. Il libro del 2010 scritto dall’ex manager dei New York Yankees, Joe Torre, peraltro, non fece altro che buttare benzina sul fuoco: dalle pagine vergate dall’allenatore italo-americano traspirò una comprensibile predilizione per Jeter ed una malcelata antipatia nei confronti di A-Rod, colpevole di essere un giocatore troppo egoista e concentrato più sulle sue prestazioni individuali che sui risultati della squadra.

Sotto un certo punto di vista le “scappatelle” extra-coniugali attribuite al bel A-Rod, paiono davvero poca cosa rispetto al reato di lesa maestà appena descritto e certificato da uno dei manager più vincenti della storia del baseball. Certo, questo è molto più vero se non sei Cynthia Rodriguez, ovvero l’ex moglie di Alex e madre delle sue due figlie. Nel 2007 il New York Post pubblica uno scoop – completamente verificato e corredato da una serie di inequivocabili fotografie – di un flirt con una spogliarellista di Toronto. Nel frattempo, come se non bastasse, continuano alcuni suoi comportamenti ben poco attenti a colleghi e dirigenti. Sempre nel 2007 A-Rod “disturba” l’azione difensiva di un giocatore di Toronto (urlando “mia” e facendo finta di essere un compagno del giocatore della franchigia del Canada); infine, nel pieno dello svolgimento delle World Series tra Red Sox e St. Louis Cardinals (e quindi in un periodo dove, di fatto, sono vietate le comunicazioni dei vari tesserati e del tutto bandite le trattative di mercato), pone le luci della ribalta su di sé dichiarando di volere rinegoziare il contratto con gli Yankees.

Insomma, se c’è una via per risultare antipatico ed inopportuno, statene certi, A-Rod la percorrerà di sicuro. Come il divorzio dalla moglie Cynthia: stavolta l’ennesima scappatella extra-coniugale porta la firma della cantante Madonna. L’ex signora Rodriguez, assegnataria di una cospicua buonuscita, frutto di una lunga trattativa legale terminata nel 2008, dichiarerà che la “regina del pop” avrebbe addirittura “fatto il lavaggio del cervello” al marito, iniziandolo agli insegnamenti esoterici e mistici della kabbalah.

Alex Rodriguez
Cameron Diaz sugli spalti durante una partita di A-Rod

Tuttavia, la liaison con l’ex Material Girl dura molto poco. Seguono, in rapida successione e per citare solo le celebrità, le attrici Kate Hudson e Cameron Diaz. Ancora una volta la stampa di New York, nonostante il campionato vinto nel 2009, accusa A-Rod di scarsa dedizione alla causa del campo da gioco e di maggiore interesse per altre questioni. Poco male: le prestazioni dell’atleta di origine dominicana, specie nei playoff e nei momenti cruciali di essi, come già accennato, sono in realtà state eccellenti. A-Rod ha finalmente vinto il suo primo (ed unico) anello: e nel farlo ha trascinato con sé la squadra di baseball più riconoscibile del mondo.

Ma, si sa, la riconoscenza dei tifosi dura lo spazio di una off-season ed un ennesimo smacco, qualche mese prima delle conseguenze dello scandalo “Biogenesis”, giunge con i Playoff 2012: lo strapagato A-Rod, complice una serie di prestazioni in costante calo e l’età relativamente ormai avanzata, viene trattato dal manager degli Yankees Joe Girardi come un rincalzo, come un attore buono solo per un ruolo da comprimario e non più da primadonna. Il nostro, invece di dimostrare dedizione alla causa sostenendo anche dal dug-out i compagni di squadra, non trova altro di meglio da fare che flirtare con alcune spettatrici poste nelle prime file degli spalti: una voce, alquanto consistente e suffragata da alcuni filmanti, sostiene che A-Rod abbia lanciato alle tifose in questione un paio di palline come souvenir. L’autografo del campione era corredato da numero di telefono ed indicazioni della camera d’albergo. Non si fa, caro A-Rod, specie quando la stagione è arrivata al suo apice.

Non più in grado di reggere i rigori di una stagione massacrante come quella MLB e dopo un paio di stagioni alquanto dimenticabili dove comunque raggiunge anche dei traguardi notevoli, come l’ingresso nell’esclusivo club dei giocatori capaci di battere almeno 3.000 valide in carriera, si ritira ufficialmente nel febbraio 2017, a 41 anni d’età.

E allora come mai, quando si parla di A-Rod, si continua a sostenere la sua abilità e la sua grandezza e, in un certo senso ed almeno di recente, si tende a perdonare più che ad accusare? Nonostante tutti i suoi errori, la sua scarsa diplomazia, i suoi comportamenti poco edificanti dentro e fuori il campo, l’ex asso dei New York Yankees rimane comunque un personaggio in vista, ricercato ed apprezzato. Molto del merito va alla gestione della sua immagine successivamente al ritiro: A-Rod è da tempo felicemente fidanzato con Jennifer Lopez e solo la pandemia in corso ha impedito all’innamoratissima coppia d’oro di celebrare le nozze nel corso del 2020. Non solo: attualmente Rodriguez lavora per la MLB come analista e commentatore e, in tale ruolo, ha dimostrato una sensibilità tecnica ed una spigliatezza alquanto apprezzabili.

Basterà questo a garantirgli l’accesso nella Hall of Fame e a far iscrivere il suo nome nel museo che vanta campioni del passato (e grandi uomini) come Ted Williams, Joe Di Maggio, Babe Ruth, Mickey Mantle, Hank Aaron, Roberto Clemente, Johnny Bench e tanti altri? A parere di chi scrive ciò non accadrà, nonostante i numeri mostruosi compilati nel corso della sua lunga carriera da giocatore e l’impegno mostrato a ripulire la sua immagine. Le scappatelle, gli eccessi, i comportamenti poco sportivi in campo possono anche essere perdonati; gli screzi con Joe Torre e Derek Jeter superati e dimenticati; l’uso di sostanze proibite, circostanza che gli ha meritato il soprannome di “A-Roid”, tuttavia, rappresenta uno scoglio insormontabile anche per un atleta così unico e determinato.

Questo, in poche righe, è Alex Rodriguez, il più forte giocatore di baseball che mai entrerà nella Hall of Fame.

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